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Drive-By Truckers
Welcome 2 Club XIII
[ATO 2022]

Sulla rete: drivebytruckers.com

File Under: rock'n'roll band saga


di Fabio Cerbone (09/06/2022)

Quasi quarant’anni di storia artistica - dalla fondazione della loro prima band, gli Adam’s House Cat, a metà degli anni Ottanta - Patterson Hood e Mike Cooley possiedono la scorza dura dei veterani e l’ostinazione dei veri sopravvissuti del rock’n’roll, portando avanti il nome e il prestigio guadagnato con i Drive-By Truckers, con ogni probabilità la più importante formazione "sudista" degli ultimi venticinque anni. Il quattrodicesimo album di studio del gruppo riflette per la prima volta in maniera esplicita su questo lungo percorso, cedendo qualcosa rispetto alla loro lucida visuale politica sull’America (e sulla loro martoriata terra), la stessa che ha marchiato a fuoco i più recenti album (soprattutto l’indispensabile American Band), volgendo semmai lo sguardo al personale, ai sogni e ai fallimenti degli anni giovanili, al passaggio del tempo, alla spietata legge della strada che qualsiasi rock’n’roll band prima o poi dovrà affrontare, con tutti i costi e le perdite annessi.

Welcome 2 Club XIII, nome e omonima canzone che evocano proprio uno dei locali di Muscle Shoals dove la loro avventura ha avuto un duro battesimo, si colloca così all’opposto rispetto all’impronta sociale che attraversava le canzoni di The Unraveling e The New Ok, offrendo l’esatta fotografia di un disco nato in tempi di post-pandemia, da un’esigenza di messa in discussione che forse andava colta adesso o mai più. Tre giorni di incisioni con il produttore storico David Barbe, poche smancerie e brani ridotti all’osso, Welcome 2 Club XIII restituisce un clima introspettivo e a giri ridotti del motore, che tuttavia soltanto a sprazzi coglie la vitalità rock dei Drive-By Truckers, qui chiusi in se stessi fra stralci di ricordi ed eccessiva autoanalisi. Il roccioso riff di chitarra virato hard rock che apre il racconto di The Driver in realtà si stempera subito in una lunga e sfilacciata storia di “gioventù bruciata” nel deep south, suggerendo il tenore di una raccolta che avrà la sua inevitabile chiusura nella speculare Wilder Days, ballata in tono minore dove Patterson Hood e compagni rimuginano con fare afflitto, chiedendo di tanto in tanto aiuto alle voci delle ospiti Margo Price e Schaefer Llana.

Nel mezzo emerge qualche rara fiammata, tutta appannaggio del compare Mike Cooley, il quale offre uno sprazzo di narrazione americana tipica del gruppo nell’acceso folk rock di Maria's Awful Disclosure (disamina storica su certo nazionalismo cristiano) e nell’esplosione di fiati ed elettriche di Every Single Storied Flameout, ma si tratta di piccole scintille dentro un racconto introverso e contenuto nella rabbia. C’è una latente patina di stanchezza che sembra adagiarsi inesorabilmente su molti di questi episodi: Shake and Pine e We Will Never Wake You In The Morning si trascinano in un agrodolce alternative country dal trasporto soul che tuttavia lascia queste canzoni in sospeso, quasi non finite; Forged in Hell and Heaven Sent si serve ancora del supporto di una voce femminile e saltella sulle ceneri country rock della band (prezioso il lavoro di Jay Gonzalez al piano elettrico), mentre l’ennesimo resoconto giovanile in Billy Ringo in the Dark non fa che reiterare un clima sonoro troppo trattenuto.

Nella loro carriera sono risorti diverse volte i Drive-By Truckers, persino in maniera insospettabile, li attendiamo fiduciosi nonostante in questa occasione lo stallo (che già si intravedeva all’orizzonte nei precedenti lavori) si protragga più del previsto.


    



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