Dan Stuart
"Time Ain't Nothing", l'intervista

di Domenico Grio
foto: © Enzo Tropepe

A raccontare di Dan Stuart si corre un duplice rischio: quello di ripercorrere i luoghi comuni del rock'n'roll e quello di non ripercorrere i luoghi comuni del rock'n'roll. Perché, comunque si voglia vedere la questione, il leader e fondatore dei Green on Red ha incarnato sin dagli esordi la figura del rocker maledetto, pronto a sputare dal palco la sua rabbia e il suo irriverente e graffiante anticonformismo e, nel fare ciò, ha assemblato, consapevolmente o meno, la propria immagine all'interno di una sovrastruttura stereotipata, spontaneamente autoprodotta dalla controcultura giovanile degli anni sessanta. In pratica, sarà anche banale ridurre il tutto a sex, drugs and rock'n'roll ma è pur vero che nulla meglio di questo abusato clichè può aiutarci a comprendere la reale spinta emotiva che ha dato impulso al progetto musicale della band di Tucson, originatosi e sviluppatosi all'interno di quel movimento di revival psichedelico, sorto nella California degli anni ottanta, presto definito Paisley Underground. Del resto, in quest'ottica non si può neppure dire che l'epilogo di quella memorabile (e, forse, sottovalutata) stagione sia avvenuto al di fuori dei collaudati schemi del circus. I dissidi tra i membri del gruppo, i problemi di salute, i piccoli e grandi drammi esistenziali hanno infatti segnato la fine inevitabile di quell'esperienza unica.

Detto questo, riprendere un discorso artistico bruscamente interrottosi, per di più dovendo fare i conti con delicate vicissitudini personali, non è operazione delle più semplici. Tant'è che la carriera solista di Dan ha avuto una partenza piuttosto lenta ed in parte controversa. Fortunatamente la scelta di lasciare la California ed andare a vivere in Messico, l'incontro con gli italiani Sacri Cuori e con i Twin Tones, hanno avuto un ruolo decisivo nella sua progressiva rinascita, sugellata dall'ultimo lavoro in studio Marlowe's Revenge, finalmente all'altezza dei suoi migliori sforzi discografici. Possiamo così dire di aver recuperato un musicista e, prima ancora, un uomo di grande talento, un rocker un pò stralunato e un pò sopra le righe ma di una sensibilità e di un livello culturale affatto comuni, uno di quei personaggi da cui le nuove generazioni avrebbero tantissimo da apprendere.

Vederlo impegnato nel soundcheck in occasione del suo recente tour calabrese, è stato piuttosto illuminante. Suonare sul palco (peraltro degnissimo) del "Frantoio delle Idee" di Cinquefrondi o del "Teatro Primo" di Villa San Giovanni, quasi come si trovasse al Whisky A Go-Go di Los Angeles, pretendendo (con il massimo garbo, s'intende) dedizione totale da fonici e musicisti, la dice lunga sulla personalità e sulla professionalità di un artista ben conscio del proprio ruolo e ben centrato sul proprio lavoro. Inutile dire che raccogliere i suoi pensieri e provare ad entrare con la dovuta discrezione nel suo mondo, ci è parso davvero un privilegio, una piccola opportunità per poter aggiungere qualche semplice nota ad un capitolo corposo dello sterminato romanzo rock, scritto qualche decennio fa sui polverosi e roventi sunset del sud-ovest degli States e con un'appendice, si spera, ancora tutta da tratteggiare.

 

L'intervista
a cura di Domenico Grio


Inizio subito con il farti i complimenti per il nuovo disco. Ritengo sia la cosa migliore che tu abbia prodotto dai tempi d'oro dei Green on Red, la cosa che più assomiglia al Dan Stuart geniale ed anarchico degli anni ottanta ma, proprio per questo, credo che il titolo sia sbagliato. Per come la vedo io, avresti dovuto chiamarlo "La vendetta di Dan Stuart" o "Il Ritorno di Dan Stuart", perché dentro c'è finalmente il vero Dan, quello che tutti da molto tempo aspettavamo e perché forse Marlowe Billings [è lo pseudonimo sotto il quale Dan è vissuto una volta trasferitosi in Messico] ha fatto il suo tempo. Che ne pensi?

Credo che Marlowe non abbia mai fatto il suo tempo. Penso che negli anni '80 non abbia avuto la possibilità di realizzare i suoi progetti a causa della pressione delle compagnie discografiche e per una serie di altri motivi. Qualcuno di recente mi ha mostrato un'intervista rilasciata all'epoca di Gravity Talks, in cui dico che il titolo per quella registrazione era "The Deliverance of Marlowe Billings". Ciò mi ha veramente sorpreso, avevo dimenticato quanto egli fosse presente. Quindi è davvero molto bello che dopo tutti questi anni finalmente Marlowe abbia la sua rivincita.

Quanto è stato importante per la tua rinascita l'apporto dei Twin Tones e, prima ancora, degli Slummers e dei Sacri Cuori e quanto conta nella tua vita artistica la figura di J.D. Foster, ormai da anni al tuo fianco?

In realtà io devo tutto ad Antonio Gramentieri, J.D. Foster e Jack Waterson, i tre ragazzi che hanno "rimesso a posto Humpty Dumpty" [rimesso insieme i pezzi, i cocci - Ndr] dopo la rottura del 2010. Il mio lavoro con i Twin Tones è il risultato della mia permanenza in Messico, dove sono riuscito a fare scelte artistiche rispetto alle quali l'unica cosa che conta è se siano belle oppure no, nient'altro. Il mercato musicale è diventato molto ostile ma a me non frega un c…o di fare qualcosa di "buono", a me importa solo fare cose che mi facciano confrontare positivamente con me stesso, "tirando un calcio al formicaio e godendomi la puntura" [probabilmente un modo per dire: faccio ciò che mi piace e assumo il rischio delle mie scelte - Ndr].

Se devo essere sincero, questo tuo nuovo disco mi ha ricordato "Melting in the Dark" di Steve Wynn, non certo come sonorità. Quello che intendo dire è che in quel disco, magari non proprio ispiratissimo, grazie all'incredibile energia di un gruppo giovane come i Come, Steve è riuscito a dare nuovo slancio alla sua carriera solista e da allora ha tirato fuori dei lavori magnifici. Credo che questi ragazzi messicani ed italiani ti abbiano dato nuovi stimoli e sono sicuro che questo "Marlowe's Revenge" possa essere il trampolino di lancio per la tua nuova carriera.

Penso che i Twin Tones siano i fratelli piccoli dei Sacri Cuori, sono molto simili eccetto per il fatto che i primi riescono a suonare il rock'n'roll in maniera trasandata e senza freni, cosa che gli italiani non possono fare perché hanno troppo pudore ed orgoglio. Saresti veramente sorpreso di scoprire quanto sia difficile suonare una canzone rock di soli 3 accordi come Hang on Sloop o Wild Thing dei Troggs, c'è una primitiva innocenza che non è facile da catturare, specialmente quando incominci ad invecchiare.

Quando senti parlare di "Americana" ho visto che ti arrabbi abbastanza e sinceramente sono piuttosto d'accordo con te. Americana vuol dire tutto e non vuol dire niente. In verità, al di là delle etichette, quello a cui stiamo assistendo è una ricerca da parte dei giovani musicisti e delle giovani band di arrivare al successo facile e tutti vogliono cavalcare l'onda. In Name Hog parli proprio di questo e il tuo songwriting è molto diretto. Oggi esiste solo internet ed è tutto molto appiattito. I giovani musicisti non vivono assieme le loro esperienze artistiche, non si sentono parte di una comunità, non si stimolano a vicenda. Oggi credo proprio che non possa nascere un movimento come il Paisley Underground o magari il Grunge. Sei d'accordo?

Penso che i ragazzi continuino a riunirsi nei garage e nelle cantine dove imparano a suonare assieme ma non hanno spazi culturali underground in cui muoversi e non c'è nessuna voce critica che li aiuti a capire cosa va bene e cosa no. Di sicuro il loro spazio è internet e tutta quella merda simile ma è come essere persi nel mare. Come se ciò non bastasse, si ritrovano sullo sfondo vecchi tromboni come me che continuano a fare musica. Quanto meno io sono andato via per 15 anni e probabilmente dovrei farlo ancora. I ragazzi non hanno, tra l'altro, neppure accesso a quelle vecchie chitarre e a quei vecchi amplificatori così cool … noi potevamo comprare questa roba per pochi spiccioli ma adesso attempati, avari ed egoisti collezionisti tengono tutta questa bella merda per loro e ciò ha certamente danneggiato le giovani band. Ma il rock'n'roll sopravvivrà per sempre, almeno fin quando gli adolescenti continueranno ad odiare i loro genitori, a cercare sesso e a farsi di droghe, questo è certo.

Cosa ricordi con più piacere dei tuoi anni ottanta, della California del revival psichedelico. Oltre ai Green on Red, c'erano gruppi fantastici (Dream Syndicate, Thin White Rope, Rain Parade, Opal …) e ognuno aveva una sua peculiarità. Chi erano i musicisti che frequentavi di più e con chi sei rimasto in contatto? Il nuovo Denny and Dusty, anche se non è stato capito da molti, credo sia stato un bellissimo esperimento. Ci pensi a fare qualcos'altro con quei musicisti e, perché no, a coinvolgere qualcun altro?

Qualcuno lo ricordo, molti altri no. Quel periodo non era poi così bello come molta gente pensa, la nostalgia distorce sempre la verità. Sono ancora amico di molti di quei musicisti, ogni tanto suono con Steve Wynn e di recente ho aperto il concerto dei Long Ryders in Spagna. La gioventù è qualcosa che devi essere fortunato per goderti … io sono stato molto fortunato.

Negli archivi è rimasto materiale dei Green on Red inedito? Pensi che prima o poi verrà fuori qualche nuova raccolta di canzoni?

Attualmente stiamo discutendo di un cofanetto, pertanto ogni cosa è possibile. Non stiamo registrando nulla di nuovo, del resto questa idea non potrebbe davvero funzionare, a meno che tu non sia una band come i Wire o simili.

Attualmente dove vivi? Le ultime notizie dicevano che ti eri trasferito a N.Y.. In Arizona e in California ci torni spesso?

Vivo a Città del Messico dopo almeno 5 anni trascorsi ad Oaxaca. NYC non esiste più, al di fuori di pochi quartieri che ancora resistono. Los Angeles è ancora una grande città, la capitale sia del Pacific Rim [area dei Paesi che si affacciano sul Pacifico - ndr ], sia dell'America latina. Tucson è un gran bel posto in cui vivere se non sei nato là.

Donald Trump: ci spieghi che sta succedendo negli Stati Uniti? Ci dobbiamo preoccupare?

Trump non è altro che il risultato di una popolazione invecchiata che ha vissuto in modo molto viziato la propria vita dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le persone credono in un passato che non è mai esistito ed ora hanno qualcuno che afferma delle cose terribili che loro vorrebbero poter dire ad alta voce. È sicuramente la fine del Partito Repubblicano, sia che egli venga eletto oppure no. E sì, potrebbe succedere … il tutto è piuttosto spaventoso!

Quando salivi su un palco 30 anni fa pensavi a fare casino, a sfogare la tua rabbia o credevi di riuscire a cambiare qualcosa con la tua chitarra. Credi al potere delle canzoni, credi che un artista debba scuotere le coscienze o per te vale il principio è solo rock'n'roll but I like it?

Il rock'n'roll è solo una bella risata, come dicono gli inglesi, tutto qua. Detto ciò, a volte lo scherzo coinvolge tutti e non è insolito che ciò faccia venire fuori dei casini pesanti. Dylan non si è mai preso troppo sul serio come fanno invece i suoi fan e i critici e ringrazio Dio per questo. Suonare il rock'n'roll è un atto politico in sé e di per sé, non hai bisogno di fare la predica a nessuno.

Analogico o digitale, usare e gettare o conservare, velocità o calma. Qual è il tuo mondo?

Io mi considero un Luddista in toto, uno di quelli che solitamente veniva attaccato. In ordine alla mia professione, allo studio di registrazione, a me piace lavorare senza alcun nastro. Oggi le cose sono così veloci! Ho trascorso settimane della mia vita aspettando che il registratore riavvolgesse la cassetta. La gente si dimentica quanto fossero cari due pollici di nastro. Il guaio è che adesso chiunque può giocherellare con questa roba all'infinito, il che non è mai buono. Io lavoro molto velocemente e lascio alle persone di cui mi fido la parte del mixaggio e della produzione. Non ho bisogno di supervisionare il lavoro degli altri, quello è solo ego e insicurezza. Mi sento molto fortunato a poter lavorare con partner con cui sento di avere una profonda complicità, così cool, che conoscono quello che mi piace ma che possono anche spingermi oltre i confini in cui mi sento più comodo. Ad un certo livello l'artista deve odiarlo quel confine, come mi ha insegnato Jim Dickinson.

Lo so che è una richiesta poco professionale ma sono troppo curioso. Vorrei una tua breve playlist dei brani dei Green on Red ed una degli anni ottanta. Grazie

La mia playlist dei Green on Red? Vuoi dire cosa suono nei miei set? Non ne ho esattamente una, ogni volta cambia. Attualmente faccio No Man's Land, Gravity Talks, Keith Can't Read, Time Ain't Nothing, DT Blues, Keep on Moving e pochi altri brani. Per quanto riguarda gli anni ottanta non ho davvero delle canzoni preferite e ce ne vuole per infastidirmi, sono piuttosto tollerante quando si tratta di pop music.

Visto che ci siamo, mi dici quali sono i musicisti o le band che oggi ascolti di più?

La band di mio figlio naturalmente [Daniel Stuart], i Riot Van




    

 


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