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southern roots' legacy di
Fabio Cerbone (15/01/2014)
Nonostante sia cresciuta da adolescente in California, lì dove il padre Johnny
si era trasferito, all'indomani del contratto firmato con la Columbia, con mamma
Vivian (prima moglie da cui divorzierà nel 1966 per sposare June Carter), Rosanne
Cash resterà per sempre una figlia del Sud, adagiata in una coperta di mitologie
che dalle radici di famiglia Cash nell'Arkansas alla grande tenuta nel Tennessee,
hanno rappresentato una mappa dell'anima prima ancora che un bussola musicale
su cui far germogliare il proprio talento. The River & the Thread è
il disco che racconta questo viaggio a ritroso verso le proprie origini e concettualmente
il lavoro più ambizioso e "intellettuale", se mi passate il termine, di una produzione
discografica sempre un po' errabonda e pesantemente schiacciata dall'eredità di
famiglia, per anni indecisa se intraprendere la strada del country più sincero
o assecondare i gusti pop di Nashville.
Si potrebbe anzi affermare che
l'album rappresenta la conclusione di un percorso di inattesa e tardiva maturità,
che ha portato Rosanne alla soglia dei sessant'anni verso un suono Americana elegante
e adulto, profondo tanto nelle liriche quanto nella ricercatezza di un sound tradizionalista,
grazie anche alle produzioni del marito John Leventhal. Un crescendo artistico
che era iniziato con i poco valutati Black Cadillac (il suo disco migliore a tutt'oggi)
e Rules of a Traveler, dominati dalle scomparse di Johnny Cash e June Carter (una
madrina affettuosa) e si era in parte arenato nel più banale omaggio al passato
di The
List, disco di cover che sfiorava la routine. The River & the Thread
soffre ancora di quella tendenza imperante in certa Americana attuale (da Emmylou
Harris a Buddy Miller e Patty griffin, molti campioni del genere ne hanno mostrato
i sintomi), quella raffinata, ligia veste sonora che scaccia tuttavia un po' di
ruvida presenza roots, ma è fuor di dubbio che il canovaccio della memoria che
accompagna per mano The Sunken Lands, Etta's
Tune (ricordo per la moglie di Marshall Grant, bassista storico di
papà Johnny) o The Long way Home, racconto
centrale dell'album, sia il punto di forza su cui si regge tutto l'impianto.
Una
raccolta tutto sommato stringata per le sue aspirazioni di "concept" e in questo
favorita nel suo svolgimento: Rosanne Cash canta con una sicurezza e densità che
mai aveva mostrato, mentre i camei dell'ex compagno Rodney Crowell, di Kris Kristofferson
e John Prine (nella rievocazione della Guerra Civile in When
the Master Calls the Roll) o del giovane Cory Chisel (perfetto nel
dolce walzer di 50.000 Watts) sono una stampella
che arrichisce di piccole sfumature senza distogliere le attenzioni dalla protagonista.
L'estremo equilibrio mostrato da quest'ultima non cede neppure quando il battito
sudista prende il sopravvento e A Feather's Not a Bird
calca le assi di una affascinante swamp music, oppure
World of Strange Design traccia un ponte con la Sun records dove Johnny
incise i suoi primi singoli, ospitando l'incendere della slide di Derek Trucks.
La produzione di Leventhal è il perno che mantiene l'intero disco dentro i binari
di questa esemplare eleganza, ma anche di una trattenuta formalità (i toni quasi
da musical di Night School, l'affettata maniera country soul nella chiusura
con Money Road), riuscendo comunque ad assecondare
gli obiettivi della Cash: rievocare i suoi legami con la terra americana.
The
River & the Thread è un po' l'equivalente di quei prodotti della Hollywood più
impegnata e liberal: ufficialmente impeccabili e di solida impostazione narrativa,
a volte eccessivamente perfetti.