:: Langhorne Slim
I'm just a country boy

Sarà successo a tutti gli appassionati di musica, così come agli assidui ascoltatori della radio di innamorarsi di una canzone o di una voce e di materializzare attorno a questa idea astratta delle fantasiose figure umane con degli artificiosi paesaggi di contorno, per poi scoprire che le immagini costruite dai suoni non avessero nessun solido riscontro nella realtà. Così, a seguire con la mente e con le orecchie le 16 tracce del disco d'esordio di Langhorne Slim ci si poteva spingere in audaci confronti artistici ed appigliarsi a qualcuno dei luoghi comuni in uso per i cantori solitari dell'America rurale. Il ragazzetto spettinato della copertina avrà probabilmente vissuto la sua misera infanzia senza gli affetti dei propri familiari, imparando i primi rudimenti della chitarra da un vecchio contadino di colore oppure avrà lasciato i genitori in tenera età per dar sfogo alla sua arte in un pericoloso percorso fatto di musica, donne ed alcol. Tutto falso, ovviamente. La storia è un'altra e quell'affascinante aura di mistero che quel volto e quelle canzoni nascondevano è destinato a lasciare il posto ad una folgorante e lucida personalità artistica. Poco male, nel corso dell'intervista che ci ha concesso in occasione del concerto tenuto al Blue Dhalia di Marina di Gioiosa Jonica, Sean Scolnick ci ha dato l'impressione di uno con le idee ben chiare, conscio del proprio talento e deciso a non disperderlo, innamorato delle proprie radici e della tradizione musicale americana, armato solo di una sana stravaganza che traspare dall'abbigliamento e dal modo di esprimersi sul palco. Al di là delle considerazioni banali sull'origine del suo pseudonimo (un chiaro omaggio al proprio paese d'origine ed ai padri del blues) e su collaborazioni e paragoni stilistici (la produzione del disco è affidata al figlio di Victor DeLorenzo, ergo si sente un'influenza delle Violent Femmes), ciò che davvero rimane dopo il nostro colloquio è la consapevolezza di trovarci di fronte ad un musicista in continua crescita, con un gran futuro e destinato a sollecitare oltremodo la curiosità e la fantasia di tutti coloro che proveranno a conoscerlo attraverso le sue canzoni.
(di Domenico Grio - Traduzione di Maurizio Marafioti)


L'intervista

Iniziamo dalla fine. Il tuo primo album When the Sun's Gone Down è stato inserito nella lista dei Plug Awards 2006 nella sezione Americana. Che impressione ti ha fatto vedere il tuo nome, quello di un esordiente assoluto, accanto a gente come Daniel Lanois, Devendra Banhart, Iron & Wine e Calexico?

Mi ha fatto molto piacere essere accostato a questi nomi. Mi sono sentito davvero molto lusingato.

I vincitori di quest'anno sono stati Iron and Wine/Calexico con il disco In the Reins. Cosa ne pensi?

Penso siano grandiosi! (segue una gran risata, ndr) No, scherzi a parte, devo dire che non li conosco in maniera così approfondita anche se quello che ho ascoltato mi è molto piaciuto. La stessa cosa vale per Daniel Lanois e Devendra Banhart. La loro musica, almeno ciò che conosco, è interessante e questo li rende degni di grande ammirazione.

Ritieni che il cosiddetto alternative-country sia ancora vivo come genere musicale? Credi che possa ancora essere considerato una forma espressiva a sé stante?

Non ho idea. Personalmente non mi sono mai soffermato a pensare se la mia musica sia alternativa, country o quant'altro. Non mi piace catalogare la musica che suono e non capisco la gente che si preoccupa di dare delle etichette a ciò che ascolta. Quello che posso dire è che io mi sento vivo e vegeto e mi piace pensare che anche la mia musica lo sia.

Cosa pensi, ad esempio, degli Uncle Tupelo. Hanno avuto qualche influenza sulla tua musica?

E' un altro di quei gruppi che conosco molto bene di fama ma di cui so poco a livello musicale. Molta della musica che ascolto ora che ho 26 anni è la stessa di quella che ascoltavo quando ne avevo 12/13. Sotto questo profilo non sono mai cresciuto. Tutti questi nomi che hai citato sono tutti artisti di cui parlano i miei amici e che io, di tanto in tanto, ascolto. La loro musica mi piace ma non rientra, per intenderci, nel tipo di musica che compro.

Con quale tipo di musica sei cresciuto?

Sono cresciuto con i musical (adoro West Side Story!), con il Rock'n'roll ed ascoltando classici come i Beatles, gli Who ed i Rolling Stones. Quando ero alle superiori ho iniziato ad avvicinarmi a gruppi come i Nirvana e ad altre band all'epoca molto popolari ed alle quali, in qualche modo, mi sentivo legato. Sempre ai tempi del liceo ho conosciuto una ragazza che era una sorta di fidanzata. Lei e la sua famiglia ascoltavano il folk ed il blues, musica di cui non conoscevo molto e che ho subito imparato ad apprezzare. Ad ogni modo, a me è sempre piaciuto il rock ed il punk rock, così come il R&B ed il soul. In pratica adoro ogni tipo di musica e credo di potere tranquillamente affermare di avere amato tutti questi generi musicali. Da un paio d'anni suono assieme ad altri due ragazzi (Malachi DeLorenzo alla batteria e Paul DeFiglia al basso), prima ero da solo, mi accompagnavo con la chitarra acustica e la mia musica gravitava intorno al folk, al blues ed al country. Ognuno di questi generi per me ha sempre avuto lo stesso grado di intensità e di passione, quella stessa intensità e passione che puoi trovare anche nella musica punk o, per esempio, nelle canzoni di Otis Redding. Non faccio davvero distinzioni di genere. Louis Armstrong un giorno disse: "ci sono solo due tipi di musica, la buona e la cattiva musica". Io sono completamente d'accordo con questa affermazione.

Nella tua musica, come nel country delle origini, ci sono dei chiari riferimenti al folk d'Irlanda (vedi, per esempio, il brano Loretta Lee Jones) ed alla tradizione canora dell'Europa dell'est. Questi richiami nascono da una specifica conoscenza di queste culture musicali?

No, non ho nessuna idea. Ho ascoltato della musica folk irlandese ma se in qualche modo ne ho fatto riferimento in parte della mia musica ciò è stato del tutto causale

Strano, persino il tuo nome, Sean, è tipico irlandese...

Si, è vero, ma questo è solo perché i miei genitori erano molto confusi. Non ho alcuna discendenza irlandese. Sono nato ebreo ed i miei antenati provenivano dalla Polonia e dalla Russia. I miei genitori amavano il nome Sean, tutto qui. Il nome di mio fratello, invece, è John e Sean in gaelico ha lo stesso significato. Si tratta solo di nomi. Sia il mio che quello di mio fratello ci sono stati dati in ossequio a dei familiari scomparsi. Ciò che i miei genitori hanno fatto è prendere le iniziali del nome. Per esempio, il mio deriva da un parente che si chiamava Samuel. Così, invece di chiamarmi Samuel mi hanno chiamato Sean. Non so se ha alcun significato ma è così.

Il fatto che la produzione del disco sia stata curata da Malachi DeLorenzo non ha fatto altro che accostare il tuo nome a quello delle Violent Femmes ed aumentare i dubbi sull'originalità della tua musica.

Dovresti parlarne con quello che ha sostenuto questa tesi e farti chiarire cosa intende per finto e cosa per reale. Si, Malachi è il figlio del percussionista delle Violent Femmes ma penso che non ci siano altri punti in comune con il gruppo di suo padre. Credo che nella musica che io faccio il suono rappresenti ciò che è attuale e reale per me e sia necessariamente il frutto delle mie personali valutazioni critiche, così come credo che la stessa cosa valesse per le Violent Femmes. Alla gente può piacere o non piacere la musica che faccio. Io non sono un dottore, un pittore o un matematico, scrivo musica perché è la cosa più reale per me. Per cui se a qualcuno la musica che suono può sembrare finta è solo perché probabilmente non ha capito bene ciò che voglio trasmettere.

Stilisticamente, oltre che alle Violent Femmes, vieni accostato a Will Holdham o a Shane Mc Gowan, per nominarne solo alcuni. Per quanto ci riguarda, invece, la tua musica sembra una specie di cow-billy, molto legata alle radici ma con una profonda attitudine punk. I Cramps che fanno cover di Jimmy Rodgers, per intenderci. Cosa ne pensi?

Si, mi piace molto questa cosa dei Cramps che suonano le cover di Jimmy Rodgers. Jimmy Rodgers è uno dei miei musicisti preferiti. LeadBelly è un altro. Per quanto riguarda il folk ed il blues mi piacciono anche Hank Williams, Son House, Mississippi John Hurt e Blind Willy Mc Tell.

E' molto curiosa la foto sul retro del tuo album. Ci sei tu in mezzo con la chitarra, un vecchio televisore, un giradischi, un enorme pesce attaccato alla parete e, soprattutto, una grande immagine di Louis Cyr, un canadese che negli anni 20 era considerato l'uomo più forte del mondo. Cosa rappresentano per te questi oggetti e come sono finiti sulla copertina del tuo album?

La fotografia è stata scattata nello scantinato di mia madre. I miei genitori hanno divorziato quando avevo due anni e mio padre ha lasciato alcune delle sue cose in casa. Una di queste era il puzzle dell'uomo canadese più forte del mondo. Puzzle incollato ed incorniciato. Solevo andare nello scantinato di mia madre a scrivere canzoni, suonare lì per non disturbare la mia famiglia. In sostanza, quella che vedi nella foto è parte della casa in cui sono cresciuto ed è stata messa in copertina perché ha un grande valore sentimentale.

Con il tuo nuovo lavoro sei passato ad una major. Come ti sei trovato?

La collaborazione con la nuova etichetta V2 è ottima anche se ancora è tutto nuovo. Quello che abbiamo fatto finora è l'EP di lancio (Engine). All'inizio di aprile uscirà il nuovo album. Quanto alla vecchia casa discografica, era giunto il tempo di cambiare.

Come sarà il tuo nuovo album? Ci sarà qualche collaborazione importante?

Spero sia un bel disco e spero che le collaborazioni siano interessanti. Rispetto al primo lavoro, la più grande differenza è costituita da un ragazzo di 27 anni che suona e produce anche il disco e con il quale non abbiamo mai lavorato assieme in passato. E' un ottimo pianista ed un nostro grande amico. Ha una casa nel Maine con una piccola sala di registrazione. Siamo andati lì ed abbiamo provato per due settimane senza interruzione. L'ultimo disco aveva più banjo ed un'influenza bluegrass, questo disco è diverso, con più piano. Sono passati alcuni anni ed il mio modo di scrivere musica è decisamente diverso.

Hai lasciato la provincia per New York. E' una città molto bella ma complicata. Come ti sei trovato a livello umano ed artistico e con gli affitti delle case? E' questa, come dici nelle note del tuo album, la strada giusta per tornare presto a casa? Tornerai a casa?

Sono già tornato a casa. Non abito più a New York. Ho vissuto lì per circa 7/8 anni, in molte case diverse. Sono andato alla scuola d'arte di N.Y., ho vissuto per un po' a Brooklin. Quest'anno è stato particolarmente fortunato per noi perché, qualunque fosse la nostra casa, raramente vi abbiamo fatto ritorno. Abbiamo viaggiato molto e siamo stati in tour tutto il tempo. In queste condizioni fermarmi per due settimane a New York sarebbe stato troppo. Non sarei riuscito a rilassarmi e tutti i guadagni del tour sarebbero volati via in un paio di giorni. Adesso, quando torno a casa, vado direttamente a trovare mia madre ed i miei nonni in Pennsylvania. Fra poco ci andrò nuovamente e subito dopo partirò per S. Francisco.

Il tuo nome d'arte è il nome del tuo paese?

Si, lo è. Si trova in Pennsylvania.

Cosa ti è piaciuto di questo viaggio in Italia?

Questa è la mia seconda volta in Italia. Mi piace il vostro Paese. E' così diverso dai posti in cui sono abituato a vivere ed in cui sono cresciuto. Ritornerò il prossimo anno dopo l'uscita del nuovo album.

Un'ultima curiosità, ti piace di più suonare dal vivo o in sala di registrazione?

Assolutamente dal vivo. Ancora devo capire come fare a suonare in sala di registrazione così come faccio dal vivo. Comunque mi piace di gran lunga suonare di fronte al pubblico.

 

 


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