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Lucinda Williams
Lucinda Williams Sings The Beatles From Abbey Road
[Highway 20/ Goodfelas 2024]

Sulla rete: lucindawilliams.com

File Under: Lucinda sings Fab Four


di Fabio Cerbone (05/12/2024)

Il settimo episodio della serie battezzata Lu’s Jukebox – incisioni dal vivo in studio con la propria band che ripercorrono materiale di mostri sacri del rock, del country e della soul music – porta la musa sudista dell’Americana, Lucinda Williams, a stretto contatto con il canzoniere per eccellenza della cultura pop moderna, quello dei Beatles. Un binomio in apparenza contrastante, fra un’artista immersa nella tradizione roots&blues più sanguigna degli Stati Uniti e il santuario inviolabile della composizione pop rock di stampo inglese.

Se le precedenti sei pubblicazioni – nate, ricordiamolo, in tempi di pandemia e penuria di tour, facendo di necessità virtù e giocando molto con le proprie fonti di ispirazione – provenivano tutte in qualche modo da un mondo affine al gesto rock’n’roll di Lucinda, che fossero Tom Petty e Bob Dylan, rispettivamente il primo e il terzo della serie, le diramazioni del country e del southern soul più classico degli anni Sessanta, oppure i Rolling Stones del precedente sesto volume You Are Cordially Invited... , cugini inglesi sì, ma in fondo più americani degli americani stessi, questa incursione a Londra della Williams, peraltro incisa direttamente negli storici Abbey Road studios, è tutt’altra faccenda, ricca di insidie fin dalla concezione.

A dispetto delle premesse, Lucinda Williams Sings The Beatles From Abbey Road porta a casa una dignitosa sufficienza, con l’avvertenza quasi scontata che nulla di ciò che qui e negli episodi precedenti è stato raccolto avrà mai un’impronta irrinunciabile, piuttosto un diversivo curioso, quando va bene, per arricchire la collezione dei soli estimatori dell’artista della Louisiana. Eppure, in confronto addirittura ai zoppicanti tentativi di domare i citati songbook di Petty e Dylan (francamente non proprio delle rivelazioni, per usare un eufemismo), queste dodici cover sparse fra singoli intoccabili e chicche più ragionate della produzione dei Beatles riescono a non uscire con le ossa rotte: quando Lucinda Williams, in buona forma vocale nonostante tutte le non secondarie sofferenze di questi anni, si muove su terreni rock blues a lei più congeniali è infatti un piacere sentirla cavalcare la tigre con al traino la robustezza elettrica del suo quintetto (con Butch Norton alla batteria e David Sutton al basso, e dove svettano i contributi solisti delle chitarre di Doug Pettibone e Marc Ford, nonché dell’organo Hammond di Richard Causon); e quando invece prova a sfidare “l’insfidabile” è tutto sommato accettabile qualche inciampo e persino un approccio naif e scombinato.

Nella prima categoria rientra l’interpretazione tutta languori della lennoniana Don’t Let me Down, diremmo quasi scintillante nel caracollare folk rock offerto da Lucinda e band al seguito, così come è facile prevedere il buon risultato portato a casa in While My Guitar Gently Weeps e Yer Blues, cadenzate secondo la “pigrizia” southern tipica della nostra protagonista, che va a nozze anche nell’innalzare il soul singing di I’ve Got a Feeling o nel trascinare i musicisti nella schiettezza rock’n’roll del ben noto inno di With a Little Help From My Friend, sostenuto anche da un raddoppio vocale che offre potenza gospel al brano.

Detto infine di una brillante versione del classico “minore” Rain, dove il lucicchio delle chitarre può emergere in tutta la sua semplice efficacia, e così altrettanto di una dolciastra I’m Looking Through You (anche se facciamo fatica a scordarci di quella freschissima edizione in chiave country che ne diede Steve Earle nel suo capolavoro Train a Comin'), è inevitabile che ricadano invece dal lato più improbabile della faccenda le intepretazioni di Let It Be, Something e The Long and Winding Road, tutte sorrette da un asciutto arrangiamento della band, ma abbastanza trascurabili nel gesto offerto dalla stessa Lucinda Williams, che anche nella svogliata I’m So Tired (di nome e di fatto) o nel garage rock al rallentatore di Can’t Buy Me Love non pare metterci abbastanza personalità per offrire qualcosa di veramente appetibile.

E d’altronde il senso di tutta l’operazione di Lucinda Williams Sings The Beatles From Abbey Road dovrebbe ridursi proprio a questo, con la stranezza ma anche lo stimolo di sentire un’artista in apparenza così distante dal mondo dei quattro di Liverpool alle prese con una sua rilettura privata e insolita. Lucinda Williams ci riesce in parte, mettendoci la sua proverbiale animosità, anche grazie al suono cucito insieme dal produttore Ray Kennedy e dal gruppo negli studi di Abbey Road, sebbene nessuno di questi dodici omaggi abbia l’ardire di spostare di un solo millimetro l’impianto melodico originale dei Beatles. E d’altronde come sarebbe mai potuto accadere?

La scaletta
1. Don't Let Me Down // 2. I'm Looking Through You // 3. Can't Buy Me Love // 4. Rain // 5. While My Guitar Gently Weeps // 6. Let It Be 7 Yer Blues // 8. I've Got a Feeling // 9. I'm So Tired // 10. Something // 11. With a Little Help from My Friends // 12. The Long And Winding Road



 

 

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