Quella di Franco Giordani è la vicenda di un talentuoso artista di provincia
che ha coraggiosamente deciso di trasformare la sua passione per la musica nella
propria ragione di vita. Senza compromessi e senza scorciatoie ha semplicemente
cercato di assecondare i suoi "sogni di rock'n'roll", partendo dal basso, percorrendo
quella che un tempo veniva rispettosamente chiamata gavetta e che ora, per i figli
della civiltà del "tutto e subito", è la strada riservata agli sfigati, a quelli
che al primo posto mettono la dedizione ed il sudore piuttosto che i soldi e l'apparire.
Si tratta perciò di una storia di orgogliosa coerenza e di fatica, ma anche di
una bella esperienza arricchita da significativi successi, vissuta tra chitarre
e poesie che con questo Incuintretimp arriva al suo momento topico.
Un disco d'esordio, lo si voglia o no, segna infatti, persino oggi, un punto di
svolta nella carriera di un musicista, il momento di capire se le proprie capacità
espressive sono pari all'ambizione che funge da propellente ed al cuore si mette
in campo.
E Franco Giordani si presenta piuttosto bene, con idee, forma
e sostanza. Bello è il packaging, completo di testi (e traduzioni per i brani
in friulano), di racconti autobiografici, di disegni e foto. Una stupenda veste
grafica perfettamente funzionale alle 14 tracce di cui si compone il disco, unite
assieme dalla matrice folk, dal gusto di narrare storie ed andare oltre la superficie
degli eventi e da un suono che sa viaggiare con le parole, che sa creare le giuste
atmosfere senza strappi, senza inadeguate trovate ad effetto ("Effetti speciali,
c'è chi non ne può più, prendere o lasciare"). Un lavoro di grande onestà intellettuale
e di sensazioni sincere, impregnato dei profumi della tradizione, quella d'Irlanda
soprattutto. Non è un caso infatti che in questo Incuintretimp ci sia un omaggio
a Brendan Behan (The Old Triangle, ultimo
brano del CD) che, come spiegato nel booklet, era un artista irlandese dell'inizio
del secolo scorso che si definiva "un bevitore con problemi di scrittura". Troviamo
quindi l'area festaiola e disillusa di Gente per la Città,
quella divertita e nostalgica della title track, viaggiamo ancora oltremanica
accompagnati dai suoni del tin whistle e delle pipes (Solitudine e Libertà)
e, in generale, dai colori e dagli umori della irish music, di quella che, secondo
Van Morrison, è la vera musica dell'anima.
Senza dimenticare però che
per ottenere la ricetta completa vanno mischiate le radici italiche dell'autore,
i concetti estetici di Bubola e De Andrè e l'approccio partigiano alla materia
di Van De Sfroos, la melodiosa identità friulana (le canzoni in dialetto sono
le perle del lavoro e brillano di una musicalità unica) ed il prezioso supporto
alla scrittura fornito da Luigi Maieron (da tempo collaboratore di Franco
ed autore di diversi brani del disco). Il risultato è di valore, c'è il giusto
sentire, belle canzoni e validi disegni melodici ed emerge, in sintesi, una ben
definita identità artistica. A fronte di ciò, è opportuno però dire che qualcosa,
a nostro modesto parere, sia migliorabile sotto il profilo dell'espressività vocale
di Franco che, pur avendo un timbro caldo e certamente adatto al genere, a volte
risulta un pò monocorde, così come ci sia consentito auspicare per il futuro,
al di là della condivisibile scelta di affidarsi ad una produzione sobria e priva
di particolari orpelli, una maggiore attenzione alle dinamiche che, forse, potrebbe
contribuire a dare più carattere e peculiarità al suono.
Per quanto perfettibile
(ma non dimentichiamo che parliamo di un'opera prima), questo Incuintretimp
merita quindi un ascolto, anzi diversi ed attenti ascolti perché, come per tutti
i dischi di qualità, arriva piano piano e ci cattura ascolto dopo ascolto … in
controtempo.