Tony
Joe White Swamp
Music - The Complete Monument Recordings [Rhino
Handmade 2007]   
Se c'è una cosa che mi è sempre
piaciuta nell'atteggiamento di Tony Joe White, è l'impressione che costui
faccia esattamente ciò che gli interessa fare, niente di più e niente di meno.
Nessun profilo commerciale da salvaguardare, nessuna fascia di pubblico da titillare,
nessun obbligo di promozione, aggiornamento o addolcimento cui ottemperare. Del
resto, Tony Joe, in effetti può infischiarsene di qualsiasi considerazione mercantile:
Elvis Presley prima, prendendo in prestito la sua Polk Salad Annie, e Brook
Benton poi, divulgando presso l'uditorio di massa Rainy Night In Georgia
(canzone tra le più rilette del secolo: l'hanno interpretata anche Ray Charles,
Randy Crawford, Aaron Neville etc.), senza dimenticare Dusty Springfield (che
popolarizzò Willie And Laura Mae Jones), gli hanno garantito sicurezza
economica per parecchie generazioni a venire. Perché dunque, nel corso della propria
carriera, Tony Joe avrebbe dovuto soddisfare qualcun altro all'infuori di se stesso?
Forse è proprio questo il motivo per cui molti critici, soprattutto americani,
gli hanno rimproverato spesso un eccesso di omogeneità formale, o meglio, detta
in soldoni, l'inclinazione a battere sempre e comunque sul medesimo chiodo. Anche
questione di gusti e di ciò che si chiede alla musica, probabilmente. Ma chiedere
a Tony Joe di abiurare al suo rock'n'roll aguzzo dal taglio funky, impastato di
blues e nerissimi stracci folk, pigro come il gracidare dei rospi e limaccioso
quanto gli strati di fanghiglia delle paludi di Goodwill, Louisiana, dove il nostro
è cresciuto, venerando Lightnin' Hopkins e John Lee Hooker in un primo momento
e successivamente ritrovandosi col cervello in orbita dopo la deflagrante apparizione
di Elvis all'Ed Sullivan Show, sarebbe un po' come chiedere a JJ Cale di inseguire
la velocità di Yngwie Malmsteen.
A quale scopo? Personalmente, non posso
che dichiararmi innamorato di questo artista e della sua fissità ipnotica, del
suo stile di certo sempre identico eppure, al tempo stesso, unico e immediatamente
riconoscibile. Uno stile - utile ricordarlo - che in origine (si parla della metà
degli anni '60) non nasce in base a un peculiare espediente linguistico, bensì
per la necessità del nostro di risparmiare: nel periodo in cui Tony Joe non è
nient'altro che un neomarito squattrinato che tenta di sbarcare il lunario nelle
piccole roadhouse di Monroe e Shreveport, quale dimensione può essere più conveniente
rispetto a quella solista? Sicché il nostro gironzola per la Louisiana raramente
accompagnato da rudimentali batteristi o, molto più spesso, armato soltanto di
una chitarra elettrica, di un'armonica e di una cassetta di legno della Coca-Cola
su cui battere ossessivamente il tacco dello stivale. E' quindi in quelle giornate,
in netto anticipo sul trasloco nashvilliano che sarà foriero del primo contratto
discografico ufficiale, che si (auto)definisce la tecnica ruvida e originalissima
di Tony Joe White, col fischio del wah-wah a sibilare i rumori minacciosi
della natura delle paludi, il cosiddetto foot-stompin' a garantire il movimento
percussivo e l'armonica a sventagliare antiche suggestioni folk.
Tanti
altri hanno cercato di mettere in musica l'umidità appiccicosa e il mistero gorgogliante
delle paludi della Louisiana (primo tra tutti, e con risultati eccezionali, John
Fogerty), ma nessuno è riuscito a farlo con la naturalezza di Tony Joe White,
perciò è più che legittimo che il titolo onorario di "swamp-music", musica della
palude, spetti proprio alle sue cose. E Swamp Music si intitola
pure questo bellissimo cofanetto della Rhino, che in elegante scatoletta
dai colori appunto stagnanti e acquitrinosi (manco fosse una veduta della nostra
Maremma) raccoglie i primi tre album dell'artista, tutti e tre pubblicati all'epoca
dalla Monument e qui opportunamente rimpinguati con una valanga di outtakes e
versioni alternative, e li abbina ad un quarto disco del tutto inedito, diviso
tra un'esibizione in splendida solitudine del 1969 ai parigini Barclay Studios
e quella dell'anno dopo, con incendiario power-trio, al festival dell'Isola
di Wight (del resto Tony Joe ha sempre riscosso maggiore attenzione nel vecchio
continente). Dei dischi in questione, tutti per un motivo o per un altro eccezionali,
il migliore è ancora il secondo, ...Continued ('69), in virtù di
una scaletta assassina di inusuale temperamento folkie, dove scompare il quasi
inavvertibile tentennare da debuttante del precedente Black And White
('69) e l'attenta produzione dell'esperto Billy Swan (grande autore di
canzoni tra soul e country per Waylon Jennings e Conway Twitty, nonché bassista
di lunga data di Kris Kristofferson), in modo assai confacente, indugia in qualche
rifinitura in meno rispetto al successivo, sempre eccelso, Tony Joe ('70).
Ma per descrivere con dovizia di particolari le prelibatezze di questa
cornucopia servirebbero più o meno tutte le battute dell'enciclopedia telematica
di Piero Scaruffi. Basti sapere che tra rock'n'roll, storytelling alla Bobbie
Gentry (Roosevelt And Ira Lee, For Lee Ann e Old Man Willis sono piccoli romanzi
in musica), ballate dylaniane (High Sheriff Of Calhoun Parrish, fantastica), soul
sudista, schiocchi bluesy vibranti come una frustata e cover favolose (da Mickey
Newbury a Joe South, da Hard To Handle a The Look Of Love, fino al Jimmy Webb
di Wichita Lineman), nelle canzoni di Swamp Music quella che striscia
con la sveltezza sinuosa di un serpente è una delle espressioni più caratteristiche
della musica americana del '900. (Gianfranco Callieri) www.tonyjoewhite.com
www.rhinohandmade.com
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