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Down
in the Bowery |
Partiamo dal tuo
"incidente" a casa del grande scrittore Salinger, anche perchè
mi pare di avere capito che il disco ha preso forma da quel momento...hai voglia
di raccontarmi come è andata? Mi è stato chiesto di scrivere qualche canzone per un film dedicato a Salinger, che al tempo era ancora in vita. Ho pensato che sarebbe stato interessante cercare di incontrarlo o dare un'occhiata furtiva su come vive e si rintana su nel New Hampshire. Io e il mio amico Robert siamo andati laggiù e prima che potessimo avvicinarci alla casa la polizia ci ha arrestato e condotti alla stazione. Ho cercato di spiegare che ero un autore che stava facendo una ricerca e che incido dischi. Le cose sembravano mettersi male fino a quando uno degli ufficiali ha tirato fuori un mio clip su Youtube, mentre cantavo Broken Radio con Bruce Springsteen. Ci hanno rilasciato e siamo tornati a New York. Sono tornato indietro scrivendo poi cinque canzoni mentre Salinger sarebbe morto l'anno seguente.
The Archer e Lonely at Heart se non sbaglio sono state proprio ispirate da questa
esperienza, giusto? Queste due canzoni in particolare sono saltate fuori dopo l'esperienza di cui ti dicevo con Salinger. The Archer essendo incentrata sulle lettere che Salinger avrebbe scritto a diverse donne e che mi ha ricordato il mito delle frecce di Cupido, mentre Lonely At Heart è sommariamente basata su "For Esme With Love and Squalor" dai 9 racconti di Salinger, così come su un paio di biografie che ho letto su di lui e naturalmente sulle mie personali battaglie. In effetti
pensandoci bene molti dei caratteri che popolano le tue canzoni sembrano arrivare
da influenze letterarie, da un certo immaginario. Quali sono state le letture
fondamentali per il tuo songwriting? È sempre una sorta di combinazione di due situazioni, da una parte la vita reale e dall'altra uno stimolo che arrivava dalla letteratura. Tra le mie letture più formative che hanno avuto un forte impatto sulla mia scrittura possono citare Lenny Bruce, Tennessee Williams, Arthur Miller, Robert Frost, Allan Ginsberg e…Joe Strummer.
Ascoltando brani come All The Way From Moscow e Black Boombox viene naturale pensare
che tu sia tornato prepotentemente alle tue radici punk rock. Non che tu ti sia
mai allontanato definitivamente da quel suono, ma oggi suoni più livido
e diretto. Volevamo che questo nuovo lavoro fosse più grezzo rispetto ai dischi passati, lo abbiamo registrato in fretta, con meno mezzi e grazia alla magia del produttore Ted Hutt e di quello che chiamo il suo punk rockethos. Quanto ha influito
la produzione di Ted Hutt su queste scelte? Cosa apprezzi del suo modo di lavorare?
Conoscevi già il lavoro che aveva svolto con Lucero e Gaslight Anthem? Si, mi sono piaciuti i dischi dei Gaslight Anthem e dei Lucero. Con Ted ci siamo incontrati in un bar dopo un concerto dei Flogging Molly (punta di diamante dell'etichetta Side One Dummy, ndr), ormai qualche anno fa e mi è subito piaciuta la sua energia. È innanzi tutto un grande musicista, un esperto che definirei un "rockologist", un serio lavoratore e inoltre possiede un approccio molto spirituale ma nello stesso tempo diretto e semplice nel concepire i dischi. Anche questa volta non hai
nascosto la tua forte relazione con New York, a cominciare da una canzone come
Burning the Bowery? Quanto è importante la città per il tuo processo
di scrittura? New York è sempre stata una sorta di buona metafora per me. Sono nato e cresciuto in questo posto e ci abito ancora, anche se mi piace molto viaggiare. Fortunatamente spero che queste canzoni possano comunicare il loro feeling anche a persone situate da altre parti del mondo e non solo a New York. In effetti Love
it To Life potrebbe essere quasi una summa delle tue diverse anime e influenze:
classic rock, punk, glam, pop music. Pensi lo si possa vedere come un nuovo punto
di partenza per la tua carriera, anche con il cambio di etichetta, o soltanto
un altro passo dopo Glitter in the Gutter? Lowlife in High
Rise è una canzone delizosa, con questo gioioso profumo sixties e molto
pop: è una componente che è sempre rimasta latente nel tuo songwriting,
anche quando suoni più grezzo ed elettrico. Hai mai pensato di farti trascinare
in un disco più pop e magari acustico?
Personalmente resto molto legato al tuo secondo album,
The Heat, un disco malinconico, piovoso, che cattura bene il suono di New York.
Esiste un tuo disco a cui ti senti particolarmente vicino? Restando sempre ancorati
al suono dei tuoi dischi: senti un forte legame oggi con qualche particolare songwriter
o rock'n'roll band? Qualcuno con cui pensi di condividere la stessa strada e la
stessa concezione di musica... Come dico nella presentazione del nuovo disco "Il rock'n'roll è una sorta di esorcismo che ha inizio ogni sera quando il sole tramonta, la musica comincia a suonare e gli spiriti cominciano ad uscire fuori." Adoro Hold Steady, Wilco, Connor Oberst, Gaslight Anthem, Gogol Bordello e naturalmente Ryan Adams. A proposito di Ryan Adams: ai tempi del tuo esordio solista sono nati molti paragoni fra voi due, ti hanno mai infastidito? Ti senti comunque legato con Ryan a quel movimento chiamato Americana e ne apprezzi alcuni aspetti? Come già ti accennavo prima adoro la musica di Ryan Adams tanto quanto quella di altri protagonisti del genere come Wilco, Lucinda Williams, Steve Earle e molti molti altri. Possiedono canzoni e anima. Sai a volte tutto quello di cui hai bisogno è una chitarra acustica e tre accordi. L'anima esce fuori anche nelle scelte per le tue copertine, come sul retro di On your Sleeve, quando sei ritratto in questo vecchio negozio di dischi immerso nei vinili: sembra parlare della tua passione di ascoltatore e di rock'n'roll fan... Si, ho sempre cercato di far uscire tutti i miei dischi nel formato del vinile. Continuo a suonarlo a casa il vinile, sai quel suono denso sul quale tutto il rock'n'roll è stato costruito, cera calda!
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