Artista tenace e donna dal carattere indomito, Lucinda
Williams ha attraversato il suo inferno personale negli ultimi anni,
dopo un serio ictus che ne aveva compromesso parzialmente l’attività motoria
nell’autunno del 2020. Mesi di paziente riabilitazione, un primo rientro
in studio per collaborare al progetto discografico dell’amica Chrissie
Hynde (The Pretenders) e l’annuncio di un ritorno alla scrittura di testi
e poesie non hanno ancora sciolto del tutto le riserve sulle sue condizioni
di salute e sul possibile ritorno alla musica dal vivo. Nel frattempo
il ribattezzato “Lu’s Jukebox” non ha smesso di suonare: la serie di concerti
online presso i Room And Board Recording Studios di Nashville - nata nel
primo periodo della pandemia per sostenere i piccoli club colpiti dalle
chiusure forzate, e poi trasformata in una scia di pubblicazioni in formato
fisico - è giunta oggi al sesto volume, sulla carta uno dei più ghiotti
per sciogliere le briglie della band: You Are Cordially Invited...
A Tribute to the Rolling Stones.
Scavallate le feste con la recente uscita a tema natalizio (Have Yourself
A Rockin' Little Christmas With Lucinda), si potrebbe dire che qui
si torna a fare sul serio, entrando però in un campo minato, come peraltro
lo erano già stati i tributi a Bob Dylan e Tom
Petty. Che questa sequela di concerti/omaggio sia soprattutto
una mappa per indentificare le anime musicali dell’artista della Louisiana
è fuor di discussione: oltre agli artisti citati, maestri che hanno ispirato
il songwriting Lucinda, le riconognizioni a più voci attorno al southern
soul (il secondo volume From
Memphis To Muscle Shoals) e al country (il quarto, intitolato
Funny How Time Slips Away: A Night of 60's Country Classics) hanno
definito il percorso della Williams, la sua educazione sentimentale all’american
music che è sgorgata dalle fonti del profondo sud, oltre ad avere offerto
l’occasione ai suoi musicisti di esplorare un suono asciutto e garagista,
essenziale negli arrangiamenti.
Fin qui il divertimento, con risultati alterni (soprattutto nei territori
di Petty e Dylan) e l’idea che si sia trattato principalmente di un’iniziativa
di resistenza in tempi assai complicati per i musicisti, ma la realizzazione
concreta di questi dischi chiede poi che siano giudicati anche per il
loro valore, segno che la stessa Williams e il suo management (il martito
Tom Overby e il produttore Ray Kennedy) ci credono e ne pubblicizzano
l’uscita. You Are Cordially Invited dunque riprende pregi e difetti
dei suoi predecessori, con l’aggiunta di una scaletta generosa (sedici
brani non sono pochi) che attinge soprattutto al periodo storico degli
Stones, quello dei capisaldi, tra la metà dei 60s e la fine del decennio
successivo. La Williams affronta la materia, molto conosciuta e per questo
ancora più dura da scalare, con il suo inconfondibile piglio southern
a volte strascicato, altre più grintoso, che di recente eccede spesso
in una forzatura: quando si addentra nel rantolo blues di You
Gotta Move o in The Last Time l’effetto è irruente,
così come il tenore rock di episodi settanteschi quali Sway e Doo
Doo Doo Doo (Heartbreaker) mantiene fede agli originali, mentre
la band e soprattutto le chitarre di Stuart Mathis e Joshua Grange seguono
il flusso e gli accenti della protagonista.
Non si può dire la stessa cosa dell’apertura con Street
Fighting Man, che arranca vistosamente, o di brani con un’anima
più r&b come Get Off my Cloud o ancora di ballate sixties come
Play With Fire e Paint It Black. Qui e in altri frangenti
(strano a dirsi, ma nonostante l’anima country anche Dead
Flowers non sembra centrare del tutto l’obiettivo, per non
dire di No Expectations) You Are Cordially Invited
mostra la corda, si sorregge sull’intesa southern garage del gruppo (Fred
Eltringham alla batteria e Steve Mackey al basso completano la sezione
ritmica), il quale tuttavia perde per strada qualche pezzo importante
di groove (e Charlie Watts manca sempre di più, adesso che se ne intuisce
la grandezza) finendo per impantanarsi in un trittico di arcinoti classici
- (I Can't Get No) Satisfaction, senza infamia e senza lode, Sympathy
for the Devil, occasione sprecata, e You Can't Always Get What
You Want – dove Lucinda Williams si spende sempre con generosità (non
ne avevamo dubbi), ma chiede anche troppo a se stessa.
Giocare con i propri miti può essere stimolante, allestire un concerto
in diretta streaming anche, tradurlo necessariamente in un disco che abbia
qualcosa da aggiungere agli originali un po’ meno. Il problema di You
Are Cordially Invited... A Tribute to the Rolling Stones è esattamente
questo.