Cek Deluxe -Royal
Rumble
[Cek 2010] Francesco Greggio & Sucker
Punch- Blue
Homework [Francesco
Greggio 2009]
Alla festa di Radio Onda d'Urto a Brescia il 18 agosto il palco principale era
tutto per il rock'n'roll dei Gaslight Anthem. Ma come a volte succede ai festival
e alle fiere, le band sui palchi laterali riservano delle sorprese, sussurrano
nei meandri piacevoli scoperte. E com'è vero che forse anche i Gaslight Anthem,
se non fosse stato per Springsteen, sarebbero stati ancora su qualche palco laterale
della provincia americana (e pur continuano a frequentarli, quanto necessariamente
serve al rock per sopravvivere) il rock-blues di Franceschetti e compagni continua
su questa linea, compare come un fantasma a dire che si va avanti, come ebbero
ad affermare gli AC/DC: - "fintanto che ci sarà anche una sola persona sotto il
palco a sudare con noi". Rock'n'roll can't never die allora, perché le citazioni
si sprecano e perché ci saranno sempre le band dei palchi laterali, quelle che
non hanno le raccomandazioni, che non si arrendono mai, che aprono i concerti:
i quasi famosi, quelli che alle volte sono decisamente meglio dei famosi (in balia
delle mode) e veramente liberi; che per questo pagano caro un biglietto di sola
andata (e Almost Famous è stato anche un bellissimo film sull'essenza del rock'n'roll,
che è soprattutto questo). Sono più decisi quindi stavolta anche i Cek Deluxe
e la loro Royal Rumble va giù duro, power trio che non smentisce
un richiamo ai Cream (e provateci a nascondere con Vampires
la risposta dei tre bresciani a Politician, non vi crederà nessuno) così su Wasting
Time, sviluppi da seconda ondata del british blues incentrata su power
riff tra Ten Years After e Free, stavolta senza alcuna velleità di modernismi,
come fu ai tempi di Hanging Bags (2008), tra i Cekout e la ricerca di un'identità.
Si potrebbe sostenere che l'hanno trovata, i 'Deluxe, e tale "rissa reale" è il
match decisivo per Cek, Slim e Pietro Maria, quand'anche la chiusura su di una
psichedelica Too Much Fun sospira nel chorus
echi di ballad alla Mountain, sia pur con tracce acustiche che non tralasciano
radici di vero blues su un lato chitarristico che non deve mai mancare (convinti
in questo della lezione dell'ineccepibile Rory Gallagher) e risplende per contrasto
su di una dolcissima Rumbling In My Mind.
In calce l'esperimento, su cui lavorare ancora, della italiana
Il cane di Lazzaro. Ma a noi basta il resto. E avanza, senza dubbio.
(7.5) (Matteo Fratti)
www.cekdeluxe.com www.myspace.com/cekblues
Fedele alla sua dichiarazione d'intenti, il giovane chitarrista veneto Francesco
Greggio matura la sua urgenza espressiva attraverso un curriculum di studi
e d'esperienza che lo avvia a questo disco autoprodotto, il primo dopo la militanza
in più formazioni e fiero del secondo posto alla finale italiana dell'International
Blues Challenge di Memphis. Certo è il caso di dirlo, "a ciascuno il suo blues",
visto che ascoltando Blue Homework c'è in effetti l'impressione
di una forte componente "accademica", di un esercizio di stile che in parte sembra
proprio essere questo lavoro, dove il blues però rimane sempre troppo nascosto
dietro una coltre di stili. Un manifesto questo, che suona allora nelle intenzioni
come un già sentito, in cui il nostro è stato probabilmente si guidato dall'intimo
spirito dell'idioma afroamericano, ma lo nasconde pudicamente, inducendo innumerevoli
viraggi al pop, al rock, al soul, al funk, quasi a perdere l'essenza originaria,
comunque dichiaratamente presente alla sorgente della sua vena compositiva. Una
musica quindi non per una nicchia di cultori, dice, ma "che possa arrivare a tutti":
è forse qui l'ambiguità di fondo che allontana l'opera da una sensibilità più
scarna, essenziale, nuda, che ne riveli la vera identità, sacrificandola sull'altare
della popolarità. Che in questo caso è anche un po' come attualizzare il concetto
di blues come musica popolare: qui lo è tanto quanto il rock, allo stesso modo
che è difficile affermare quali siano i confini precisi tra i generi. Se ne potrebbe
disquisire all'infinito, Blue Homework di fatto è un disco ben costruito sotto
l'aspetto tecnico, ricco di quegli accorgimenti che ne fanno un lavoro dal profilo
internazionale, dove gli strumentali abbondano e sono ben curati (con un omaggio
che non poteva mancare in siffatto album per Rude Mood
di Steve Ray Vaughan o per un brano di Freddie King come The
Stumble) ma ostentano talora alcuni virtuosismi, perdendosi nella rockeggiante
scia di brani spesso forse un po' lontani dallo spirito delle radici (come Time
For Me o Only Lover) ma con la
bella voce hard di Chris Boulet e il sempre presente sostegno ritmico di Giorgio
Bradaschia al basso e Gianmatteo Lucchin alla batteria (con echi di fusion). Per
Francesco Greggio e compari, un "compito" chiaramente svolto con competenza e
precisione, ma che per essere inteso tale dovrebbe avvicinarsi più propriamente
all'aspetto intrinseco del blues e alla sua parte emotiva. (6.5) (Matteo Fratti)
www.myspace.com/francescogreggio