Rolling
Stones Shine
a Light: Original Soundtrack
[Polydor 2CD 2008]

Difficile accostarsi ai Rolling Stones con animo libero da preconcetti
di ogni tipo. E' difficile perché non si può giudicare un lavoro delle "Pietre
Rotolanti" senza tenere contro che loro sono il rock'n'roll. Può piacere
o non piacere ma è così. I Rolling Stones sono stati assieme ai Beatles e a pochi
altri il gruppo più importante e più influente della storia del rock. Esiste però
una nemmeno tanto piccola differenza tra loro e tutti gli altri: gli Stones non
solo sono ancora vivi, ma sono ancora sulla strada a quarantacinque-anni-quarantacinque
dai loro esordi. Gli Stones hanno sfidato gli anni, i lustri, i decenni con una
forza dirompente. Gli Stones costituiscono lo scardinamento vivente della presunta
regola del rock che vuole che i migliori debbano morire giovani. Dalla morte ci
sono passati anche loro, sia chiaro (la misteriosa scomparsa di Brian Jones, i
fatti di Altamont...), sfidandola continuamente. Basta vedere le loro quattro
facce (o forse tre, escludendo Charlie Watts, che degli Stones è stato
sempre l'anima più pacata) per capire a che punto la loro vita è stata tirata
fino al limite. Si può dire che i volti ed i corpi di Ron Wood, Mick
Jagger e soprattutto Keith Richards siano l'essenza stessa del rock,
segnati come sono dagli anni e dalle droghe di ogni tipo ma allo stesso tempo
scolpiti come statue viventi. Keith Richards, in maniera particolare, rappresenta
l'ultimo dei grandi maledetti, l'ultimo superstite, nonostante la sua "politossicità"
e nonostante tutti gli acciacchi che può avere un uomo che è ormai inesorabilmente
più ai settant'anni che ai sessanta. Può permettersi tutto, Keith, anche di dichiarare
di avere smesso con le droghe non perché non gli piacessero più ma perché non
se ne trovano più di buona qualità, anche di cadere da una palma da cocco sulla
quale si era arrampicato rischiando di sfondarsi il cranio e rimanendo praticamente
indenne. Proprio Keith, se vogliamo, è la vera anima dei Rolling Stones, contrapposta
all'anima glam di un Mick Jagger che, lasciati da parte gli eccessi di una vita,
si presenta quasi un intellettuale del rock 'n' roll, senza però per questo rinunciare
alla sua suadente carica di sensualità. Poi ci sono Ronnie Wood, un altro sulla
cui faccia ci si può leggere la sregolatezza di una vita, ma che rimane comunque
uno dei migliori (e più sottovalutati) chitarristi in circolazione, e Charlie
Watts, universalmente definito come il miglior batterista di rock'n'roll, uno
che pare abbia ingoiato un metronomo da quanto è preciso e pulito. Insomma, gli
Stones sono forse il più grande mistero della storia del rock.
Mistero
che nell'anno del Signore 2008, Martin Scorsese, uno che di musica se ne
intende (oltre alle sue grandi regie di rockumentari e film-concerto, ci preme
ricordare l'importanza della musica nei suoi film: ricordate ad esempio il brano
di Kris Kristofferson The Pilgrim in Taxi Driver?) ha provato a fissare in pellicola.
Ne è venuto fuori un film concerto splendido, anche se invero un po' statico in
alcune sue parti, che ritrae perfettamente l'atmosfera che sta attorno ad uno
show degli Stones. Da questo film è stato tratto un doppio cd che lo riproduce
integralmente e vi aggiunge una manciata di performance che non hanno trovato
posto nella pellicola. Questa sarà anche una bieca operazione di marketing ma,
tutto sommato, la bontà delle bonus tracks è tale che si riesce a mandar giù questo
boccone che poteva risultare un po' indigesto. Ed ora giungiamo alla parte difficile.
Come sottolinea giustamente il grande Mauro Zambellini (Buscadero), è difficile
giudicare un live dei Rolling Stones senza tener conto dell'aspetto visivo
e spettacolare: forse solo Stripped ci era riuscito, anche se Stripped era un
live molto sui generis, registrato in molte parti nei backstage o in piccoli luoghi
con strumentazione principalmente acustica.
E da questo punto di vista
anche Shine a Light non fa eccezione. La performance, però, è nettamente
buona e si sente decisamente. Il sound è solido e compatto, si avverte che il
gruppo si diverte e fa divertire il pubblico ed anche la scelta dei brani (alla
quale ha collaborato Scorsese) è ottima e per niente banale. Si comincia con una
Jumpin' Jack flash al fulmicotone alla quale
segue un'ottima Shattered. Mick dà sfoggio
di tutta la sua carica erotica in She Was Hot,
notevole dal punto di vista della performance vocale. Poi, a sorpresa, sale sul
palco un buon amico di Keith, quel Jack White III che con i White Stripes
ed i Raconteurs sta riportando alla ribalta il rock vero, quello sanguigno e sudato,
lontano anni luce dai suoni patinati delle radio, il quale esegue una splendida
versione di Loving Cup, uno dei pezzi trainanti
del capolavoro dell'etica basement-rock che risponde al nome di Exile on Main
Street. A sorpresa, quindi, la band tira fuori dal cilindro uno dei loro brani
meno eseguiti, quella As Tears Go By che negli
anni '60 era stata una hit che gli Stones avevano cantato anche in italiano, alla
quale seguono vibranti versioni di Some girls,
Just My Immagination e
Faraway Eyes. Sale sul palco poi un grande bluesman, Buddy Guy,
con il quale la band esegue Champagne & Refeer di
Willie Dixon, che si distingue per i tirati assoli di Guy, di Wood e di Keith.
In chiusura del primo cd, uno dei momenti più emozionanti: Mick, come suo solito,
si defila e lascia il centro della scena a Keith, che con voce sanguinante e terrigna
esegue You got the Silver e Connection,
commuovendoci ancora una volta. Il secondo cd si apre con uno dei brani simbolo
degli Stones, Sympathy for the Devil, entrata
nel Mito grazie anche al film di Jean Luc Godard che ne immortalava la nascita
e lo sviluppo, che tutto sommato non sembra essere incisiva come la versione originale.
In Live With Me, invece, la band dimostra
ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di avere qualcosa di magico.
Gli Stones riescono infatti a far sembrare una "sgualdrina" da copertina
come Christina Aguilera quasi una grande cantante: il suo duetto con Mick
(e i loro strusciamenti, che ovviamente nel cd non possiamo vedere) è una vera
e propria esplosione di sensualità, un grande duetto. Infine il concerto si chiude
con un terzetto epocale: Start Me Up, arcigna
e frizzante, Brown Sugar, nella quale fanno
bella figura i fiati e soprattutto (I can't get no) Satisfaction,
il cui riff di Keith è ancora una volta una sberla in faccia al mondo.
Qui
termina il concerto vero e proprio immortalato nel film. Le bonus tracks sono
quattro: Paint it Black, un altro grande riff,
Little T&A, I'm free,
un grande brano, troppo spesso dimenticato nell'immenso songbook degli Stones
e qui recuperato e rivalutato alla grande, e, dulcis in fundo, il brano che dà
il titolo al film, Shine a Light, altra canzone
splendida ed ancora una eccezionale performance della band. Insomma, tirando le
somme, cercando di essere il più obiettivi possibile e tenendo conto dei limiti
di un concerto dei Rolling Stones privato della sua parte visiva, innegabilmente
essenziale, possiamo comunque affermare che questo doppio cd può essere considerato
il live definitivo della più grande rock and roll band di tutti i tempi. (Gabriele
Gatto)
www.rollingstones.com
www.shinealightmovie.com
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