inserito 13/09/2010


Cek Deluxe -
 Royal Rumble  [Cek  2010]
 
Francesco Greggio & Sucker Punch-
Blue Homework  [Francesco Greggio  2009]

Alla festa di Radio Onda d'Urto a Brescia il 18 agosto il palco principale era tutto per il rock'n'roll dei Gaslight Anthem. Ma come a volte succede ai festival e alle fiere, le band sui palchi laterali riservano delle sorprese, sussurrano nei meandri piacevoli scoperte. E com'è vero che forse anche i Gaslight Anthem, se non fosse stato per Springsteen, sarebbero stati ancora su qualche palco laterale della provincia americana (e pur continuano a frequentarli, quanto necessariamente serve al rock per sopravvivere) il rock-blues di Franceschetti e compagni continua su questa linea, compare come un fantasma a dire che si va avanti, come ebbero ad affermare gli AC/DC: - "fintanto che ci sarà anche una sola persona sotto il palco a sudare con noi". Rock'n'roll can't never die allora, perché le citazioni si sprecano e perché ci saranno sempre le band dei palchi laterali, quelle che non hanno le raccomandazioni, che non si arrendono mai, che aprono i concerti: i quasi famosi, quelli che alle volte sono decisamente meglio dei famosi (in balia delle mode) e veramente liberi; che per questo pagano caro un biglietto di sola andata (e Almost Famous è stato anche un bellissimo film sull'essenza del rock'n'roll, che è soprattutto questo). Sono più decisi quindi stavolta anche i Cek Deluxe e la loro Royal Rumble va giù duro, power trio che non smentisce un richiamo ai Cream (e provateci a nascondere con Vampires la risposta dei tre bresciani a Politician, non vi crederà nessuno) così su Wasting Time, sviluppi da seconda ondata del british blues incentrata su power riff tra Ten Years After e Free, stavolta senza alcuna velleità di modernismi, come fu ai tempi di Hanging Bags (2008), tra i Cekout e la ricerca di un'identità. Si potrebbe sostenere che l'hanno trovata, i 'Deluxe, e tale "rissa reale" è il match decisivo per Cek, Slim e Pietro Maria, quand'anche la chiusura su di una psichedelica Too Much Fun sospira nel chorus echi di ballad alla Mountain, sia pur con tracce acustiche che non tralasciano radici di vero blues su un lato chitarristico che non deve mai mancare (convinti in questo della lezione dell'ineccepibile Rory Gallagher) e risplende per contrasto su di una dolcissima Rumbling In My Mind. In calce l'esperimento, su cui lavorare ancora, della italiana Il cane di Lazzaro. Ma a noi basta il resto. E avanza, senza dubbio. (  7.5)
(Matteo Fratti)

www.cekdeluxe.com

www.myspace.com/cekblues

Fedele alla sua dichiarazione d'intenti, il giovane chitarrista veneto Francesco Greggio matura la sua urgenza espressiva attraverso un curriculum di studi e d'esperienza che lo avvia a questo disco autoprodotto, il primo dopo la militanza in più formazioni e fiero del secondo posto alla finale italiana dell'International Blues Challenge di Memphis. Certo è il caso di dirlo, "a ciascuno il suo blues", visto che ascoltando Blue Homework c'è in effetti l'impressione di una forte componente "accademica", di un esercizio di stile che in parte sembra proprio essere questo lavoro, dove il blues però rimane sempre troppo nascosto dietro una coltre di stili. Un manifesto questo, che suona allora nelle intenzioni come un già sentito, in cui il nostro è stato probabilmente si guidato dall'intimo spirito dell'idioma afroamericano, ma lo nasconde pudicamente, inducendo innumerevoli viraggi al pop, al rock, al soul, al funk, quasi a perdere l'essenza originaria, comunque dichiaratamente presente alla sorgente della sua vena compositiva. Una musica quindi non per una nicchia di cultori, dice, ma "che possa arrivare a tutti": è forse qui l'ambiguità di fondo che allontana l'opera da una sensibilità più scarna, essenziale, nuda, che ne riveli la vera identità, sacrificandola sull'altare della popolarità. Che in questo caso è anche un po' come attualizzare il concetto di blues come musica popolare: qui lo è tanto quanto il rock, allo stesso modo che è difficile affermare quali siano i confini precisi tra i generi. Se ne potrebbe disquisire all'infinito, Blue Homework di fatto è un disco ben costruito sotto l'aspetto tecnico, ricco di quegli accorgimenti che ne fanno un lavoro dal profilo internazionale, dove gli strumentali abbondano e sono ben curati (con un omaggio che non poteva mancare in siffatto album per Rude Mood di Steve Ray Vaughan o per un brano di Freddie King come The Stumble) ma ostentano talora alcuni virtuosismi, perdendosi nella rockeggiante scia di brani spesso forse un po' lontani dallo spirito delle radici (come Time For Me o Only Lover) ma con la bella voce hard di Chris Boulet e il sempre presente sostegno ritmico di Giorgio Bradaschia al basso e Gianmatteo Lucchin alla batteria (con echi di fusion). Per Francesco Greggio e compari, un "compito" chiaramente svolto con competenza e precisione, ma che per essere inteso tale dovrebbe avvicinarsi più propriamente all'aspetto intrinseco del blues e alla sua parte emotiva. (  6.5)
(Matteo Fratti)

www.myspace.com/francescogreggio



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