Ana Popovic
A woman in blues
Ana Popovic
Ana! Live in Amsterdame
(Ruf records 2004)
 

Basta ascoltare Navajo Moon per capire il talento straordinario di Ana Popovic: una suite jazz strumentale di grande delicatezza espressiva in cui la chitarra della bad girl di Belgrado conduce una fragile danza lunare aprendo mondi sconosciuti con le chiavi magiche di una Stratocaster bianca che, fra le sue mani, plasma un suono imprevedibile e stellare. Prodotto dalla Ruf Records, casa tedesca da tenere assolutamente d'occhio e che ha parecchi "cavalli da Gran Premio" in scuderia, e registrato al Melkweg di Amsterdam, questo Live di recente pubblicazione è un autentico must per tutti gli amanti di quel rock energico e aggressivo che non rinuncia ad esplorare galassie contigue: leggasi soul classico, blues incendiario e raffinatissime rivisitazioni jazz. Il progetto comprende un cd da settanta minuti e la parallela realizzazione di un ricco dvd, acquistabile separatamente, che aggiunge al concerto un breve set acustico, una gustosa intervista ed una splendida esecuzione della Popovic di Done somebody wrong, a firma Elmore James, per le strade di Amsterdam. Ciò detto, ripartiamo dall'inizio. Ana Popovic nasce nel 1976 a Belgrado. Mutua dal padre, accreditato musicista, l'amore per il blues e la chitarra. Dopo aver fondato una sua band, gli Hush, e aver suonato nei locali di Yugoslavia, Grecia ed Ungheria conquistando l'Europa dell'Est con il suo chitarrismo esplosivo, nel 1998 si trasferisce in Olanda, ad Utrecht, per frequentare una scuola da Graphic Designer. Contemporaneamente, però, invia dei nastri al conservatorio locale che accetta immediatamente la sua domanda d'iscrizione e inizia così a studiare musica, mettendo insieme una band nuova di zecca che non manca di mietere successi in Olanda e Germania. Nel 1999 arriva anche il contratto discografico grazie a Thomas Ruf della Ruf Records e così Ana Popovic comincia ufficialmente la sua carriera di Rockstar. Nel 2001 firma quindi il suo primo lavoro, Hush, prodotto da Jim Gaines, già con Santana e Stevie Ray Vaughan, che le vale tre candidature ai blues awards francesi come "Best Singer", "Best Guitarist" e "Best Album". Successivamente, con l'uscita del fantastico Comfort to the Soul, 2003, Ana viene nominata per i WC Handy Awards in Memphis come Best New Artist e diventa così la prima musicista europea a ricevere una nomination in questa categoria. Le innegabili qualità compositive e la scintillante verve delle sue performance trovano finalmente in Ana! Live in Amsterdam l'attesa celebrazione. Nelle tredici tracce del concerto dal vivo, Miss Popovic riesce a deliziare la platea del Melkweg, vuoi con il torrido feeling soul rock di Love me Again, scritta in coppia con Susan Marshall, ex vocalist delle Mother Station, vuoi con un blues battuto e aggressivo come Bigtown Playboy che sembra spaccare la terra per restituire finalmente al pubblico osannante quella grinta appassionata e viscerale che serpeggiava nei pezzi arrembanti di Stevie Ray Vaughan & i Double Trouble. A questo va aggiunta la cavalcata elettrica di Sittin on the Top of the World, con il basso di Fabrice Ach e la batteria di Denis Palatin a macinare un boogie bastardo, mentre l'hammond di Dominique Vantomme riempie i vuoti creati dalle bordate di chitarra elettrica e la jam acida di Comfort to the Soul che parte con dei suoni secchi da sparatoria per poi svolgersi in volute via via più morbide ed eleganti, dando fondo ad una varietà di soluzioni musicali invidiabile ed evidenziando un senso dell'improvvisazione unico. Da manuale sono anche i due rock-blues pesanti in chiusura: Long way home in cui Ana digrigna i denti, mettendo in mostra un cantato notevole che rivela dei miglioramenti apprezzabilissimi rispetto al passato e valorizza appieno una voce dall'ottima colorazione, e la "bomba all'idrogeno" di My Man che mette uno sull'altro una serie di assoli di chitarra semplicemente spaventosi. Sulle note acustiche di Long lost love vengono quindi spontanee alcune considerazioni finali: Ana Popovic ha aggiunto ad un talento naturale e ad una tecnica incredibile un senso dell'interpretazione non comune, le melodie si sono fatte negli anni sempre più ricche ed originali e la voce, roca e sensuale, viene finalmente sfruttata al meglio. Quel suo fascino selvaggio da rockeuse è infine la ciliegina sulla torta, quella che ci fa dire, senza tema di smentita, che questo Live in Amsterdam è uno dei dischi dell'anno, di più, uno di quelli che non può mancare sugli scaffali di una collezione rock che si rispetti .
(Matteo Strukul)

www.anapopovic.com
www.rufrecords.de

 

 


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