Quando non è impegnato nella
sua attività di house concert (adesso tramutata nelle dirette streaming,
causa pandemia), oltre che di organizzatore di un laboratorio per insegnare
scrittura musicale e persino di “cercatore di cibo” (proprio così!), esperto
di piante selvatiche e tecniche di sopravvivenza nella natura, Sean
Rowe si ricorda ancora di avere una carriera solista da mandare avanti.
Fatta eccezione per l’ep di cover Used Songs del 2019, passato
un po’ inosservato, era dal 2017, con l’uscita di New
Lore, che il folksinger di origini newyorchesi non dava segnali
di ripresa.
Espressione quest’ultima che non arriva a caso, perché quell’album, che
con il senno di poi ha segnato la chiusura del suo sodalizio discografico
con la Anti, mostrava un po’ la corda, con idee troppo ambiziose e a volte
semplicemente confuse sulla direzione da prendere: da una parte l’adesione
al linguaggio folk più profondo degli esordi (Magic) e le sue gradazioni
country dark (l’ottimo The
Salesman and the Shark), dall’altra qualche esperimento con
ritmi e suoni che forse dovevano ancora trovare un loro equilibrio inerno.
Rowe sembra quasi toccarlo con mano nel nuovo lavoro The Darkness
Dressed in Colored Lights, comparso senza grandi annunci e con
un cambio di “casacca” in questo autunno del 2021, ora pubblicato dall’indipendente
Fluff & Gravy, vivace etichetta di Portland, Oregon.
L’avvicinamento di Rowe è avvenuto grazie alla stima per la musica di
Anna Tivel, parte integrante della stessa scuderia Fluff & Gravy, coinvolgendo
quindi alcuni musicisti della band di quest’ultima, tra cui il batterista
Shane Leonard, il bassista Jeremy Boetcher e Ben Lester alle tastiere
e pedal steel. La collaborazione con Brian Joseph (apprezzato al fianco
di Bon Iver) nei suoi studi isolati tra le colline del Wisconsin e la
chiamata come complice del vecchio amico e produttore Troy Pohl rimettono
parzialmente le cose al loro posto, senza rinunciare ad ambientazioni
sonore più moderne e sfruttando sempre le atmosfere risonanti create dalla
voce di Rowe. È ancora lei la protagonista principale, a dare calore e
struggimento, a seconda dei casi, vagando tra le leggiadre carezze acustiche
di una ballata d’amore e sentimento come l’iniziale What
Are We Now e le contaminazioni tra pop d’autore e soul di To
Make It Real e Little Death, qui
coinvolgendo una sezione fiati a soffiare un briciolo di vento sulla rotta
del brano.
In altri passaggi la classica scrittura folk di Sean Rowe, come anticipato,
non rinuncia a un confronto con piccoli escamotage ritmici, ma con un
maggiore autocontrollo (Honey in the Morning, Rabbit Hole),
che evita di sconfinare nell’enfasi toccata in passato. Il baritono tutto
tremori soul del protagonista è ancora al centro dei riflettori, a volte
persino in maniera eccessiva, eppure inevitabile visto il fascino che
emana, mentre tutto intorno si costruisce un sound che strizza l’occhio
all’Americana (intensa l’interpretazione di I
Won’t Run) e alle ombre di Johnny Cash e Leonard Cohen, oppure
all’amato Tom Waits (Squid Tattoo), ma senza diventarne schiavo,
dilatando piuttosto gli ambienti di queste canzoni (Married to the
Lord, Tornado Head).
The Darkness Dressed in Colored Lights non evita del tutto qualche
eccesso di artificiosità nella produzione, ma si difende con emozioni
e calore umano.