Basta
ascoltare Navajo Moon per capire il talento straordinario di Ana Popovic:
una suite jazz strumentale di grande delicatezza espressiva in cui la chitarra
della bad girl di Belgrado conduce una fragile danza lunare aprendo mondi
sconosciuti con le chiavi magiche di una Stratocaster bianca che, fra le sue mani,
plasma un suono imprevedibile e stellare. Prodotto dalla Ruf Records, casa
tedesca da tenere assolutamente d'occhio e che ha parecchi "cavalli da Gran Premio"
in scuderia, e registrato al Melkweg di Amsterdam, questo Live di
recente pubblicazione è un autentico must per tutti gli amanti di quel rock energico
e aggressivo che non rinuncia ad esplorare galassie contigue: leggasi soul classico,
blues incendiario e raffinatissime rivisitazioni jazz. Il progetto comprende un
cd da settanta minuti e la parallela realizzazione di un ricco dvd, acquistabile
separatamente, che aggiunge al concerto un breve set acustico, una gustosa intervista
ed una splendida esecuzione della Popovic di Done somebody wrong, a firma
Elmore James, per le strade di Amsterdam. Ciò detto, ripartiamo dall'inizio. Ana
Popovic nasce nel 1976 a Belgrado. Mutua dal padre, accreditato musicista, l'amore
per il blues e la chitarra. Dopo aver fondato una sua band, gli Hush, e
aver suonato nei locali di Yugoslavia, Grecia ed Ungheria conquistando l'Europa
dell'Est con il suo chitarrismo esplosivo, nel 1998 si trasferisce in Olanda,
ad Utrecht, per frequentare una scuola da Graphic Designer. Contemporaneamente,
però, invia dei nastri al conservatorio locale che accetta immediatamente la sua
domanda d'iscrizione e inizia così a studiare musica, mettendo insieme una band
nuova di zecca che non manca di mietere successi in Olanda e Germania. Nel 1999
arriva anche il contratto discografico grazie a Thomas Ruf della Ruf Records e
così Ana Popovic comincia ufficialmente la sua carriera di Rockstar. Nel 2001
firma quindi il suo primo lavoro, Hush, prodotto da Jim Gaines,
già con Santana e Stevie Ray Vaughan, che le vale tre candidature ai blues awards
francesi come "Best Singer", "Best Guitarist" e "Best Album". Successivamente,
con l'uscita del fantastico Comfort to the Soul, 2003, Ana viene
nominata per i WC Handy Awards in Memphis come Best New Artist e diventa così
la prima musicista europea a ricevere una nomination in questa categoria. Le innegabili
qualità compositive e la scintillante verve delle sue performance trovano finalmente
in Ana! Live in Amsterdam l'attesa celebrazione. Nelle tredici tracce
del concerto dal vivo, Miss Popovic riesce a deliziare la platea del Melkweg,
vuoi con il torrido feeling soul rock di Love me Again, scritta in coppia
con Susan Marshall, ex vocalist delle Mother Station, vuoi con un blues battuto
e aggressivo come Bigtown Playboy che sembra spaccare la terra per restituire
finalmente al pubblico osannante quella grinta appassionata e viscerale che serpeggiava
nei pezzi arrembanti di Stevie Ray Vaughan & i Double Trouble. A questo va aggiunta
la cavalcata elettrica di Sittin on the Top of the World, con il basso
di Fabrice Ach e la batteria di Denis Palatin a macinare un boogie
bastardo, mentre l'hammond di Dominique Vantomme riempie i vuoti creati
dalle bordate di chitarra elettrica e la jam acida di Comfort to the Soul che
parte con dei suoni secchi da sparatoria per poi svolgersi in volute via via più
morbide ed eleganti, dando fondo ad una varietà di soluzioni musicali invidiabile
ed evidenziando un senso dell'improvvisazione unico. Da manuale sono anche i due
rock-blues pesanti in chiusura: Long way home in cui Ana digrigna i denti,
mettendo in mostra un cantato notevole che rivela dei miglioramenti apprezzabilissimi
rispetto al passato e valorizza appieno una voce dall'ottima colorazione, e la
"bomba all'idrogeno" di My Man che mette uno sull'altro una serie di assoli
di chitarra semplicemente spaventosi. Sulle note acustiche di Long lost love
vengono quindi spontanee alcune considerazioni finali: Ana Popovic ha aggiunto
ad un talento naturale e ad una tecnica incredibile un senso dell'interpretazione
non comune, le melodie si sono fatte negli anni sempre più ricche ed originali
e la voce, roca e sensuale, viene finalmente sfruttata al meglio. Quel suo fascino
selvaggio da rockeuse è infine la ciliegina sulla torta, quella che ci fa dire,
senza tema di smentita, che questo Live in Amsterdam è uno dei dischi dell'anno,
di più, uno di quelli che non può mancare sugli scaffali di una collezione rock
che si rispetti . (Matteo Strukul)
www.anapopovic.com
www.rufrecords.de
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