Condividi
 
 

Lucinda Williams
You Are Cordially Invited...
A Tribute to The Rolling Stones

[Highway 20/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: lucindawilliams.com

File Under: Stones revisited


di Fabio Cerbone (04/02/2022)

Artista tenace e donna dal carattere indomito, Lucinda Williams ha attraversato il suo inferno personale negli ultimi anni, dopo un serio ictus che ne aveva compromesso parzialmente l’attività motoria nell’autunno del 2020. Mesi di paziente riabilitazione, un primo rientro in studio per collaborare al progetto discografico dell’amica Chrissie Hynde (The Pretenders) e l’annuncio di un ritorno alla scrittura di testi e poesie non hanno ancora sciolto del tutto le riserve sulle sue condizioni di salute e sul possibile ritorno alla musica dal vivo. Nel frattempo il ribattezzato “Lu’s Jukebox” non ha smesso di suonare: la serie di concerti online presso i Room And Board Recording Studios di Nashville - nata nel primo periodo della pandemia per sostenere i piccoli club colpiti dalle chiusure forzate, e poi trasformata in una scia di pubblicazioni in formato fisico - è giunta oggi al sesto volume, sulla carta uno dei più ghiotti per sciogliere le briglie della band: You Are Cordially Invited... A Tribute to the Rolling Stones.

Scavallate le feste con la recente uscita a tema natalizio (Have Yourself A Rockin' Little Christmas With Lucinda), si potrebbe dire che qui si torna a fare sul serio, entrando però in un campo minato, come peraltro lo erano già stati i tributi a Bob Dylan e Tom Petty. Che questa sequela di concerti/omaggio sia soprattutto una mappa per indentificare le anime musicali dell’artista della Louisiana è fuor di discussione: oltre agli artisti citati, maestri che hanno ispirato il songwriting Lucinda, le riconognizioni a più voci attorno al southern soul (il secondo volume From Memphis To Muscle Shoals) e al country (il quarto, intitolato Funny How Time Slips Away: A Night of 60's Country Classics) hanno definito il percorso della Williams, la sua educazione sentimentale all’american music che è sgorgata dalle fonti del profondo sud, oltre ad avere offerto l’occasione ai suoi musicisti di esplorare un suono asciutto e garagista, essenziale negli arrangiamenti.

Fin qui il divertimento, con risultati alterni (soprattutto nei territori di Petty e Dylan) e l’idea che si sia trattato principalmente di un’iniziativa di resistenza in tempi assai complicati per i musicisti, ma la realizzazione concreta di questi dischi chiede poi che siano giudicati anche per il loro valore, segno che la stessa Williams e il suo management (il martito Tom Overby e il produttore Ray Kennedy) ci credono e ne pubblicizzano l’uscita. You Are Cordially Invited dunque riprende pregi e difetti dei suoi predecessori, con l’aggiunta di una scaletta generosa (sedici brani non sono pochi) che attinge soprattutto al periodo storico degli Stones, quello dei capisaldi, tra la metà dei 60s e la fine del decennio successivo. La Williams affronta la materia, molto conosciuta e per questo ancora più dura da scalare, con il suo inconfondibile piglio southern a volte strascicato, altre più grintoso, che di recente eccede spesso in una forzatura: quando si addentra nel rantolo blues di You Gotta Move o in The Last Time l’effetto è irruente, così come il tenore rock di episodi settanteschi quali Sway e Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker) mantiene fede agli originali, mentre la band e soprattutto le chitarre di Stuart Mathis e Joshua Grange seguono il flusso e gli accenti della protagonista.

Non si può dire la stessa cosa dell’apertura con Street Fighting Man, che arranca vistosamente, o di brani con un’anima più r&b come Get Off my Cloud o ancora di ballate sixties come Play With Fire e Paint It Black. Qui e in altri frangenti (strano a dirsi, ma nonostante l’anima country anche Dead Flowers non sembra centrare del tutto l’obiettivo, per non dire di No Expectations) You Are Cordially Invited mostra la corda, si sorregge sull’intesa southern garage del gruppo (Fred Eltringham alla batteria e Steve Mackey al basso completano la sezione ritmica), il quale tuttavia perde per strada qualche pezzo importante di groove (e Charlie Watts manca sempre di più, adesso che se ne intuisce la grandezza) finendo per impantanarsi in un trittico di arcinoti classici - (I Can't Get No) Satisfaction, senza infamia e senza lode, Sympathy for the Devil, occasione sprecata, e You Can't Always Get What You Want – dove Lucinda Williams si spende sempre con generosità (non ne avevamo dubbi), ma chiede anche troppo a se stessa.

Giocare con i propri miti può essere stimolante, allestire un concerto in diretta streaming anche, tradurlo necessariamente in un disco che abbia qualcosa da aggiungere agli originali un po’ meno. Il problema di You Are Cordially Invited... A Tribute to the Rolling Stones è esattamente questo.


    

 


<Credits>