:: Hot Tuna & Nine Below Zero
White Boy Blues


Un concerto come quello di Hot Tuna e Nine Below Zero, in programma il 30 marzo al C-Side di Milano non poteva che promettere un grande spettacolo. Senza tradire le aspettative le due band hanno infatti regalato uno show intenso, conquistando il numerosissimo pubblico presente con una serata all'insegna della musica blues di qualità. L'apertura è affidata al trio acustico degli Hot Tuna che si compone dell'affiatatissima e storica coppia Jorma Kaukonen-Jack Casady (rispettivamente ex chitarrista e bassista dei Jefferson Airplane) accompagnati per l'occasione dal mandolinista Barry Mitterhoff. La formazione, che si rifà dichiaratamente alla tradizione blues e bluegrass ha attinto sia da un repertorio di classici che dalla propria produzione forte di una discografia molto fitta e di un buon successo riscosso in più di trent'anni di attività. Big River Blues o 99 Year Blues sono alcuni fra i pezzi che gli Hot Tuna dominano così bene da potersi abbandonare frequentemente a jam sfrenate, condite di assoli di grande effetto che rimbalzano tra chitarra e basso, quando non intervengono le dolci improvvisazioni del mandolino di Barry Mitterhoff, artista che vanta tra l'altro importanti collaborazioni anche in campo classico. Terminata una suprema interpretazione di San Francisco Blues, c'è tempo solo per un encore che chiude, forse un po' prematuramente, il brillante set della storica formazione statunitense.

Pausa tecnica, trasporto ideale all'altra sponda dell'oceano ed ecco sul palco gli inglesi Nine Below Zero che fin dai primi istanti trasmettono l'energia e l'entusiasmo di una band di quattro ragazzi ad inizio carriera. Il pubblico assorbe totalmente questa carica e dimostra il proprio apprezzamento nei confronti del complesso per la successiva ora e mezza. Pur trattando la stessa "materia" degli Hot Tuna, il blues, l'assetto strumentale elettrico dei Nine Below Zero risulta in uno stile meno intimo, più aggressivo e dichiaratamente influenzato dal rock. Dennis Greaves alla chitarra e voce, Mark Feltham all'armonica e voce, Gerry McAvoy al basso e Brendan O'Neill alla batteria (gli ultimi tre sono stati per anni al fianco dell'icona del rock irlandese, Rory Gallagher), dimenticando ciò che l'anagrafe sa di loro, sono sorprendentemente in grado di prodursi in una performance brillante ed intensa che alterna i brani musicali che hanno decretato il successo della band nei primi anni '80 (come One Way Street o Don't point your finger at the guitar man) a pezzi di più recente composizione come quelli tratti dall'ultimo Hats Off (oggettivamente forse i più deboli e meno incisivi della comunque ottima set-list proposta). Non potevano mancare le validissime cover di classici del blues e del blues-rock (scomodati, fra gli altri, Elmore James, Sonny Boy Williamson e Rory Gallagher) con qualche incursione nel rock 'n' roll. L'abilità dei musicisti sul palco fa sì che l'esibizione goda del valore aggiunto di assoli e virtuosismi davvero apprezzabili (Mark Feltham all'armonica, per essere un europeo che suona blues, sembra assolutamente inarrivabile!). Nel finale la band, entusiasta del calore del pubblico, ricambia con una sequenza quasi interminabile di bis a testimoniare un divertimento ed un coinvolgimento che vanno oltre la semplice esecuzione della scaletta prevista
(di Enrico Ladisa)

 


L'intervista ai Nine Below Zero

E' davvero un piacere per me intervistarvi per Roots Highway , un sito che si occupa di roots music ma anche di blues, rock e tanti altri generi. Desidererei partire dagli inizi della carriera dei Nine Below Zero..

Dennis: Si, abbiamo iniziato a Londra mentre fioriva il punk…una scena musicale in cui dominava il pub-rock…c'erano Elvis Costello, The Clash, The Jam, più o meno nello stesso periodo…verso fine anni '70.

Come trovavate quel periodo così fervente di attività live?

Dennis: E' stato stupendo, fantastico, la migliore scena live dal tempo degli anni '60. Era un ambiente davvero stimolante, dava molta ispirazione. C'erano tantissime persone che seguivano i concerti e c'erano in giro moltissime band. E' stato molto, molto bello quel periodo.

Sono d'accordo con te. Pensi che un'atmosfera simile si sia mai ricreata in Inghilterra, dopo di allora?

Dennis: No, penso di no. Forse a metà degli anni novanta…con gli Oasis e i Blur ai vertici delle classifiche, l'ondata del Brit Pop ha portato con sé molte buone garage bands ma non si è mai ricreata una scena dalle proporzioni simili a quella di fine anni '70. C'erano un infinità di band attive in quel periodo ed i Queen, i Police o Elvis Costello e tanti altri vennero alla luce in quel contesto.

Il vostro primo album è stato Lave at The Marquee. Come mai avete deciso di debuttare con un disco registrato dal vivo?

Dennis: Abbiamo imitato gli Yardbirds. Loro registrarono un album di debutto, Five Little Yardbirds, al Marquee e così abbiamo pensato che fosse un bell'inizio per una band di blues, registrare il nostro primo LP dal vivo.

Dopo Live at The Marquee avete pubblicato ancora due album e l'ultimo della vostra prima fase è stato Third Degree

Dennis: Si, dopo quello io formai una band chiamata The Truth e Mark si unì alla band di Rory Gallagher. Siamo tornati insieme negli anni '90 con Gerry e Brendan.

Qual è stata la vera ragione per cui avete deciso di sciogliervi nel 1983?

Dennis: Eravamo giovani, lavoravamo maledettamente tanto ed eravamo stanchi…la casa discografica non voleva che ci sciogliessimo…avremmo potuto rimanere insieme ma alla fine decidemmo di non farlo e prenderci una pausa.

Com'è cambiata la vostra musica ed il vostro modo di fare musica dopo la reunion del 1991?

Dennis: Intendi la "seconda generazione"? Si, perché eravamo maturi, maturi come musicisti e quindi c'è stata un'evoluzione data da una sezione ritmica differente. E' stato quindi completamente differente rispetto a prima.

Sia in studio che sul palco?

Dennis: Si. Quella di adesso è per me la migliore line-up che abbiamo mai avuto.

Al momento siete in tour in Europa ma in passato avete suonato anche negli Stati Uniti..Com'è il vostro rapporto con il pubblico americano?

Dennis: Grandioso. Abbiamo suonato un po' dappertutto e penso che gli americani siano uno dei migliori audience. Siamo davvero benvoluti dal pubblico americano.

Grazie Dennis. Avrei ora qualche domanda per Mark Pheltam. So che all'armonica hai lavorato molto come session man per conto di artisti di fama internazionale. Come riesci ad adattare il tuo modo di suonare a produzioni spesso molto diverse fra di loro?

Mark: Mi è piaciuto molto lavorare come sessionist. Credo che sia davvero importante cambiare genere musicale e confrontarsi con diversi stili.

Personalmente ti ho sentito e conosciuto per la prima volta grazie alla tua collaborazione con gli Oasis tra il 1995 ed il 1996. Com'è iniziata quell'avventura?

Mark: Non saprei...ho solo ricevuto una telefonata da un agente a Londra che mi chiese di unirmi agli Oasis per le registrazioni del loro secondo album. Suonai soprattutto nelle b-side (Round are way e The Masterplan) del loro singolo di enorme successo chiamato Wonderwall e poi i ragazzi mi chiesero di seguirli in tour per dieci giorni in Scandinavia, poi andammo in Irlanda e infine facemmo due show davvero grandi a Knebworth Park.

In quell'occasione come fu suonare davanti a 250,000 persone?

Mark: Era un pubblico davvero grande. Mi sentivo un po' nervoso in quei giorni perché c'erano persone fin dove arrivava la nostra vista. Non ho mai visto tanta gente ad un concerto come quella volta. Mai.

Certamente il lavoro d'accompagnamento con gli Oasis non si basò sull'improvvisazione come poteva essere per altri generi musicali…ci furono molte prove in studio prima degli show dal vivo?

Mark: Si abbiamo provato molto in studio a Londra. Gli arrangiamenti prevedevano un'orchestra di molti elementi…sassofoni e altri fiati..

Come giudichi quindi un gruppo come gli Oasis che in quegli anni spopolava fra i giovani e che si proclamava "migliore rock'n'roll band" del mondo?

Mark: Personalmente pensavo che Noel Gallagher fosse un compositore di grande talento. Spesso durante i soundcheck provava delle canzoni che non erano nemmeno in scaletta per i concerti e ricordo che pensavo tra me che mi piacevano davvero i pezzi che scriveva; lo apprezzavo molto come autore ma allo stesso tempo c'era un continuo contrasto interno con l'altro leader della band, il fratello Liam. Questo li ha un po' danneggiati…soprattutto in America quando interruppero un tour e questo non fece bene all'immagine della band. Penso abbiano perso molto terreno allora negli Stati Uniti.
Brendan: So che quest'anno hanno in programma un nuovo tour degli Stati Uniti

Si, hanno dei sold out praticamente ovunque, compreso il Madison Square Garden.

Mark: Sono sicuro che abbiano avuto i loro momenti di gloria. Non sono così sicuro che quei momenti possano tornare ma me lo auguro. In quel periodo erano al top della loro carriera. Non so se riusciranno a tornare a quei livelli. Non saprei...ma sinceramente ho sempre pensato che Noel Gallagher fosse un songwriter di grande, grande talento.

Mark, Brendan, Gerry...parliamo della vostra esperienza come musicisti di Rory Gallagher. Mark, quando iniziasti a suonare nella sua band?

Mark: Iniziai nel 1984.
Brendan: Io arrivai nel 1981 mentre Gerry era lì dagli inizi, nel 1971.

Gerry, com'è stata l'avventura al fianco di una figura leggendaria del rock 'n'roll come quella di Rory Gallagher?

Gerry: E' stato proprio un grande rock 'n' roller. Siamo rimasti insieme per circa 25 anni, fino alla sua morte nel 1995.

Com'è cambiata la scena musicale durante tutti questi anni passati con Rory?

Gerry: Beh, non è cambiato Rory ma è cambiato il modo di fare musica. L'elettronica, i nuovi strumenti per registrare, tutto è programmabile con i computer…Ciò che facevamo con Rory era soprattutto suonare moltissimo dal vivo. Siamo stati in posti come il Giappone, l'Ungheria, la Jugoslavia e l'Olanda…e ovviamente negli Stati Uniti. Devi pensare però che durante gli anni ottanta facemmo solo 3 tour mondiali che paragonati all'attività live degli anni settanta è ridicolo. Il rock negli anni settanta era qualcosa di davvero grande!

Cosa pensi della scena rock di oggi e di tutte le nuove band che raggiungono il successo in fretta e che spesso spariscono con altrettanta rapidità?

Gerry: Penso che ci dovrebbero essere più opportunità per le band giovani. Ci sono molti ragazzi che suonano la batteria, le chitarre o le tastiere…Per loro ci dovrebbero essere più spazi. Ci sono delle nuove band di buon talento come i Keane…gli Oasis…ma vedi, gli Oasis sono già considerati una band di 8-9 anni fa…Non c'è più longevità! Un gruppo chiamato Supergrass…secondo me assolutamente fantastici, una grande band ma ora non se ne sente più parlare. Anche gli Stereophonics sono bravi…penso che ci dovrebbe essere più longevità per la musica che merita.

Bene ragazzi è stato un piacere intervistarvi e RootsHighway vi ringranzia molto. A presto!

 


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