Beyond: un treno che passa nella notte
Il nuovo disco dei Lowlands, un'avventura rock tra la fine di qualcosa e l'inizio di qualcos'altro

A cura di Paolo Zenone

Due anni dopo Gipsy Child , i Lowlands tornano con un nuovo disco, Beyond, che si presenta in modo decisamente rock. Nel frattempo la band non si è mai fermata, tra tributi (For You 2 per l'etichetta Route 61, dedicato a Bruce Springsteen, e A Day in The Life, omaggio di band pavesi alla musica di John Lennon) e altri progetti, dal disco "scozzese" con Donald e Jen McNeill all'EP per il Record Store Day, al recente album dedicato a Woody Guthrie. Incontriamo il leader della band, Edward Abbiati, in una notte di fine estate, e percorriamo insieme a lui tutta la storia dei Lowlands, dai loro inizi fino al tour con cui stanno portando Beyond in giro non solo per l'Italia ma anche all'estero, in particolare nel Regno Unito. E' notizia di questi giorni infatti che Beyond verrà pubblicato a fine novembre sul mercato inglese dall'etichetta Stovepony, segno del crescente interesse per la musica del gruppo dopo le esibizioni internazionali.


foto: © Paolo Zenone

www.lowlandsband.com


L'intervista
(a cura di Paolo Zenone)


Ed, oltre a essere un musicista, sei un grande appassionato di musica: ci racconti come le due cose siano andate di pari passo?

All'inizio degli anni 90 vivevo tra Gran Bretagna e Australia, e in quel periodo suonavo molto, ero anche entrato in studio a registrare qualcosa. Poi nel 2003, nel pieno post 11 settembre, sono tornato in Italia, a Pavia, e mi sono accorto che qui mancavano gli artisti che piacevano a me e che avevo visto all'estero, e quindi ho deciso di portarli dalle mie parti, offrendo loro il mio letto o un divano per passare la notte, ed è così che tutto è cominciato. Tim Rogers è stato il primo a venire, poi i Marah e tanti altri. Per quanto riguarda la mia musica, stavo quasi per chiuderla in un cassetto, ma poi l'amico batterista Giovanni Novara ha organizzato una jam, che in realtà era una mezza imboscata per farmi suonare i miei pezzi. Lì ho conosciuto Simone Fratti, il mio futuro bassista, abbiamo suonato Lately, Gypsy Child e altre canzoni, e ci siamo trovati bene. Ricordo anche che all'uscita dallo studio, quella notte ha nevicato, e l'ho preso un po' come un segno. Qualche tempo dopo un amico americano mi ha chiesto di suonare per un tributo dedicato ai Gourds (Austin, Texas), e allora insieme a Giovanni e Simone, e poi anche a Stefano Speroni - con cui avevo suonato a Londra - e Simone Prunetti nel febbraio 2005 abbiamo inciso proprio Lowlands, alla nostra maniera, senza che il gruppo avesse ancora un nome. Quanto stava uscendo dalle nostre suonate ci è piaciuto, e abbiamo iniziato a pensare di registrare i miei pezzi.

Quello è stato l'inizio, poi abbiamo registrato per prima In The End, e quasi tutto The Last Call è stato "un pezzo al giorno", entravamo in studio la mattina e ne uscivamo la sera con il brano finito, anche perché quello era il budget e bisognava farselo bastare. Ricordo che abbiamo registrato Like A Rose, The Last Call e forse In Between il 2 o 3 gennaio, quando lo studio era libero e costava poco… Sono bei ricordi, anche se forse mogli e fidanzate non la pensavano allo stesso modo (ride). Nel frattempo la band è cambiata, a disco quasi finito è arrivata Chiara Giacobbe a fare le sue parti al violino, mi è piaciuta molto ed è rimasta nei Lowlands. E così, nell'aprile del 2008 esce The Last Call, circa tre anni dopo l'inizio delle registrazioni; era nato in modo quasi timido, senza pensare a tutta la struttura e al disco in sé… Provavamo in una saletta nel pavese che era la vecchia cella di un monaco, non si poteva suonare durante la messa, e quando si picchiava sulla batteria veniva giù l'intonaco. Ora quel tempo è passato e stanno ristrutturando l'edificio, ma proprio l'altro giorno Simone mi ha fatto vedere una vecchia Polaroid di quel tempo, con quella formazione.

Poi avete cominciato a portare The Last Call nei locali, è uscito l'articolo sul Corriere della Sera, e siete tornati in studio.

Abbiamo cominciato il tour già nell'inverno 2008, ma l'articolo sul Corriere è uscito (nel marzo 2009) dopo che la band si era fatta conoscere all'estero. In quel periodo organizzavo qualche concerto a Pavia, ma non dicevo quasi a nessuno che stavamo registrando, un po' forse per pudore e un po' per non voler imporre nulla a nessuno. Molte persone che mi conoscono, e forse anche i miei genitori, hanno saputo del disco quando è uscito l'articolo sul Corriere. La formazione con cui abbiamo portato il disco in giro era formata da Simone Fratti al basso, Stefano Speroni e Roberto Diana alle chitarre (Roby ci aveva fatto da fonico durante le registrazioni di alcuni over dub di voce), Chiara Giacobbe al violino, Philip Ariens Mercaldo alla batteria e da me. Dopo qualche mese di tour siamo tornati in studio, questa volta a Viguzzolo, e abbiamo inciso un EP (EP VOL. 1), grazie anche al fatto che il nostro brano Lullaby era stato "comprato" da una Casa farmaceutica per una campagna pubblicitaria - anche se poi all'ultimo momento hanno optato per altro - e questo ci ha di fatto finanziato le registrazioni.

Parliamo proprio di tour: i live sono un momento molto importante per i Lowlands.

Fin dall'inizio abbiamo sempre cercato di andare ovunque, vicino e lontano, in Italia e all'estero. Non ci piace l'idea di essere dei "local heroes" solo vicino a casa nostra, ma preferiamo andare alla ricerca di tanti posti diversi. Abbiamo suonato molto in Gran Bretagna, e devo dire che tornare da headliner per la quarta volta in quattro anni a Londra è una grande soddisfazione. Cerchiamo sempre di tornare dove siamo stati, aggiungendo posti nuovi, magari suoniamo per tre persone a Galway e la sera dopo abbiamo la sala piena a Dublino… La nostra "filosofia live" è sempre stata questa, non limitarci a trenta o più concerti all'anno tra Milano e Pavia, ma cercare di toccare più aree possibili, sia geografiche che musicali. Siamo sempre stati accolti bene, quasi in tutti i posti dove abbiamo suonato ci hanno chiesto di tornare, e con noi è tornato il pubblico, siamo riusciti a fare lo spettacolo che volevamo, e per questo mi sento fortunato. Va anche detto i Lowlands riescono a suonare alla stessa maniera a prescindere dal pubblico, comportandoci come se stessimo facendo qualcosa di importante, perché è così che la pensiamo, e credo che chi ci viene a vedere questo lo capisca e lo apprezzi.

Arriviamo quindi a Gipsy Child.

Gypsy Child è il primo pezzo che ho scritto; l'avevamo già suonata dal vivo in più occasioni, e alla fine siamo entrati in studio per registrarla, e con quella tutto il resto del disco. Roberto Diana ha prodotto l'album insieme a me - avevamo già collaborato sull'EP - anche perché abbiamo approcci differenti che insieme funzionano in modo perfetto. Entrambi pensiamo che in studio bisogni lavorare per il bene del disco, magari non privilegiando la perfezione tecnica, ma più il sentimento, il groove. La gestazione di Gipsy Child è stata molto lunga, ci sono voluti quasi diciotto mesi dalla prima registrazione all'ultima, e alla fine non mi sorprende che all'uscita del disco - settembre 2010 - ci siano stati dei problemi nella band. Eravamo esausti. Nonostante tutto, ho un bel ricordo di quella che credo sia l'ultima vera data di quella band, al festival "Balla coi cinghiali" di Savona: il gruppo prima di noi, sul palco "Roots", cover dopo cover era riuscita mandare via tutto il pubblico, e siamo saliti sul palco con solo il fonico davanti a noi. Ma a fine show il parterre era pieno, la gente era tornata. Poi però sia l'attività in studio che quella live erano diventate fin troppo presenti nella vita di tutti i membri dei Lowlands, questo ha portato a qualche problema interno, abbiamo dovuto cancellare un tour in Scozia, e abbiamo confermato un paio di date qui intorno giusto per salutarci. Dal mio punto di vista l'avventura avrebbe anche potuto finire lì, ma c'era un disco da promuovere, in Inghilterra ci chiedevano delle date, e alla fine ho deciso di andare avanti. Sono arrivati Francesco Bonfiglio al piano (che aveva già partecipato alle sessions di Gipsy Child), Manuel Pili al basso e Alex Bonacci alla batteria, con grande coraggio sono saliti a bordo, e dopo appena quattro prove siamo partiti per la Gran Bretagna, studiando la struttura dei pezzi in macchina.

Di fatto il tour è proseguito fino a giugno 2011, alla festa per i 25 anni di Spaziomusica.

Abbiamo fatto tante date, da quelle natalizie, in una chiesa, a un paio di date nelle carceri di Alba e Vigevano, fino appunto al concerto per Spaziomusica, una serata bellissima davanti a più di duemila persone, nel castello di Pavia. Quella sera sono anche riuscito a rompere la mia chitarra: su Only Rain, il primo pezzo del nostro set, non mi sentivo nei monitor di palco, e quando finalmente la mia chitarra è apparsa su What Can I Do, le ho tirato un pugno, sfondandola, ma in qualche modo ha retto fino alla fine. Dopo quel concerto abbiamo fatto ancora qualche data, ma poi ci siamo fermati, una lunga coda di situazioni ha fatto sì che la band così non potesse andare avanti. Ci siamo fermati, e anche in quel caso per me la questione era chiusa, ma ho il piccolo problema che quando porto in giro un disco ne ho già in testa un altro, e questo era uno di quei casi…

Stai parlando di Beyond, il nuovo disco dei Lowlands.

Esatto: lo avevo in testa già da un po', con Roberto e Chiara avevamo già lavorato alla pre-produzione, ma bisognava decidere cosa fare e come proseguire. Alla fine, abbastanza d'istinto e gettando il cuore oltre l'ostacolo ho fatto un paio di telefonate e ho deciso di fare il disco. Ero rimasto in contatto con Joey Huffman (Soul Asylum), che si era reso disponibile a produrre un album per noi, ma avevo bisogno di una sezione ritmica, perché Manuel e Alex (e anche Chiara) nel frattempo avevano lasciato il gruppo. Il disco che avevo in mente era ritmico, molto rock, quasi basato su basso e batteria, senza individualismi o personalità singole, una sorta di disco corale, un treno che passa nella notte con tanti rumori che vanno tutti in una direzione. Qualche tempo prima avevamo conosciuto Rigo Righetti, e speravamo di fare qualcosa insieme a lui e a Robby Pellati, non appena calendari e pianeti si fossero allineati. Li ho trovati vitali e ancora affamati di musica nuova e per niente seduti sugli allori, gli ho proposto di entrare in studio con noi e hanno accettato. In meno di una settimana abbiamo finito il disco.

Siamo a fine 2011, ma Beyond non era l'unico progetto di quel periodo, in realtà i Lowlands non si sono mai fermati.

Anche se il nostro ultimo album in studio "ufficiale" risale al settembre 2010, i Lowlands non sono mai rimasti fermi: nella seconda metà di quell'anno abbiamo partecipato alla compilation "springsteeniana" For You 2, con il brano Soul Driver, e poi al tributo a John Lennon A Day in the Life, con In My Life. Nel 2011 invece abbiamo prodotto e registrato il disco di Donald e Jen McNeill (Fathers and Sons), che è un album di cui vado molto fiero, sono canzoni folk che mi piace definire "scritte in cucina alle tre di notte", molto vere e concrete; poi abbiamo iniziato il disco solista di Roby, e nel frattempo anche il disco della band. Credo che Beyond sia un bel esempio di prodotto Lowlands, sei giorni per essere registrato e quasi un anno a uscire… (ride) L'idea era quella di pubblicarlo nella primavera 2012, ma i mix che ci sono tornati da Los Angeles non ci sono piaciuti, il disco era troppo lontano da quello che volevo, e a quel punto la "borsa" Lowlands era vuota, e ancora una volta bisognava capire cosa fare. In occasione del Record Store Day di quest'anno (21 aprile 2012), poi, abbiamo registrato un EP (The Woody Ep) apposta per l'unico negozio di dischi rimasto a Pavia, in 50 copie numerate; in studio ci siamo trovati così bene che ci siamo rimasti un altro giorno, e abbiamo inciso praticamente un intero album dedicato a Woody Guthrie (Better World Coming). Era un po' che avevo in testa l'idea, e il fatto che quest'anno cadesse il centenario dalla sua nascita ha dato la spinta finale. Oltre a una formazione acustica dei Lowlands, abbiamo riunito in qualche modo amici e musicisti della scena pavese (e non solo) che stimavamo, che sono stati felici di partecipare, e questo mi ha fatto molto piacere.

Mi piace sottolineare, inoltre, che anche i singoli membri, presenti e passati, dei Lowlands stanno portando avanti i loro progetti: Roberto ha pubblicato di recente un album strumentale, Raighes Vol. 1 (più acustico, il Vol. 2 sarà più elettrico), Chiara un EP, Ready to Go, che sta portando in tour in Italia e in Inghilterra, e Simone sta per far uscire un cd di musica strumentale. Sono molto fiero del fatto che ognuno di loro abbia un percorso personale, con l'approccio giusto e con lo spirito di poter dire la loro. Per quanto riguarda l'album di quest'anno, nel 2012 sono entrati nella band Mattia Martini e Enrico Fossati, che seguivo da quando suonavano nel gruppo "La Fonderie". Una sezione ritmica esplosiva, oltre che brave persone e ottimi bevitori di Guinness, e con loro a bordo abbiamo deciso di fare un piccolo tour cominciando a proporre alcuni pezzi del disco nuovo, per testare sia le canzoni che la nuova formazione

Veniamo quindi a Beyond: si potrebbe dire che il cuore pulsante del disco sia la "trilogia" formata da Lovers&Thieves, Homeward Bound e Keep On Flowing.

Lovers & Thieves ha preso la sua forma alla fine del tour di Gipsy Child, è un brano rabbioso, "da pirati", all'inizio del disco: una canzone che parla di meschinità, di piccoli e grandi furti, e della voglia di schierarsi dalla parte di chi crea qualcosa, invece che dalla parte di chi prende e basta. Homeward Bound è una canzone più vecchia, la prima stesura anticipa anche The Last Call ma è stata finita nel periodo in cui si decideva cosa fare con l'album: in qualche modo forse è il pezzo più vero e più falso del disco, perché è un mostrarsi completamenti senza barriere a battaglia finita, ma anche un modo di giustificare le scelte fatte senza volerle affrontare, collocandole a posteriori in un percorso; lo troviamo a metà disco. Keep On Flowing invece parla di quando è la vita a trascinarti in una direzione, come la forza di gravità, e sai quale sarà il prezzo da pagare, ma non ti fermi e ti tuffi per il profondo. Il brano chiude l'album, e quindi credo che la si possa definire come una sorta di trilogia. Beyond parla del momento tra la notte e l'alba, tra il momento più buio della notte e la prima luce dell'alba, della fine di qualcosa e dell'inizio di qualcos'altro, e di come la fine non sia la cosa peggiore, perché permette di ripartire. Credo che chiuda il cerchio che abbiamo aperto con The Last Call, scrollandosi di dosso il passato e preparandosi al futuro. Come dicevo prima, i Lowlands in alcune situazioni hanno avuto una fine molto lunga, mentre in questo caso sento l'aria fresca dell'inizio, senza però dimenticare che si basa su molto dolore, perché ci sono state decisioni e momenti molto difficili che hanno plasmato queste canzoni.

Dal punto di vista musicale, abbiamo cambiato un po' metodo di lavoro rispetto a quanto fatto in precedenza, e questo anche grazie alla produzione di Joey e alla sezione ritmica di Righetti e Pellati: per me loro rappresentano il rock in Italia, hanno suonato per molti anni, oltre che con Ligabue, con i Rocking Chairs, e poi con Willie Nile, Steve Wynn e tanti altri. Le sessions sono state rapide, quasi live, poche take per trovare il tiro giusto, e poi ancora una per sicurezza, un modo di suonare molto intenso, sono grato a queste persone per il lavoro che abbiamo fatto insieme. Nella mia testa BEYOND parte da una posizione angusta, oppressa e paranoica, e man mano che esplori la situazione in cui sei, arrivi a una sorta di liberazione tramite la sconfitta e oltre quella, alla fine, con Keep On Flowing, ti ritrovi ancora a galla con tutto ciò che sei e hai passato, ancora a chiederti però come andrà a finire, cosa c'è in fondo alla strada. Per me quello era il percorso da fare, e credo che in qualche modo l'album rispecchi musicalmente i nostri live, anche senza farlo apposta: all'inizio siamo abbastanza aggressivi, anche solo per scaricare i nervi, e il saliscendi che c'è nel disco mi sembra molto naturale. Finalmente sento di poterlo lasciar andare, dopo mesi in cui invece non lo sentivo mio. E' nato talmente in fretta e in momenti difficili che non sapevo come prenderlo. Adesso, dopo tutti questi mesi, sono contento di quello che abbiamo fatto, e lo vedo come un punto di arrivo rispetto alla partenza che era The Last Call, un punto più alto rispetto al passato. Suona in modo diverso, ma è giusto che sia così, perché è un po' figlio del percorso che ci ha portato qui, e siamo diversi noi. Credo che ci sentiamo a nostro agio tra il folk e la musica più elettrica, probabilmente ci piace stare da entrambe le parti, e suonarle entrambe. Possibilmente con qualche - ok, tante - birre sul palco.

Beyond è uscito il 4 ottobre, e adesso siete in tour con la nuova formazione.

I "nuovi" Lowlands sono formati da Roberto Diana alla chitarra, Francesco Bonfiglio al pianoforte, Enrico Fossati al basso, Mattia Martini alla batteria, e me. Fino a fine anno abbiamo date in Italia, a Novembre faremo un piccolo tour in Gran Bretagna per poi tornare qui e proseguire fino a Natale. Il nostro orizzonte è da qui a dicembre, poi ci saranno diverse strade da prendere, e ne sceglieremo una. See ya out there!



 


<Credits>