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Charley Crockett
Visions of Dallas
[Son of Davy/ Goodfellas 2024]

Sulla rete: charleycrockett.com

File Under: Crockett #2


di Fabio Cerbone (29/11/2024)

Annunciato come il “$10 Cowboy Chapter II”, legandolo a doppio filo all’album precedente, Visions of Dallas completa il 2024 discografico di Charley Crockett, ormai sul piedistallo della scena country contemporanea, sebbene a debita distanza dalle produzioni più mainstream di Nashville. L’anima di Crockett è infatti sempre di più rapita dalle colorazioni vintage di una musica che si fa carico della classicità del genere, sorta di esteta del gesto country senza tuttavia rimanere imprigionato in una mera nostalgia e riproduzione del passato. La distanza rispetto ai pur bravi revivalisti là fuori risiede nel fatto che le sue canzoni non suonano come semplici imitazioni, semmai veri e propri classici dimenticati, come se fossero stati ripescati da una memoria condivisa eppure nascosta. Differenza sottile, direte voi, eppure sostanziale nel giudicare un musicista che ha fatto dell’aderenza a un canone non una gabbia stilistica in cui fossilizzarsi, ma un terreno di ricerca.

Lo conferma l’uscita di Visions of Dallas, largamente anticipato la scorsa estate da una pubblicazione in digitale (e un paio di singoli al traino) e adesso reso finalmente disponibile anche in formato fisico, dimostrando la qualità indiscutibile della raccolta e il momento di grazia vissuto da Crockett, già certificato proprio dal predecessore $10 Cowboy. Resta il dato innegabile della sua abbondanza discografica, una quindicina di album in una breve manciata di anni, ma è egli stesso a farsene beffe affermando che il ciclo del music business di un tempo se n’è andato per sempre e in contraddizione apparente con la sua figura di “passatista”, Charley vive nel presente dello streaming e si confronta con la modernità.

La risposta è in questa dozzina di brani, registrati negli Arlyn Studios di Austin in contemporanea con il citato $10 Cowboy e messi solo momentaneamente in disparte per dargli una forma più compiuta, un album omaggio alla città di Dallas, che è stata uno snodo centrale nella sua carriera. Il tutto è tradottto in sei originali e altrettante cover, ma la distanza fra le due categorie è pressoché annullata, tale è la capacità di Crockett e dei suoi musicisti (la stessa squadra che ha lavorato su $10 Cowboy, compreso il produttore Billy Horton) di tenerle insieme con la loro capacità interpretativa, oltre alla conoscenza dimostrata dal protagonista nello scegliere canzoni oscure, di cui offrire una personalissima versione.

Così, se la stessa Visions of Dallas potrebbe suonare come un fiammeggiante “residuo” abbandonato del country di fine 60s e risulta invece firmata insieme alla compagna Taylor Grace, allo stesso moso le riletture di Trouble and Misery (Hoyt Axton), Lonesome Feeling (brano di Bill Henson portato al successo dagli Osborne Brothers) o l’adorabile Crystal Chandeliers and Burgundy (a firma Jack Routh e incisa a suo tempo da Johnny Cash) sono brandelli della stessa visione di Crockett, honky tonk “comisco” e dal forte accento texano, come d’altronde non potrebbe non essere per un disco dedicato a Dallas. A completare la selezione speciale di cover ci sono una irresistibile Loser’s Lounge (Bobby Pierce) che a suo tempo piacque anche a Ringo Starr (registrata nel suo Beaucup of Blues, 1974), l’agrodolce malinconia della più conosciuta Loretta (Townes Van Zandt), qui interpretata da Crockett e band con toni più briosi, e infine la chiusura gospel country di Goodbye Holly, outtake di Bob Dylan tratta dalle incisioni per la colonna sonora di Pat Garrett & Billy The Kid.

Gettate nel calderone della scaletta di Visions of Dallas, tra l’epico galoppare western di Killers of the Flower Moon e il carnale blues di 20-20 Vision, annullano ogni distinguo fra originale e copia, lasciando al centro del proscenio un solo dominatore, Charley Crockett da San Benito, Texas.


    



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