L’ascesa lenta e continua
dei Whiskey Myers, texani di Palestine, ricorda quella dei georgiani
Blackberry Smoke. Gruppi che suonano un genere considerato superato, non
supportato dalle radio e dai media in generale, che basano la loro popolarità
quasi unicamente sul passaparola e sui concerti (i texani ne hanno suonati
più di 2000 in dieci anni di carriera). Guidati da Cody Cannon (voce e
chitarra), John Jeffers (chitarra solista, slide, lap steel e voce) e
Cody Tate (chitarra), ai quali si sono aggiunti il batterista Jeff Hogg
fin dalla nascita nel 2007 e più recentemente il bassista James Gleaves
e il percussionista/tastierista Tony Kent, hanno esordito con l’autoprodotto
Road Of Life, seguito nel 2011 da Firewater e tre anni dopo
da Early
Morning Shakes.
Una svolta parziale si è avuta con Mud,
che nel 2016 è salito al numero 4 della classifica country americana,
ma il vero colpo di fortuna è stata la partecipazione alla serie tv "Yellowstone"
di Kevin Costner (non solo nella colonna sonora, ma anche in carne e ossa
come band in un saloon) che ha impennato le vendite digitali su iTunes
dell’album e del singolo Stone, una ballata accompagnata da un
video legato alla serie. Forse per questo il nuovo album prende semplicemente
il nome della band come se fosse un nuovo inizio, segnando il passaggio
alla prima divisione, almeno come popolarità. E non a caso è entrato al
numero 6 nella classifica di Billboard, un exploit raro per un disco di
rock tradizionale, ispirato indiscutibilmente alla tradizione sudista,
in primis ai Lynyrd Skynyrd, seppur permeato da influenze rock e country.
Bisogna dire che per raggiungere questo risultato i ragazzi non hanno
tradito le loro origini, né ammorbidito la loro musica; anzi hanno lasciato
un produttore di fama come Dave Cobb, che aveva seguito i due lavori precedenti,
facendo da soli per evitare alcun tipo di condizionamento, registrando
in una ventina di giorni al Sonic Ranch Studio nei pressi di El Paso.
La partenza ruvida e sparata di Die Rockin’,
un rock skynyrdiano scritto da Cody con il venerando texano Ray Wylie
Hubbard e l’up tempo Mona Lisa tra sud e hard rock con una slide
pungente e i cori femminili venati di gospel delle McCrary Sisters testimoniano
l’energia e la carica della band, che non dimentica la passione per l’outlaw
country nella scorrevole Rolling Stone, ammorbidita dall’armonica
e dalla lap-steel di Jeffers. Pur non mancando un paio di tracce trascurabili
come Bitch e la scontata ballata California To Caroline,
il disco ha una freschezza e un’energia contagiose, sia nei tempi medi
di stampo sudista quali Gasoline e
Glitter Ain’t Gold, che nell’aggressiva e sporca
Kentucky Gold e nella cadenzata Hammer. Little More
Money e la riflessiva Running (con un finale alla Outlaws)
dimostrano la bravura del sestetto nel restare in equilibrio tra rock
e country, mentre la capacità di scrivere ballate credibili, già dimostrata
in passato, è confermata dall’intensa Bury My
Bones in cui spicca un mandolino delizioso e dalla malinconica
Bad Weather, che inizia come un brano di Jason Isbell, ma si sviluppa
con un crescendo chitarristico tipicamente southern.