La musica di Peter Case
- artista che mancava all’appello discografico da sei lunghi anni, tanto
è passato dall’ultimo album ufficiale in studio (HWY
62 del 2015) - emerge all’improvviso tra scariche statiche,
confuse voci di predicatori e annunci pubblicitari. Sono piccoli squarci
che si aprono tra le note di The Midnight Broadcast, immaginaria
ricostruzione di un viaggio notturno e solitario di Peter Case lungo le
highway americane, giocando con la manopola di una vecchia autoradio in
cerca della canzone giusta, quella che possa acquietare la sua anima.
Album in buona parte acustico, sostenuto dai parchi interventi di Bert
Deivert al mandolino e Lee Fortier all’armonica, fatto di sostanza folk
e blues, materie più volte ripercorse e omaggiate dal musicista californiano,
e costituito soprattutto da cover di vecchi tradizionali e repertorio
di artisti del cuore (l’unico brano ogirinale, Just
Hanging On, scritto a quindici anni), The Midnight Broadcast
è un’iniziativa affascinante più nel suo concepimento che nella resa finale,
per forza di cose frammentaria, un po' dispersiva nella sua fruizione,
a bassa fedeltà nell’impatto sonoro, qualcosa che sembra arrivare da un
appassionato esploratore dell’american music. Accolto in questo modo,
il disco rappresenta una curiosa parentesi nella carriera sempre coraggiosa
e un po’ ondivaga di Peter Case, qui nei panni di un musicologo che coglie,
tra una stazione e l’altra del suo itinerario on the road, il canto da
chain-gang di Stewball, i blues di Sleepy John Estes (Oh the
Morning/ President Kennedy) e Memphis Minnie (Bumble bee),
ritornando persino sui passi di quella Charlie
James che apriva il capolavoro di Peter, l’indimenticato The
Man with Blue Guitar. Nel mezzo spunta anche un Dylan di recente fattura
(Early Roman Kings, rivista con piglio
sonoro lo-fi e disturbi di elettronica) e uno appartenente al mito (la
chiusura con la rivisitazione acustica del classico This Wheel’s on
Fire).
Nel “flusso di coscienza” folk che attraversa l’intero The Midnight
Braodcast è persino difficile isolare alcuni momenti rispetto ad altri,
sebbene la spettralità della melodia di Grey
Funnel Line o il canto gospel di Captain Stormalong siano
tra i passaggi più intensi, anche per interpretazione vocale (e la voce
di Peter Case è fuor di dubbio che sia qui una delle migliori sorprese,
o semmai una conferma). Ciò che conta però sembra essere il continuum
che riporta in superficie questi frammenti di antologia americana, fantasmi
della cultura popolare i cui contorni musicali appaiono distanti e vicini
al tempo stesso. Peter Case si incarica di andarli a scovare non senza
una dose al tempo stesso di mistero e confusione, come se in quella radio
fosse rinchiuso un pezzo di America ormai perduta per sempre.