Andrea Van Cleef, cantante, chitarrista/bassista e songwriter di Brescia,
calca già da molto tempo le scene musicali italiane ed europee con diverse formazioni,
tra i quali Van Cleef Continental e Humulus, viaggiando fra stoner, rock, psichedelia.
Qui si presenta con un disco solista, Tropic of Nowhere, levando
molti degli orpelli dei generi sopra citati e presentando brani più nudi e semplici,
in formazione ridotta, ma sempre attingendo a sonorità d'oltreoceano. La band
che lo accompagna è composta da Andrea Braga alle tastiere, Giorgio Finulli al
basso, Matteo Melchiori alla batteria, e alla realizzazione dell'album hanno partecipato
anche diversi musicisti americani, dai cori ai fiati alle chitarre (i fratelli
Del Castillo, della band Chingòn e protagonisti delle colonne sonore del regista
Robert Rodriguez), dando una mano in fase di arricchimento del tessuto del lavoro
finale.
Tropic of Nowhere è in realtà il secondo disco solista dopo Sundog
del 2012. E come suona? Sicuramente bene, con brani che girano senza intoppi toccando
molte delle anime dell'artista. La prima traccia è I
Wanna Be Like You, un rock tirato di blackkeysiana memoria, sotto dose
massiccia di steroidi, con tastiere in bella mostra. Ma i brani veloci non finiscono
qui. Friday è come se Elvis suonasse il rock
alla frontiera fra Stati Uniti e Messico con gli ZZ Top di spalla. E anche I
Am The Speed Of Light è su questa linea, sebbene qui risaltino di più gli
influssi stoner o hard rock anni '70 di Andrea. Trombe mariachi (dell'ospite Stacy
Sauceda) arricchiscono invece la strumentale Queen Of The Dune Larks, fra
Calexico e Giant Sand. E Paranoid, originale
cover del brano dei Black Sabbath, segue lo stesso filone con trombe e seconda
voce spagnola da parte di una cantante (Vanessa del Fierro) che fa da contraltare
a quella di Van Cleef.
Siccome non c'è due senza tre, Get Some Sleep
conferma che la frontiera con il Mexico è per il cantante bresciano terra prodiga
di ispirazioni. The Highest Score e Wrong
Side Of a Gun sono le canzoni più cantautorali e intimistiche, mentre Tropic
of Nowhere, alla fine del disco, è un brano molto dilatato con derive
folk-progressive alla Traffic (in particolare la coda strumentale) e chiosa questo
secondo lavoro solista lasciandoci un senso di spazi dilatati e di tempo sospeso,
con i quali fare i conti e tirare le somme di quanto abbiamo appena ascoltato.
Il risultato finale suona incredibilmente convincente. La voce di Andrea
Van Cleef, bassa e avvolgente, vale già il prezzo del biglietto. Con questo Tropic
of Nowhere è riuscito in maniera esemplare a mixare tante anime musicali
americane, senza suonare scolastico o di maniera (forse il cantato in spagnolo
potrebbe suonare "modaiolo", ma siamo sicuri che sono altre le ragioni per il
quale è stato inserito). L'autore ci fa capire chi sono i suoi modelli e a quale
bacino musicale attinge, ma grazie a questo bagaglio di esperienza intraprende
un viaggio per raggiungere mete differenti. Ottima prova solista quindi di Andrea
Van Cleef: capita di rado di trovare dischi così interessanti, da una parte o
dall'altra dell'oceano.