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Crosby Stills Nash & Young
C'era una volta al Fillmore East (...con un pensiero a 4 Way Street)

- a cura di Donata Ricci -


RootsHighway mi chiede di scrivere qualcosa su Live at Fillmore East, 1969 di Crosby, Stills, Nash & Young, un inedito pubblicato solo quest’anno dalla Rhino. Ok rispondo, magari faccio un parallelo con il leggendario 4 Way Street, sua naturale pietra di paragone e pubblicato nel lontanissimo 1971. Già, perché c’è qualcosa di rassicurante nel ripetersi della storia: le stesse canzoni che ci infiammarono nell’età dei brufoli sono ancora qui, disponibili nella loro freschezza dopo oltre mezzo secolo, ora che i nostri tratti somatici sono inesorabilmente cambiati, ma il cuore pulsa ancora come un adolescente nell’istante esatto in cui parte l’arpeggio di Guinnevere o entrano in azione le lame elettriche di Wooden Ships. D’accordo allora, scriviamola. Ma poi succede uno di quegli scherzi che ti gioca la vita, una perdita improvvisa di un essere caro ed ecco che ti viene meno la lucidità necessaria a vergare una recensione canonica, di quelle fitte di date e nozioni più o meno necessarie, visto che si trovano a iosa nel web. E dunque, col vostro permesso, mi abbandonerò semplicemente a qualche breve pensiero esistenziale, di quelli che i dischi sono bravi a cavarci fuori dall’anima. Del resto, subito dopo l’uscita di Live at Fillmore East, 1969 sui social si è aperto un dibattito, come era ampiamente prevedibile: meglio questo o 4 Way Street?

4 WAY STREET per me e per la mia generazione ha rappresentato moltissimo. Un romanzo di formazione. Riandarci con la memoria significa riaprire le back pages della nostra adolescenza. Comprai il doppio vinile, usato, da un coetaneo che me lo cedette tra una partita e l’altra al circolo del tennis cittadino. La copertina era infarinata di terra rossa. Avevamo quindici anni e non ho mai saputo perché se ne fosse liberato. Me lo vendette a tremila lire e per me andava bene, la paghetta copriva l’esborso. Ma solo più tardi scoprii perché, come bonus, volle offrirmi un’aranciata al barettino del circolo: me lo aveva rivenduto ad un prezzo superiore a quanto lo aveva pagato lui stesso ad un altro ragazzo. Proveniva da una famiglia ricchissima mentre mio padre faceva l’operaio. Forse è lì che ho appreso i primi rudimenti della lotta di classe. In quante mani fosse passato quel doppio vinile, da allora rimasto saldamente nelle mie, non l’ho mai saputo. Ma so che, nonostante la scritta sulla quarta di copertina “Distribuzione Dischi Ricordi S.P.A. – Via Berchet 2 – Milano” (quindi stampa italiana) suonava benissimo sul mio giradischi economico e ancora oggi continua a trillare cristallino, confermandosi il mio formato preferito, anche dopo l’uscita della ristampa in doppio cd con bonus tracks pubblicata dalla Atlantic nel 1992.

LIVE AT FILLMORE EAST, 1969 è invece un benefit della maturità, di quelli cui ci sta abituando il mercato discografico. Certo, nel suo interesse strettamente commerciale, ma intanto ci fa stare bene. Nel frattempo dell’amato quartetto abbiamo perso David Crosby (a lui è dedicato il disco) e anche questo spiega tante cose sullo scorrere del tempo e sulle ferite che infligge. Eppure per la mia generazione questo doppio cd è una salutare conferma. Ci pizzichiamo le guance e constatiamo che, sì, esistiamo ancora. Le canzoni che abbiamo amato (ma basterà dire “amato” quando in realtà sono state nutrimento?) le ritroviamo ancora qui, esattamente dove e come le avevamo lasciate. E il bello è che hanno ancora un senso, con buona pace di chi le considera soltanto cibo liofilizzato per dinosauri. Questa è un’operazione benedetta ad uso di varie generazioni: dei giovani di allora cui viene offerta l’occasione di citare un’altra volta Dylan (“ero molto più vecchio allora, sono più giovane adesso”) e dei ragazzi di oggi, quelli di buona volontà interessati a capire da dove proviene la musica che seguono ma anche a scoprire chi fossero i loro genitori quando avevano la loro età.

Crosby, Stills, Nash & Young, Live At Fillmore East, 1969 [Rhino, 2024]

1. Suite: Judy Blue Eyes // 2. Blackbird // 3. Helplessly Hoping // 4. Guinnevere // 5. Lady of the Island // 6. Go Back Home // 7. On the Way Home // 8. 4 + 20 // 9. Our House // 10. I've Loved Her So Long // 11. You Don't Have to Cry // 12. Long Time Gone // 13. Wooden Ships // 14. Bluebird Revisited // 15. Sea of Madness // 16. Down By the River // 1.7 Find the Cost of Freedom





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