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Esther Rose
Safe to Run
[New West 2023]

Sulla rete: estherrose.net

File Under: country folk chanteuse


di Fabio Cerbone (02/05/2023)

Voce aggrazziata, toni gentili, portamento elettro-acustico tra moderna americana e solide basi country folk, Esther Rose firma il quarto album, e il primo in casa New West, cercando di mantenere quelle “promesse” che avevano fatto circolare il suo nome, soprattutto fra chi aveva orecchie sensibili alla nuova generazione di chanteuse tradizionaliste. Parlare di Safe to Run come di un enorme salto in avanti, richiamando ambizioni sonore smisurate, è forse controproducente e non vale la pena soffermarsi troppo sulle note stampa di presentazione, che rischiano come al solito di scatenare un cortocircuito. Più semplicemente, il nome di questa giovane songwriter di New Orleans (cresciuta in Michigan e ora trasferitasi in New Mexico, a conferma del carattere sempre un po’ nomade di parecchi di questi musicisti americani) prova a ritagliarsi il suo spazio in un mondo di per sé già molto affollato, dove la personalità e la qualità stessa delle canzoni fanno spesso la differenza.

L’impressione è che Safe to Run, dopo il già positivo How Many Times, non aggiunga clamorose svolte o imprevisti cambiamenti a una scrittura che fa leva sui contrasti fra sentimenti intimi e universali, nella più classica delle ambientazioni da canzone country folk d’autore. Soltanto un briciolo più elettrica e sbarazzina, Esther lavora con il produttore Ross Farbe e alcuni rodati collaboratori (Lyle Werner al violino, Nick Cohon alle chitarre) per dare un segnale di maggiore dinamismo e vivacità alla sua musica: ci riesce, senza tuttavia uscire troppo dal recinto di tante simili proposte, annunciando uno stile che fra chitarre cristalline, teneri soprassalti country e coloriture pop ci accompagna tra le confessioni on the road di Chet Baker (uno degli episodi migliori), i languori di Spider e il malinconico orizzonte da desert country rock della stessa Safe to Run, duetto con la collega Alynda Segarra (Hurray for the Riff Raff).

Non a caso il più apprezzabile scostamento da questa sceneggiatura è rappresentato dai due brani (New Magic II e Dream Girl) incisi con il supporto dei Silver Synthetic, band indie rock di New Orleans che offre qualche brilante soluzione in zona Wilco al folk rock di Esther Rose, mentre una timida batteria elettronica introduce la saltellante melodia di Leeve Song, la traccia più vicina a una pop song presente nel disco. Quest’ultimo trova però la sua chiave di lettura nella gentilezza dell’interprete e in quell’agrodolce contegno tra vibrazioni rootsy e melodia che accompagna l’ascoltatore per mano nel finale di Full Value e Arm’s Lenght.

Tutto al posto giusto insomma, anche se per emergere dal gruppo ci sarebbe bisogno di uno scatto che ancora non si vede all'orizzonte.


    


<Credits>