Chiusa la lunga parentesi dei Bean
Pickers Union con ben quindici anni di attività e sette pubblicazioni
discografiche (5 albums e due ep), Chuck Melchin, che ne era la figura
guida sia dal punto di vista compositivo che da quello musicale, ha voltato
pagina in maniera decisa passando da suoni prettamente acustici debitori
dell’eredità musicale degli Uncle Tupelo in primis a un marcato accento
elettrico, senza però rinnegare l’amore per certo l’alternative country
‘fedele alla linea’.
Il singer songwriter di Exeter, New Hampshire mantiene comunque quella
cifra profondamente cantautorale che lo ha fatto considerare dalla critica
attenta alle fascinazioni roots come uno tra i più interessanti musicisti
indipendenti delle ultime decadi, e il progetto The Bluest Sky è
subito partito con il piede giusto con l’omonimo disco dello scorso anno
bissato dopo relativamente poco tempo da questo Raindancer,
segno chiaro di un’ispirazione che è proseguita con entusiasmo e passione.
Poche sono le differenze tra i due album con la produzione saldamente
nelle mani di Chuck Melchin, la sua scrittura solida e pregna di esperienze
personali e di considerazioni interessanti sui rapporti interpersonali
e il coinvolgimento più o meno dello stesso giro di sidemen, dalle chitarre
ispiratissime di Andy Santospago e di Gary Goodlow, già protagonisti del
precedente lavoro, con l’aggiunta del bravo Mike Giordano, alla sezione
ritmica nelle mani di David Breen al basso e Rick Cranford alla batteria,
quest’ultimo a dividersi il lavoro con Karen Goodlow, fino alle tastiere
di Duncan Watt a ‘sfumare’ i suoni grazie ad un notevole gusto melodico.
Detto del cambio di marcia, questo avviene soprattutto con Girl
From My Building in cui le chitarre di Andy Santospago lasciano
il segno all’interno di una melodia dalla freschezza che rimanda alle
cose migliori dei Jayhawks, con Skinny Lady e Queen Of The Sick
Burn a spingersi in territori decisamente rock’n’roll e dai temi gustosamente
‘southern’, mentre The Circle e Smuggling rappresentano
un alt-country sicuramente derivativo ma estremamente piacevole. E’ presente
comunque il lato più introspettivo di una scrittura ispirata, dove emergono
melodie che conquistano come l’affascinante waltz-time di This
Is What Poet Means in cui Chuck Melchin è accompagnato dal
solo Duncan Watt a piano e organo Hammond, Crop Circles, ballata
elettrica interpretata con toni stimolanti, 6280 Feet frutto di
un viaggio nelle magnifiche Canadian Rockies e di ritorno nell’area tra
Montana, Wyoming e Colorado, e infine Battlefield, riflessione
sulla fine di una storia d’amore e la conseguente capacità di imparare
dagli errori compiuti.
È questo sotto il nome di The Bluest Sky un percorso che, complice
una ormai maturazione completa di Chuck Melchin, sta regalando frutti
gustosi e in linea con i suoni ‘tracciati’ dalle band sopra citate.