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american rock and roll di
Paolo Baiotti (09/05/2018)
Dopo
avere raggiunto una popolarità notevole nel 2016 con Like
An Arrow (n. 1 nella classifica country, n. 12 in quella assoluta americana
e n. 8 in Gran Bretagna) al termine di un cammino iniziato nel 2004 e proseguito
con regolarità attraverso altri quattro albums e tre ep's, contrassegnato dalla
scelta di non seguire le mode, ma di affidarsi al passaparola e ai concerti, il
quintetto di Atlanta consolida la sua posizione con Find A Light,
che si attesta appena al di sotto dei dati del disco precedente. I Blackberry
Smoke sono una delle poche formazioni di rock contemporaneo legata agli anni
settanta popolare in Nord America e in tutta Europa e questo grazie ad una serie
di dischi di buona qualità, accompagnati da una gestione intelligente dell'immagine
e del merchandising. Ma dal punto di vista musicale si ha l'impressione che la
band sia in un momento di stallo.
Dopo The
Whippoorwill del 2012 e il passo falso di Holding All The Roses, soprattutto
per l'impatto negativo sul suono della produzione di Brendan O'Brien, Like An
Arrow e Find The Light hanno confermato pregi e difetti già noti, non mostrando
un'evoluzione e un passo avanti decisivo per raggiungere l'eccellenza. Credo che
i limiti del gruppo siano due: il primo è legato alla presenza di un solo leader,
Charlie Starr, unico compositore da solo o accompagnato da autori esterni come
Keith Nelson (ex dei Buckcherry) o Travis Meadows (già autore per altri artisti
come Dierks Bentley e Eric Church, da tempo collaboratore di Starr), cantante
e chitarra solista, il secondo a una mancanza di coraggio (o di capacità) nel
fare quel passo in più che divide un buon gruppo da un grande gruppo, nell'avere
quel tocco di genialità che sorprende l'ascoltatore. Quando ascolto un loro disco
so cosa aspettarmi e puntualmente lo ritrovo. Intendiamoci, non trovo nulla di
negativo, i pezzi scorrono piacevolmente, non c'è nulla di sbagliato, ma manca
quel pizzico di imprevedibilità che ritengo indispensabile.
Find A Light
inizia con il rock robusto di Flesh And Bone,
seguito dalla scorrevole Run Away From It All e da The
Crooked Kind, rock vorticoso alla Black Crowes con un gustoso break
rallentato. La ballata elettroacustica Medicate My Mind è resa interessante
dal break chitarristico psichedelico, mentre I've Got This Song ci ricorda
le influenze country del quintetto, con il violino di Levi Lowrey e la lap steel
di Charlie. Nella parte centrale emergono il rock trascinante di Best Seat
In The House e la notevole I'll Keep Ramblin',
traccia debitrice dei Lynyrd Skynyrd con Robert Randolph alla pedal steel, un
piano alla Billy Powell, evidenti influenze gospel nei cori, cambi di ritmo e
un finale entusiasmante, testimonianza delle capacità espresse solo in parte dalla
band. Anche Lord Strike Me Dead è un southern gospel, circondato da due
ballate come Seems So Far e la radiofonica Let
Me Down Easy, addolcita dalla voce di Amanda Shires. Nel finale
il rock anonimo di Nobody Gives A Dawn è seguito dalla brillante Till
The Wheels Fall Off, in cui emergono le tastiere di Brandon Still,
essenziale per il suono del gruppo e dal bluegrass di Mother Mountain in cui la
voce di Charlie è affiancata dai Wood Brothers. Molto curata la parte grafica,
che si apprezza maggiormente nell'edizione in doppio vinile.