Chuck E. Weiss
Red Beans & Weiss
[
Anti
2014]

www.anti.com/artists/chuck-e-weiss

File Under: L.A.'s freak blues

di Fabio Cerbone (02/05/2014)

Outsider per vocazione, eccentrico, della stessa ingovernabile razza di lupi mannari della California che ha generato negli anni Tom Waits, Warren Zevon e Hunter Thompson, Chuck E. Weiss non è esattamente un musicista nei termini che si intendono nel music business di oggi (e neppure di ieri, se per questo). Semmai è un irregolare, un autentico spirito beat nei panni di intrattenitore, batterista di nascita, songwriter all'occasione, amico di Lightnin' Hopkins (che conobbe da ragazzo nel negozio di dischi dei genitori, in Colorado) e di Willie Dixon, affabulatore delle notti losangeline quando scorazzava con l'amico Waits e Rickie Lee Jones (Chuck E's in Love...ricordate?). A tempo perso incide anche dischi, con tutta la pazienza richiesta ad un personaggio che evidentemente non può e non vuole seguire le regole: per questo motivo lo ritroviamo soltanto a sette anni di distanza dal confuso 23rd & Stout, con una nuova opportunità per dare libero sfogo al suo blues nonsense.

Questa volta tuttavia, sempre con il sostegno mediatico (ed economico, visto che risultano come executive producers del progetto) di Johnny Depp e Tom waits, Weiss torna in carreggiata e sfoggia tredici episodi che rappresentano la quintessenza del suo stile. Siamo dunque ai livelli chiassosi e riusciti dei suoi primi comeback artistici alla fine degli anni 90, tra il godereccio Extremely Cool e il piccolo capolavoro Old Souls & Wolf Tickets, in quella terra libertina dove swing d'altri tempi, caldi ritmi voodooo, languide atmosfere jazzy e fangosi blues elettrici si incontrano per dare vita ad una festa degna del night club più pericoloso e malfamato che esista in città. Assecondato da una cricca di ottimi musicisti di area roots del sottobosco di Los Angeles, tra cui le chitarre di Tony Gilkyson e i tamburi di Don Heffington, nonché un paio di sassofonisti per una sezione fiati al pepe, Chuck E. Weiss fa letteralmente il bello e il cattivo tempo partendo dal boogie incalzante di Tupelo Joe e infilandosi tra cacofonie degne di Captain Beefheart e blues da ore tarde ereditati dal suo mentore Waits.

La prima parte di Red Beans and Weiss, splendida copertina infarcita di icone americane, si rivela la più stravagante, tra le sensuali e svagate cadenze jazz di Shushie, il talkin' funkeggiante di That Knucklehead Stuff e il gracchiare blues cubista di Bomb the Tracks, terreni su cui far viaggiare le liriche sragionate e gli scioglilingua del mattatore Weiss. Poi parte il piano boogie di una strepitosa Exile on Main Street Blues (Jagger e Richards ringraziano compiaciuti) e la festa può avere inizio: rock'n'roll appagante e divertimento assicurato per le prime file. Kokamo (Boy Bruce) è appena dietro l'angolo e cambia registro, verso il groviglio delle notti al Tropicana Hotel, mentre Hey Pendeyo fa un'altra pazza giravolta e punta dritta verso il Messico con una strampalata polka degna dei Los Lobos più alticci. Se cercate un appiglio, una coerenza, lasciate perdere perché il mondo di Chuck E. Weiss non prevede alcune metodologia, solo la follia del momento. Ed è per questo che si fa amare incondizionatamente: di caratteri così il rock'n'roll scarseggia in maniera clamorosa e allora via alle danze con l'accoppiata tutta eccitazione di Dead Man's Shoes e Old New Song, dove sax roboanti e chitarre elettriche si alternano facendo volare gli stracci, o ancora i mormorii e il violino psichedelico di The Hink-a-Dink e l'r&b appiccicoso di Oo Poo Pa Do in the Rebop, titolo che da solo vale il prezzo del biglietto.

Questo è il circo di Chuck E. Weiss signori e signore, e se vi scrollate di dosso un po' di sicurezze e di buone maniere troverete di che divertirvi.


    


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