L'intervista
(a cura di Giulia Nuti)
Comfort in the static: ci racconti qualcosa dell'idea alle spalle del tuo nuovo
album? Il titolo si trova in un verso della canzone
Useless Bay, contenuta nel disco. Da una parte c'è il significato letterale di
fuga dalla confusione del mondo circostante, ma soprattutto il titolo vuol dire
altro, si riferisce al mondo delle vecchie radio a valvole. Mi sono molto ispirato
a questo mondo. Static è quel rumore di interferenza nella ricezione tipico delle
vecchie radio. In Useless bay in una strofa si parla di me che trovo una vecchia
radio, l'accendo e più che suonare fa solo rumore, ma per me c'è "comfort in the
static". Quando ho acceso quella vecchia radio mi sono accorto che quell'antico
suono disturbato che oggi non c'è più mi mancava tantissimo, era veramente un
suono rassicurante Sembra che in Comfort
in the Static ti sia posto come obiettivo quello di essere molto onesto e trasparente
verso che ti ascolta, è così? Quando il matrimonio
con mia moglie è finito, alcuni anni fa, per me è stato un periodo molto difficile.
Mi sono rivolto ad un analista. D'altronde a New York o vai da un analista, o
sei un analista... Con mia grande sorpresa mi disse che ero bravissimo a parlare,
con la particolarità che potevo parlare per delle ore senza dire assolutamente
niente. Questo mi colpì molto. Ha avuto un effetto su di me e anche sul mio modo
di scrivere. Devo ringraziare il mio analista insomma!
Il lavoro di produttore è una fase a cui molti autori giungono dopo le proprie
carriere soliste. Per te è stato l'opposto In un certo
senso sì. Il mondo della pubblicità in cui ho lavorato per tanti anni è meraviglioso
ma ad un certo punto ho pensato che mi mancava ancora qualcosa. Oggi inoltre quel
mondo è molto cambiato rispetto agli anni 80. E poi sì, ho prodotto e produco
ancora oggi vari album, per citare i più recenti gli album di Peter Wolf,
Shawn Colvin, Marc Cohn. Ma in tutto questo sentivo dentro il bisogno di
scrivere le mie canzoni e scommettere su me stesso. Alla fine così è stato ed
oggi per me questa è una priorità, ma ci sono arrivato abbastanza recentemente
Essere un produttore ti ha aiutato a produrre te stesso? Di
certo è importante perché a tanti artisti che hanno buone idee manca il guizzo
finale nel lavoro. Come produttore io amo arrivare alla fine, senza mettere le
mani sulla scrittura delle canzoni. Qualche volta in passato ho lavorato con giovani
artisti che avevano idee ma avevano bisogno di una mano nel completare i brani,
ma è un lavoro diverso e molto faticoso che non faccio più. Voglio produrre brani
che si reggono già in piedi sulle proprie gambe. Le canzoni devono funzionare
chitarra e voce, il resto viene dopo.
Lavorare per molti anni nella pubblicità cosa ti ha insegnato? In
pubblicità devi scrivere un brano di 30 secondi e fare in modo che al suo interno
contenga tutto. Il segreto dei grandi jingle è far sembrare un brano di pochi
secondi una canzone di tre minuti, non si deve avere la sensazione che il brano
sparisca in un batter d'occhio. Inoltre devi cercare costantemente il gancio che
catturi l'attenzione dell'ascoltatore. Si parte con scrivere qualcosa che normalmente
è troppo lungo, dopo di che è la volta di un accurato lavoro di cesello in cui
si tagliano le parti in più. Si taglia è ci si accorge di non aver mai tagliato
abbastanza Qualcosa di questo insegnamento
rimane nelle tue canzoni da solista? A parer mio no,
paradossalmente nei miei brani seguo un percorso diverso. Anche se, ad esempio,
scrivere musica per la pubblicità ti insegna ad arrangiare i brani. Quando si
scrive un jingle non è difficile solo concentrare la musica in trenta secondi,
ma anche gestire in così poco tempo le dinamiche. Il brano deve crescere d'intensità
e diminuire e, se non stai attento, ti ritrovi che mentre ci stai ancora pensando
il brano è già finito. Hai curato tu
gli arrangiamenti del tuo disco? No, mi sono affidato ai bravi
musicisti che hanno collaborato con me. Ho lasciato ad ognuno la possibilità di
dare il suo contributo. Per quanto riguarda gli archi ho affidato brani come Last
Night interamente a Stephen Barber, che mi ha rimandato indietro le registrazioni
con l'aggiunta di arrangiamenti che ho trovato molto belli e adatti. Spesso ha
aggiunto poche note ma quelle giuste, che in musica non è cosa da poco.
Nel tuo album c'è anche una componente ironica, come nel brano Gotta Sing High...
E' una presa in giro del pop patinato da classifica con cui troppo
spesso ci bombardano. Le canzoni pop sono tutte uguali e il segreto degli ultimi
tempi sembra quello di cantare il più alto possibile. Allora il brano diventa
una specie di manuale ironico per avere successo nel mondo del pop: sorridi, sii
carino, scuoti i capelli, ripeti i ritornelli all'infinito e soprattutto "canta
in alto, e se puoi anche un po' più in alto". Musicalmente il brano si muove seguendo
ciò che il testo consiglia, creando un effetto di parodia.
Prossimi progetti?
Non sono bravo con il
bricolage, ho troppi scheletri nell'armadio per darmi alla politica... quindi
penso che continuerò a fare dischi! I miei prossimi obiettivi sono evitare di
ripetermi, prendermi dei rischi sempre maggiori, essere meno severo con me stesso
e autocensurarmi il meno possibile. |