La storia dei Dream Syndicate, band di culto di Los Angeles, si compone
di più capitoli che si svolgono in due periodi diversi: il primo negli
anni Ottanta, il secondo a partire dal 2012 fino ad oggi e con un futuro
ancora da scrivere. La recente raccolta Live Through The Past, Darkly
(Label 51, 2024) assembla un dvd con il documentario How Did We Find
Ourselves Here? e come bonus un concerto a Los Angeles dell’84 e un
cd con la colonna sonora del documentario che raggruppa brani inediti
da concerti e sessioni radiofoniche di ogni fase della formazione.
How
Did We Find Ourselves Here?
Prodotto e diretto dall’olandese Emiel Spoelder, è il frutto di un paziente
lavoro di ricerca di materiale d’archivio durato parecchi anni e di interviste
con tutti i membri passati e presenti (eccetto Karl Precoda), con musicisti
amici tra i quali Chris Robinson, Russ Tolman, Stephen McCarthy, Chris
Cacavas, Howe Gelb e Ryan Adams, produttori e giornalisti del calibro
di David Fricke e Karen Schoemer.
Appassionante e scorrevole, il documentario si sofferma particolarmente
sulla nascita della band. Siamo nei primi anni ottanta quando Steve Wynn,
appassionato di rock fin dall’adolescenza, lavora in una radio della zona
di Los Angeles e con un ristretto gruppo di amici dell’Università di California
a Davis, trascinati dal punk, vive il sogno di suonare in una band. Ci
riesce con Kendra Smith e Russ Tolman (futuro True West) formando The
Suspects, considerati la prima band locale di new wave. Chiusa in breve
tempo questa esperienza, Steve torna a Los Angeles dove lavora nel negozio
di dischi della Rhino Records. Dopo avere conosciuto il chitarrista Karl
Precoda, appassionato di classic rock degli anni Settanta, chiama Kendra
al basso che suggerisce come batterista Dennis Duck. La prima jam è del
dicembre ’81; quindi entrano in studio con l’ingegnere del suono Paul
B. Cutler per registrare il 31 gennaio ’82 un EP per la Down There Records,
esordiscono al Club Lingerie di Los Angeles grazie a un contatto di Dennis
e poi vengono notati dalla Slash che supporta la registrazione in tre
giorni di The Days Of Wine And Roses, pubblicato a ottobre.
In pochi mesi attirano notevoli attenzioni da critici e pubblico, suonando
anche a New York nel febbraio dell’83. Improvvvisamente Kendra lascia
il gruppo prima di un tour importante come spalla degli U2 e viene sostituita
da Dave Prevost. Il suono si modifica riducendo l’influenza dei Velvet
Underground e aumentando quella di Neil Young (parole di Steve Wynn),
un’evoluzione che trova la sua maturazione nel secondo album The Medicine
Show, frutto di una registrazione di mesi, faticosa ed estenuante,
anche per scelta del produttore Sandy Pearlman (Blue Oyster Cult, Clash),
voluto soprattutto da Precoda. La frustrazione di Wynn per la durata delle
incisioni viene fuori dalle sue dichiarazioni e da quelle di Pearlman,
che riflettono visioni contrapposte; il musicista vive il suo periodo
peggiore mentre si guasta il rapporto di amicizia con Precoda. Intanto
la band ha firmato per la A&M, che ha finanziato le registrazioni e pubblica
il disco nel maggio dell’84. Seguono un tour come spalla dei REM e la
sostituzione di Prevost con Mark Walton, suggerito da Precoda. Vengono
anche aggiunte le tastiere di Tommy Zvoncheck, che creano dinamiche interessanti
con le chitarre, come testimoniato dai concerti di quel periodo.
Se il pubblico americano non apprezza più di tanto il secondo album, in
Europa la popolarità della band è in aumento. Durante il primo tour giapponese
il rapporto tra il cantante e Karl si interrompe bruscamente, tanto che
Wynn decide di sciogliere il gruppo a fine anno. L’interruzione è di breve
durata perchè durante le registrazioni del disco di Danny & Dusty con
Dan Stuart, Steve approfondisce la conoscenza con Cutler e decide di ripartire
con lui come nuovo chitarrista, decisione supportata da Dennis e Mark.
Out Of The Grey viene pubblicato nell’86 dalla Big Time, dopo che
la A&M ha liberato la band dal contratto abbuonando anche il forte debito
accumulato per registrare The Medicine Show. Il suono si evolve
con Cutler, che aggiunge elementi sperimentali, jazz e punk allo stile
del suo predecessore. Se il disco è influenzato dal suono meccanico degli
eighties, non mancano canzoni di qualità; in Europa i Dream Syndicate
sono sempre più popolari e suonano al festival di Roskilde davanti a 500.000
persone sostituendo all’ultimo momento The Cult, mentre in America vengono
un po’ dimenticati.
Questo aspetto si accentua con Ghost Stories uscito nel giugno
’88, prodotto da Elliot Mazer (Neil Young): il tour europeo di due mesi
è molto positivo, ma le date americane non funzionano. Parecchie vengono
annullate per la scarsa vendita di biglietti convincendo la band a mollare,
anche perchè Cutler durante il tour lascia i colleghi senza preavviso.
Il concerto di San Francisco del dicembre ’88 è l’ultimo, il giorno dopo
salta quello di Santa Clara e la prima parte della storia si conclude
con la pubblicazione del formidabile album dal vivo Live At Raji’s.
Passano gli anni, Steve si dedica a una carriera solista in cui interpreta
anche brani dei Dream Syndicate con il chitarrista Jason Victor finchè,
ingaggiato per un festival a Bilbao nel 2012, non potendo portare né
i Miracle 3 né The Baseball Project (la sua seconda band formata
con Peter Buck dei REM), chiama Jason Dennis e Mark ripresentando i Dream
Syndicate.
Da qui parte il secondo capitolo della storia che dura ancora con ben
quattro album in studio a partire da How
Did I Find Myself Here? del 2017 prodotto da Chris Cacavas (che poi
entra nella band come tastierista), riscontri positivi da ogni parte accompagnati
da numerosi tour in Europa e negli Stati Uniti. Il documentario si chiude
con le registrazioni di Ultraviolet
Battle Hymns And True Confessions del 2022, mettendo in luce la diversità
di ogni disco inciso dalla band e l’atmosfera rilassata tra i musicisti.
Presentato in alcune sale cinematografiche europee e americane, il documentario
è disponibile in streaming su Amazon Prime e Vimeo, nonchè in formato
fisico in questo doppio della Label 51.
Live
From The Roxy L.A. 1984
La parte video è completata da un concerto inedito registrato il 20 giugno
1984, pochi giorni prima della data del 7 luglio dalla quale è stato tratto
il mini album This Is Not The New Dream Syndicate Album…Live (A&M
1984). La qualità video è discreta con un paio di tagli, quella audio
migliore, lo show eccellente presentando integralmente The Medicine
Show più tre brani dall’esordio. La formazione è quella a cinque
con Zvoncheck alle tastiere, Wynn alla voce e chitarra, Precoda alla chitarra
solista, Duck alla batteria e Walton al basso. L’impatto della band è
notevole con un suono rock intenso e potente, a tratti psichedelico, guidato
dalla voce di Steve, che ha uno sguardo tra lo spiritato e l’assente e
dalla chitarra esplosiva di Precoda, che ha delle pose da rockstar e non
guarda quasi mai il cantante. Tra i brani spiccano due versioni di The
Medicine Show, la prima di Steve da solo che apre il concerto, la
seconda full band formidabile, una rabbiosa e heavy Burn, una distorta
e tiratissima John Coltrane Stereo Blues, una sporca The Days
Of Wine And Roses e Merritville, springsteeniana nell’intro
di piano ed epica nel suo sviluppo.
Live
Through The Past, Darkly
La parte audio curata da Pat Thomas (autore e produttore nonchè amico
ed esperto della band) non è solo la colonna sonora del documentario,
in quanto oltre ai brani inseriti nel video (spesso solo dei frammenti)
aggiunge una traccia del 2023. Si parte con The Medicine Show dal
Roxy, anno 1983 con un finale molto jammato, proseguendo con Still
Holding On To You con Kendra Smith dello stesso anno e una bruciante
Halloween dell’anno successivo, ultimo brano con Precoda. Il chitarrista
Paul B. Cutler è presente in tre brani tra i quali l’inquietante Now
I Ride Alone e l’incalzante cover di See That My Grave Is Kept
Clean del bluesman Blind Lemon Jefferson. Saltiamo al 2014 con That’s
What You Always Say in cui si apprezza l’apporto di Jason Victor,
devastante in How Did I Find Mysel Here? del 2017. Dopo le recenti
Glide e Bullet Holes si chiude con l’epica John Coltrane
Stereo Blues da Londra 2023 in cui la chitarra è affidata a Vicki
Peterson (The Bangles) che in quel tour inglese ha sostituito Victor.
Abbiamo così modo di ascoltare un’altra versione della band, meno dura
e sperimentale, con un lunga jam in cui vengono citate Morning Dew
e Little Johnny Jewel, degna conclusione di una raccolta da consigliare
non solo ai completisti.
See
That My Grave is Kept Clean (Live in Vitoria Gasteiz, Spain, 1988)
Still
Holding On To You (Live at Club Lingerie, Los Angeles, 1983)