Diego Potron
Winter Session
[Ammonia Records 2018]

42records.it

File Under: winter blues

di Pie Cantoni (03/01/2019)

Cappellino da trucker e giacca da taglialegna, così si presenta Diego “deadman” Potron sulla copertina dell’ultimo disco, con sfondo bianco ad evocare il candore ma anche la desertica desolazione di un paesaggio innevato. Nome che ormai si sta facendo strada nel panorama musicale italiano, Potron è un artista che, partendo dal blues, ha allargato gli orizzonti ed espanso i confini, scavando in un terreno più scuro e introverso, facendosi accompagnare quasi sempre da una chitarra acustica e da pochi altri strumenti. Dopo il primo disco solista, che risale a due anni fa, ritorna con un album di inediti, Winter Session. Il titolo ci porta a scenari desolati, spogli, a tinte buie e atmosfere raccolte, e sostanzialmente è proprio questo il mood del disco.

Registrato nell’inverno a cavallo tra il 2017 e il 2018, Winter Session si compone di nove brani che risentono molto dell’influenza di artisti come Nick Cave, Tom Waits e, senza tralasciare altri più contemporanei, Duke Garwood e Mark Lanegan. Il primo singolo estratto, con tanto di video, è Blind Sisters’ Home, e rappresenta il manifesto stilistico del disco. Chitarre acustiche arpeggiate, incedere inevitabilmente minore, per un testo quasi recitato che ci cala immediatamente nelle atmosfere più profonde del disco. In Blue la chitarra si fa più intricata mentre in Saint Mary, strumentale, si insinua la prima distorsione, alzando così il carico emotivo del brano mentre diversi strati di chitarre si sovrappongono per creare il tappeto sonoro della traccia. Poor Boy (che riprende nel testo il traditional blues omonimo) alza il tiro con un ritmo più incalzante e con il supporto di batteria e basso. Nel solco del Nick Drake più intimista, CarnHate, mentre The Hole in the Heart of the Sun ha venature psichedeliche che la fanno assomigliare al folk deviato di Ryley Walker incrociato ai primi Pink Floyd. Ancora folk cupo in Detour, mentre si vira ad un rock moderno e cupo in Death Comes to Your House (che ha molte similitudini più o meno espresse con Death don’t have no mercy), per arrivare alla fine con la ballata Song for Willy Bungler.

Il tutto è prodotto dal team Femore Prod. per l’etichetta Ammonia Records. E se la musica di altri artisti viene definita desertica, qui, al limite delle Alpi, il deserto cambia forma ma non sostanza. Il deserto bianco è il luogo dove Diego Potron si nasconde e rintana per uscirne poi con un lavoro discografico che potrebbe essere stato concepito ai confini con il Messico, a qualche migliaia di chilometri di distanza. A riprova del fatto che non esistono barriere né confini, se non quelli che vogliamo imporci. Soprattutto nella musica.


    

 


<Credits>