Copertina rosso fiammante, nient’altro che il nome
della band “scolpito” ma un po’ impercettibile: se i beniamini The Beatles
hanno avuto a disposizione il loro white album per entrare nella
storia, i Redd Kross replicano senza vergogna con un doppio omonimo
red album, basta prendere il confronto con la giusta dose di ironia,
la stessa che non fa difetto alla band californiana. Stiamo pur sempre
parlando dei fratelli Jeff e Steve McDonald, istituzione del power-pop
in veste punkettara della west coast, discepoli legittimi non solo dei
Fab Four ma anche dei Beach Boys e di tutto ciò che da allora, adorabili
sixties, si è appiccato come una caramella succhiata sotto le scarpe del
rock’n’roll.
Festeggiano quarantacinque anni di storia i Redd Kross, tanto è passato
dagli esordi di due ragazzini delle scuole medie che nella bolgia punk
della Los Angeles fine anni Settanta si sono proiettati nella rivoluzione
alternative rock dei decenni successivi, quando hanno assunto il ruolo
di cult-band, attraversando le intemperie dell’esplosione grunge e il
riflusso di tutta la scena come oggetti non identificati, fuori dai giochi
e dalle mode. Sarà per questo che, sigillati in una teca i loro album
più preziosi, da Neurotica allo sfortunato (per meriti non riconosciuti)
Phaseshifter, i Redd Kross hanno potuto reinventarsi una seconda
carriera, ormai classici collocati fuori del tempo che non devono rendere
conto a nessuno se non alla loro passione immutata da perenni “adolescenti”.
Beyond the Door nel 2019
era già un bello scherzetto pop punk alla maniera dei McDonald, una decina
di brani e poco più dritti al punto e soprattutto fedeli alla linea dei
Redd Kross, disco che ha avuto soltanto la sfortuna di capitare in piena
pandemia, tagliando le gambe a tour e promozione. I cinque anni trascorsi
hanno permesso a Jeff e Steve di scrivere e condividere un sacco di canzoni,
di dare libero sfogo a qualsiasi idea gli frullasse per la testa e di
chiamare infine l’amico Josh Klinghoffer (Red Hot Chili Peppers, Jane’s
Addiction) a mettere ordine. L’esito sono diciotto canzoni per un’ora
di musica (la concisione resta un marchio di fabbrica, anche se il vinile
raddoppia) che hanno del “miracoloso” se si pensa all’età della band.
Ma i Redd Kross sono felici di essere qui nel 2024, con un documentario
sulla loro storia, Born Innocent, diretto da Andrew Reich, e una
biografia, Now You’re One Of Us, curata da Dan Epstein che accompaganno
questo omonimo “red album” come fossero un’unica operazione.
Sulle singole canzoni è persino superfluo scendere nei dettagli, anche
perché andrebbero davvero prese in blocco, così come l’intero disco suona
come una sorta di “monolite” punk rock dalla melodia facile, dove tutti
i trucchi e i numeri di repertorio del gruppo sono messi sul piatto, persino
in maniera eccessiva. Esagerato, quindi? Può darsi, ma è difficile rinunciare,
se si frequentano con piacere i territori del power pop più baldanzoso
ed elettrico, alle esplosioni di Candy Coloured
Catastrophe e Too Good To Be True, all’assalto hard
rock di Stunt Queen, all’acido che
imbratta Cancion Enojada e Lay Down And Die, alle zuccherine
melodie pop di The Main Attraction
e I'll Take Your Word For It, al garage beat di The Shaman's
Disappearing Robe e più ancora di una Good Times Propaganda Band
che potrebbe uscire indenne da A Hard Days Night e nessuno avrebbe da
recriminare.
L’elenco, si sarà capito, è abbondante e in fondo tutto il senso dell'operazione
Redd Kross, qui e adesso nel 2024, ce lo spiega direttamente
la band, quando in chiusura di scaletta piazza una canzone intitolata
Born Innocent. Appunto, beata innocenza del migliore rock'n'roll.