Nell’era più difficile per la musica dal vivo, doveva prima
o poi arrivare l’ondata di live-records nati in piena pandemia, e figli
di quelle sale silenziose che molti artisti si sono trovati a dover affrontare,
loro malgrado. Particolare anche l’idea di Nathaniel Rateliff di
creare una sorta di seguito ad un suo album dal vivo uscito nel 2017 (Live
At Red Rocks), quasi a voler confrontare l’effetto di un disco
registrato davanti ad un pubblico festante e doverosamente accaldato,
rispetto ad un set registrato nella stessa sala, ma stavolta a beneficio
del tecnico del suono e pochi ristretti invitati.
Red Rocks 2020 è una sfida dunque, diciotto brani che cercano
di ribadire come la nuova soul music è abbastanza rovente da infiammare
anche una sala vuota, pensato per consolare i tanti fans che non hanno
potuto seguire il tour. Paradossalmente finisce per suonare poco come
un concerto reale e molto come un album in studio registrato in presa
diretta, tanto che seppur sia vero che manca forse la mano di una forte
post-produzione e di sovraincisioni ad arricchire il piatto, il suono
risulta decisamente più vivo, e alcune versioni ne guadagnano rispetto
a quelle ufficiali in studio. E se nel precedente album c’erano i fidi
Night Sweats ad accompagnarlo, per l’occasione Rateliff ha assemblato
una band che prevede qualche vecchio collaboratore e una mini-sezione
archi molto azzeccata, visto che il progetto nasce comunque come una sua
sortita solista a sostegno dell’album del 2020 And It’s Stil Alright,
disco che ben documentava un brutto periodo a seguito di un divorzio e
della morte del suo produttore storico Richard Swift.
La scaletta ricalca molto poco quella del live precedente, aggiungendo
alcune novità uscite nel frattempo (All Or Nothing, You Need
Me, What a Drag) e qualche recupero del suo antico repertorio
(Early Spring Till, Shroud, This). In particolare,
il brano Mavis viene usato a rappresentare
l’album per quella sua triste constatazione di incomunicabilità forzata
che i tempi del Covid stanno rendendo ormai quasi normale. Tra le curiosità
dell’album è da citare sicuramente la versione di There’s
A War di Leonard Cohen, che vede la partecipazione di un Kevin
Morby che come Rateliff si trovava al Red Rocks a preparare un tour che
non partirà mai. In ogni caso il disco ribadisce l’attitudine fortemente
improntata all’attività concertistica di questo artista, che proprio grazie
a pubblicazioni come queste si sta conquistando una solida e fedele fanbase
negli USA, costruita sul modello di continuo contatto nel tempo che ha
decretato negli anni il successo di Dave Matthews o dei Phish.