Ancora illuminate
dalla luce fioca di un neon nel parcheggio di qualche motel perso nel
grande nulla americano, le “short stories” in musica dei Delines
alimentano un “romanzo” di perdenti, romantici, innamorati in fuga da
se stessi e dalla violenza del mondo, che è giunto al sesto episodio (contando
quattro album e un paio di ep) di un percorso artistico del tutto singolare.
Difficile tenerli stretti nelle maglie di una generica categorizzazione
Americana, perché la musica della band e i testi (che ne rappresentano
la nervatura) di Willy Vlautin sono qualcosa di assai più complesso,
concepiti secondo una sceneggiatura che si è fatta sempre più raffinata
nella sua colonna sonora, alla pari di una scrittura lirica che Vlautin
sembra avere direttamente trasposto dalla sua narrativa.
Conosciuto infatti più per la sua attività di scrittore, ormai consolidata
da sette romanzi (in gran parte tradotti ad opera di Jimenez edizioni),
e assai meno come mente e anima pensante prima dei Richmond Fontaine e
poi della creatura Delines, l’autore (e chitarrista) che si cela dietro
i racconti di Mr. Luck & Ms. Doom è lo stesso che ci ha
condotto per mano in questi anni tra i margini e il dolore composto di
“altri americani”, quelli che non si adattano, che sono stati espulsi
e che nonostante tutto ci provano, fallendo e rialzandosi in cerca di
un nuovo giorno di speranza. Per dare voce musicale ai suoi testi, Vlautin
ha trovato il perfetto contraltare nella presenza di Amy Boone,
musa sotto i riflettori dei Delines, oggi più che mai in Mr. Luck &
Ms. Doom, disco che accantona un po’ di austerità e dramma del precedente
The Sea Drift per abbracciare
storie di donne, soprattutto, in cerca di una via di uscita.
Lo ha chiesto direttamente lei al compagno Willy, così narrano le note
che principiano il nuovo album: “devi scrivermi finalmente una canzone
d'amore in cui nessuno muore e niente va storto o perderò la testa." Detto,
fatto, Mr. Luck & Ms. Doom almeno
fa un tentativo, alla maniera di Willy Vlautin ovviamente: l’omonimo brano
apre uno squarcio di luce su quelle che saranno comunque vicende di diseredati
e sconfitti, ma con un filo di agrodolce romanticismo che emerge dall’eleganza
consumata dettata dall’interpretazione della stessa Boone, sorte di moderna
versione a metà strada fra Bobbie Gentry e Dusty Springfield.
È lei l’epicentro attorno al quale si propaga il sound jazzato, languido
e notturno di questo album, a tratti più “vivace” e innervato di soul
rispetto al passato, in generale pensato come un cinemascope nei toni
crepuscolari che offrono la produzione classicamente da fine sixties di
John Morgan Askew e le pennellate delle tastiere e dei fiati di Cory Gray
(miracolosi in JP and Me), mentre la sezione ritmica di Sean Oldham
e Fred Trujillo si trattiene con il suo ondeggiare jazzy e vellutato.
Her Ponyboy è attraversata da una
chitarra riverbertata che ricorda il Glen Campbell del capolavoro Wichita
Lineman, Left Hook Like Frazier lascia entrare un raggio di
elegante luce country soul, mentre Sitting on the Curb torna alla
penombra di un amore infranto e il gioiello noir di Ther’s
Nothing Down the Highway lascia una macchia di inchiostro impercettibile
sulla pagina, ballata soffusa e asciugata fino all’ultimo respiro.
Disco che raccoglie storie di “disadattati e imbroglioni, in parte innamorati
e per contro in fuga dall'amore”, come sottolinea lo stesso Vlautin, Mr.
Luck & Ms. Doom è abitato da fantasmi personali (The Haunting
Thoughts, Don’t Go in That House Lorraine), da desideri di
liberazione (il coro che esorta la protagonista con “don’t be late Lorraine”
nell’abbraccio soul di Don’t Miss Your Bus Lorraine)
e da inevitabili angoli bui (la strepitosa cavalcata notturna di Nancy
& The Pensacola Pimp, la dolcemara Maureen’s Goen Missing,
tutta fremiti southren soul), personaggi aggrappati ciononostante alla
vita, all’attesa di una salvezza nello sguardo di un altro. Come tutti
noi, del resto.