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inserito
02/10/2007
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Un disco di ricordi e non solo, di personaggi che
intrecciano diverse vite alla ricerca di un senso di libertà, siano esse
ambientate fra le valli tutte italiane della Lombardia o le montagne della
Bolivia, a Milano o a New Orleans. Ancora una volta il cuore di Andrea
Parodi è diviso a metà: tra l'America dei sogni e le memorie concrete
della sua famiglia, il percorso tracciato da Soldati riprende
la dove, troppo tempo fa, lo aveva lasciato l'esordio Le
piscine di fecchio. Cinque i lunghi anni che separano l'uscita
di Soldati dal predecessore, probabilmente troppi per un giovane autore:
difficile tuttavia pensare ad Andrea Parodi come ad un calcolatore, la
sua prospettiva musicale appare troppo appassionata per essere ricondotta
nei canali tradizionali della discografia. Ha aspettato, paziente, e con
una nuova interessante collaborazione con Lifegate, una bellissima confezione
cartonata con testi e foto, Soldati riceve il doveroso trattamento. Registrato
tra Como, Milano e Vancouver, sempre al fianco dell'amico Bocephus
King, il disco è una girandola di ospiti e collaborazioni in cui peraltro
il carattere di Andrea non resta soffocato: sono tutti al suo fianco a
sostenerlo, ma le canzoni sembrano portare il suo timbro, la sua sensibilità.
È soprattutto la sua voce ad essere stagionata bene, più sicura certamente,
nonostante rimanga a volte ancora un punto a svavore nei momenti più elettrici
(non convince Quando Maria non C'era
e neppure la più "modernista" Pressappoco Trentanni),
così come è cresciuta la penna capace di descrivere con un misto di nostalgia
e malinconico trasporto storie di guerra, di soldati e guerriglieri, seguendo
un tracciato classico della canzone d'autore italiana. A scortarlo lungo
il viaggio tra gli altri le chitarre del citato Bocephus King e di John
Shepp, il basso di Michael Perry, il sax di Bob Mitchell,
l'organo di Mary Ancheta e tante, tante voci. Quelle di Claudio
Lolli nella impetuosa Per non sentirsi soli,
tra gli episodi più rock e trascinanti del disco; di Jono Manson
ai cori nella dolce Pane, arance e fortuna;
di Laura Fedele in Sussurri e Grida,
altra morbida ballata folk rock; di Luigi Grechi in Formia
ha Gaeta ma Gaeta Formia non ha; degli amici Massimiliano
Larocca e Luca Mirti, dei fratelli Severini (Gang) a
dividersi le strofe con Bocephus King in una deliziosa border song dal
titolo Rosa, piccolo capolavoro del
disco. Un lavoro generoso dunque, basta scorrere il precedente elenco
e cogliere gli umori musicali del disco: molta carne al fuoco, forse un'eccessiva
voglia di mettere tutto in gioco, qualche cedimento nella seconda parte,
eppure ottimi lampi elettro-acustici, incroci fra il border messicano
(Fiume solitario) e il folklore italiano
(Tresenda 43, bellissima storia dell'epoca
del fascismo), tra slide guitar sudiste (Lolita
di New Orleans, dove la mano di Bocephus King si fa sentire)
e persino una suggestiva parentesi dai controni latino-cubani con Tania
la guerrigliera (la ragazza in copertina, donna combattente
al fianco del Che in Bolivia), intrepretata in coppia con Suni Paz.
La convinzione che gli anni di concerti e di strada compiuti con tanti
artisti al suo fianco, da collega cantautore ad entusiasta organizzatore
di concerti, hanno aiutato Andrea a sviluppare la sua scrittura, fino
a regalare un disco forse non ancora perfetto ma nobile, straripante di
idee, in una sola definizione molto coraggioso. |