Musicista generoso e rocker romantico, spirito punk ribelle
dentro un cuore da poeta elettrico su quelle strade di New York che lo
hanno visto crescere, Jesse Malin non si meritava (nessuno in verità
se lo meriterebbe, sia chiaro) il crudele scherzo giocatogli dal destino
quel giorno di inizio maggio del 2023, quando è crollato sul pavimento
del ristorante dove stava celebrando, insieme agli amici di sempre, la
memoria di un amico scomparso. Infarto spinale, questa la diagnosi infausta
di un malore che gli stessi primi soccoritori non sono riusciti a ricollegare
a una specifica condizione fisica di Jesse, ma le cui conseguenze sono
state per lui una paralisi degli arti inferiori e l’immediata ricerca
di cure intensive e di una complicata riabilitazione.
Nella “civilissima” America della sanità per pochi, il prezzo da pagare,
letteralmente, per la necessaria assistenza medica ha persino costretto
Malin a volare in Argentina, in una clinica di Buones Aires, dove tentare
complessi trattamenti per la sua malattia. Da quel “viaggio della speranza”
è nato anche un omonimo
singolo, presentato per la prima volta al pubblico lo scorso settembre,
nonché due show benefici agli inizi di dicembre presso lo storico Beacon
Theatre di New York, che hanno riportato Jesse sul palco, sebbene costretto
su una sedia a rotelle, con una lunga schiera di amici pronti a omaggiarlo.
Alcuni di loro sono presenti anche in Silver Patron Saints - The
Songs of Jesse Malin, contestuale tributo all’arte del rocker
del Queens, che si pone lo stesso obiettivo di raccogliere innanzitutto
i fondi necessari per le cure di Malin, oltre naturalmente ad esprimere
affetto e vicinanza da parte di musicisti che hanno condiviso con lui
un pezzo di strada o semplicemente ne hanno apprezzato il gesto artistico
e la potenza delle canzoni.
Scorrendo i ventisette partecipanti e l’altrettanto abbondante raccolto
del doppio album ci si accorge infatti del corposo songbook eretto
da un autore che dai tempestosi anni del punk rock newyorchese con gli
Heart Attack e i D Generation, quelli che furono gli albori della sua
carriera, fino alla maturità artistica dei dischi solisti (l’esordio nel
2001, proseguendo per una quindicina di lavori fra studio e live) ha restituito
la perfetta immagine di quel rock urbano e passionale che la grande metropoli
americana ha saputo accogliere fra le braccia delle sue diverse sensibilità
sonore.
Silver Patron Saints, titolo rubato dai versi della prima canzone
in scaletta, la Prisoners of Paradise interpretata dai Bleachers,
attraversa questi umori ripercorrendo un po’ tutte le stagioni di Jesse
Malin, sebbene per noi resti privilegiato quel trentacinquenne che nel
2001 esordiva da solista nella compiuta forma di The Fine Art of Self
Destruction e proseguiva il suo splendido cammino di outsider (sempre
molto amato in Uk ed Europa, “di culto”, come capita spesso, negli Stati
Uniti) con titoli quali The Heat, Glitter in the Gutter,
New York Before the War, fino al più recente Sad and Beautiful
World.
Come anticipato, molte di quelle tappe le ritroverete
in più e meno ispirate versioni all’interno di un tributo che supera il
mero dato musicale per imporsi con le ragioni irrinunciabili del gesto
benefico. Ma la musica parla, eccome, grazie alla presenza di un cast
autorevole e anche artisticamente valido nel quale svettano, soprattutto
nella prima parte, i sempre infallibili Counting Crows alle prese con
Oh Sheena, lì dove Adam Duritz va a nozze per trasporto ed emotività,
o ancora un Bruce Springsteen finalmente sul pezzo, avvolto nella trascinante
forza soul di She Don't Love Me Now con tanto di assolo di sax
a inerpicarsi nel finale, per non dire di un adorabile J Mascis alla testa
dei suoi Dinosaur Jr., che fa letteralmente propria l’indolenza di una
ballata rock quale Brooklyn.
Sono alcuni, del tutto personali, highlights che si possono estrapolare
da una sequenza impossibile da citare nel singolo dettaglio, ma ai quali
andrebbero quanto meno aggiunti i nervosi e intensi Spoon di The Way
We Used To Roll, i Wallflowers di Jakob Dylan nella lezione mainstream
di Don't Let Them Take You Down (Beautiful Day), la coppia formata
da Lucinda Williams (un legame importante il suo con Jesse Malin) ed Elvis
Costello in Room 13, l’amabile leggerezza folk rock di Susanna
Hoffs in High Lonesome, i roboanti Hold Steady di Death Star
e i Low Cut Connie di When You're Young, entrambe le formazioni
sorta di anime sonore gemelle dello stesso Malin, fino all’esperienza
da vecchie pellacce rock di Ian Hunter (una Dead On tutta avvolta
da groove e chitarre bluesy) e Willie Nile (All the Way from Moscow).
Per chi volesse poi abbandonarsi o riscoprire il lato selvaggio del Jesse
Malin giovanile, ci sono le scintille punk di Billie Joe Armstrong (Green
Day), Rancid o degli Agnostic Front, nel mezzo di qualche oasi acustica
offerta dal Frank Turner di About You o dal “santo patrono” (lui
sì outsider prima e più dello stesso Jesse malin) Graham Parker di Greener
Pastures.
La prova d'orchestra di tutti i protagonisti riesce ad essere apprezzabile
all’ascolto ma soprattutto ecomiabile per il fine ultimo che si prefigge,
aiutare un amico musicista e un’anima generosa, una persona che ha dato
molto alla causa del rock’n’roll e che dovrebbe a questo punto ricevere
qualcosa in cambio.
La
scaletta, gli interpreti
Disco 1
1. Prisoners of Paradise - Bleachers
2. Oh Sheena - Counting Crows
3. She Don't Love Me Now - Bruce Springsteen
4. Black Haired Girl - Billie Joe Armstrong
5. Brooklyn - Dinosaur Jr.
6. About You - Frank Turner
7. Turn Up The Mains - Alison Mosshart, Wayne Kramer, Tom Morello,
Steven Van Zandt, Mike Watt, Joey C.
8. Room 13 - Lucinda Williams and Elvis Costello, with Ray Kennedy
9. Don't Let Them Take You Down (Beautiful Day) - The Wallflowers
10. The Way We Used To Roll - Spoon
11. Shane - Rocky O'Riordan
12. In The Modern World - Butch Walker
13. High Lonesome - Susanna Hoffs
Disco2
1. Greener Pastures - Graham Parker
2. Meet Me at the End of the World - Alejandro Escovedo
3. Death Star - The Hold Steady
4. Riding On The Subway - Tommy Stinson and Ruby Stinson
5. St. Mark's Sunset - The Walker Roaders
6. Dead On - Ian Hunter
7. Almost Grown - Danny Clinch and Daniel Donato's Cosmic Country
8. Shining Down - Aaron Lee Tasjan
9. When You're Young - Low Cut Connie
10. All the Way from Moscow - Willie Nile
11. No Way Out - Rancid
12. You Know It's Dark When Atheists Start to Pray - Gogol Bordello
13. God is Dead - Agnostic Front
14. Frankie - Murphy's Law