Paolo Pieretto- Artigiano
di parole
[Pomodori/ Venus 2009]
Davide Tosches- Dove
l'erba è alta [Controrecords
2009] Zibba
Almalibre - Una
cura per il freddo [Volume!
Records 2010]
(a
cura di Fabio Cerbone)
Si descrive come un Artigiano di parole, immagine umile di cantastorie
per cui "ogni dolore è già la scusa per una nuova canzone": una definizione che
delinea l'orizzonte di Paolo Pieretto, il suo modo di vedere il mondo e
le canzoni stesse, cercando semplicità e modestia. C'è del vero in tutto questo,
anche se l'esperienza che mostra il suo esordio è la summa di una lunga gavetta,
di una strada percorsa con molta pazienza, prima di arrivare alla decisione di
incidere. Già avvistato più volte al fianco dell'amico Andrea Parodi (che gli
rende il favore nell'intenso duetto di Perchè un'idea,
ballata rock tra i manifesti dell'intero lavoro), Pieretto è un trentenne della
provincia di Lecco che guarda con occhi ironici e disincantati alla società italiana:
un'anima divisa in due potremmo definirla la sua, da una parte una rabbia che
esplode in un rock'n'roll da strada, con il marchio urbano di Springsteen e in
generale di certa tradizione americana, dall'altra una sensibilità più romantica
che si colora di ballate crepuscolari, in cui la via americana al folk si incrocia
con la nostra memoria italiana, da De Andrè in poi (A
un metro dalle nuvole si accoda d'istinto al maestro genovese). A simboleggiare
questi due volti, comunque promettenti, di Paolo Pieretto, ci sono da una parte
canzoni di stringente attualità come Supermarket Italia
e l'apripista Sei veramente pronto?, alle
quali la produzione con Franco Cufone, (chitarrista insieme a Davide Dabusti e
già collaboratore di Elio e e le Storie Tese) rende giustizia con un suono corposo
(Luna brigante ha quasi un sentore pop) senza
tuttavia snaturare la genuinità con cui si porge lo stesso Pieretto, dall'altra
meditazioni molto più personali, che in Echi di Luna
e soprattutto I nostri piccoli passi si colorano
di sonorità persino Americana (c'è anche la chitarra di Marco "Python" Fecchio),
lungo il sentiero di certo folk-country d'autore. Colpisce positivamente proprio
questa diversità di umori, che nella graffiante, sarcastica Bambino
disobbidiente, boogie rock tanto semplice quanto trascinante, ricorda
da vicino l'esperienza di Rino Gaetano e Ivan Graziani, autori troppo spesso poco
frequentati dalle nuove generazioni. Dopo anni di rodaggio, ora il varco è stato
aperto: Pieretto ha del talento "artigianale" che va coltivato assolutamente.
(
7)
www.myspace.com/pieretto
È un disco da "sentire" questo Dove l'erba è alta: un'esperienza
di sensi diciamo, che va oltre il semplice dato della canzone, un introiezione
di parole, suoni, sentimenti che formano una sorta di flusso di coscienza unico,
dove brani cantati si alternano a strumentali, chitarre acustiche e arrangiamenti
rarefatti non danno nulla per scontato. Non è facile entrare nella musica di Davide
Tosches, cantautore torinese al secondo episodio dopo l'esordio autoprodotto
Stressmog del 2006, richeide uno sforzo notevole nel lasciare da parte una concezione
più lineare della cosidetta canzone d'autore per addentrarsi in un folk dalle
tinte nere, dalle trame scure e malinconiche, riassunte poi dai testi quasi impressionisti
e pieni di desolazione. Un progetto coraggioso - a mio parere non del tutto compiuto
a causa dell'eccessiva attenzione all'aspetto sonoro e forse qualche sottrazione
di troppo alla parola scritta e cantata - in ogni caso degno della massima stima
per la cura dei dettagli. Innanzi tutto il suono che avvolge Case,
Dove l'erba è alta, l'affascinante Nell'aria
e Deserto, lavoro che insieme a gianCarlo
Onorato e con il mastering americano di Grag Calbi offre una profondità incredibile
all'intero svolgimento dell'album. Tosches, un curruculum di fotografo e grafico,
sembra dare vita più ad impressioni, un po' oniriche e sospese, piuttosto che
a vere e proprie canzoni e la presenza di diversi strumentali di raccordo (Muri,
San Sebastiano/ Ulan Bator, La
sviolinata) pare confermare l'idea di un disco che per concezione in
qualche modo potrebbe persino appartiene all'esperienza lontana del progressive.
I suoni però volgono lo sguardo da tutt'altra parte: l'intreccio di chitarre,
piano, organo, violino, scarni giochi ritmici e suoni d'ambiente sono invece più
invishiati con certo immaginario post rock e naturalmente con quel folk "apocalittico"
che ha forse come unico punto di paragone Steve Von Till dei Neurosis. Un plauso
infine va assolutamente destinato alla cura del progetto grafico: elegantissima
edizione in digipack con artwork e fotografie curate dallo stesso Davide Tosches
insieme a Dario Prodan. (
6.5)
www.davidetosches.com
Un canto spesso ironico, una poesia stracciona e vagabonda si impossessano invece
del nuovo lavoro di Zibba con Almalibre, sorta di riassunto delle diverse
anime dell'autore ligure, che fra folk americano, canzone teatro, melodia mediterranea,
influssi irish e ballate waitsiane mette insieme un gradevole affresco di storie
e personaggi ai confini con l'amore, le donne e la passione per la vita. È un
disco umorale a altalenante nel suo sviluppo questo Una cura per il freddo,
seguito di un già apprezzato Senza smettere di fare rumore, piccolo successo indipendente
del 2006 grazie al quale Zibba si è fatto notare anche al di fuori dei confini
dell'underground italiano. La sostanza è simile, frutto di mille esperienze dalla
strada, di amicizie e facce conosciuti lungo un percorso sicuramente personale,
che finisce per influenzare lo stesso andamento dell'album: molto "scostante"
se vogliamo, ma a suo modo compatto nel racchiudere lo spirito errante del musicista.
Il quale potrebbe passare a tratti per una sorta di aggiornamento del giovane
e romantico Vinicio Capossela, quello degli esordi e meno lupo mannaro per intenderci,
nella timida e breve ballata Ordine e gioia,
nella più swingata e vivace Tutto è casa mia,
riprendendo però la via più scura nelle trame blues di La
saga di Antonio o nel funky appiccisoso di Dauntaun,
declinando spesso il tutto in una visione acustica, che offre il meglio di sé
nei sapori country blues sussurrati di Scalinata donegaro,
ballata di affetti e ricordi valorizzata dall'ospitre Paolo Bonfanti alla
slide guitar, o ancora nella più cupa Una parte di te.
Il tratto comune è proprio per contrasto la varietà di stili che in Una cura
per il freddo sembra prendere la mano e non trovare sempre la soluzione migliore:
si fanno aprezzare per la loro solarità e fantasia Mahllamore
o Quattro notti, racconto irlandese scritto
per le strade di Dublino, ma finamo spesso ai confini di un combat folk che pare
avere già detto molto nel panorama italiano, quando non invischiati dentro una
canzone cabaret un po' troppo abusata (Bob Voyage).
Meglio dunque sfruttare la colorita versatilità dela band (Andrea "the Bale" Balestrieri
alla batteria, Lucas bellotti al basso, Daniele "Drago" Franchi alle chitarre,
Fabio Biale al violino) in più inedite e personali soluzioni, tra le quali si
fa ammirare Una parola, illumina, dalle tinte soul morbide e accattivanti. (
6.5)
www.zibba.it
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