inserito 19/10/2009

Cheap Wine
Spirits
[Cheap Wine/ Venus  2009]



Al di là del fatto che, in Italia, la sinistra sembra possedere un fiuto speciale per tutte le battaglie sbagliate, in occasione della recente manifestazione per la libertà di stampa mi sono chiesto se il problema fosse in effetti l'eventuale limitazione di questa. Di sicuro qui da noi ci sono monopoli, interferenze e conflitti d'interesse grossi come case (case? grattacieli!), tre fattori che, intrecciati, costituiscono sicuramente un problema da non sottovalutare, ma più che una stampa non libera direi che in Italia abbiamo una stampa di merda tout-court. Se il potere politico pretende degli scendiletti, ebbene, nel dna di buona parte dei nostri giornalisti dev'esserci una tendenza irresistibile a diventarlo. Per fortuna ci sono eccezioni che vale la pena seguire e difendere, come nel caso della buona musica. Per quanto la penisola, nel corso degli anni, si sia dimostrata piuttosto refrattaria nei confronti di certi suoni made in Usa, automaticamente identificati con un tipo di reazione imperalista sovente reale solo nei neuroni sfibrati di chi la denuncia (un problema culturale che non approfondiremo mai abbastanza), l'Italia non soffre il problema dell'assenza di una rock'n'roll band da esportazione: ce l'ha, ce l'ha da quasi quindici anni, solo che non se n'è ancora accorta. Altrimenti qualche carica delle istituzioni avrebbe interpellato, che so, l'Unesco, e perlomeno proposto una seria tutela di simile patrimonio.

Ecco, i pesaresi Cheap Wine dei fratelli Marco e Michele Diamantini vanno avanti con la pazienza, le incazzature e la testardaggine dei bravi giornalisti. Lavorano di fino sulla qualità dell'inchiesta (pardon, dei dischi) e pretendono che ognuna contenga qualcosa di più, e di diverso, rispetto alla precedente. Freak Show, due stagioni orsono, ce li aveva consegnati energici, febbrili e contrassegnati da inedite sfumature glam. Spirits arriva dopo la defezione dello storico batterista/grafico Francesco "Zano" Zanotti e il conseguente arruolamento dell'altrettanto valido Alan Giannini: si tratta di un disco ambizioso, ricco di intonazioni differenti come mai prima d'ora, da ascoltare con particolare attenzione sia sotto il profilo dei testi sia nell'articolarsi di un suono che, pur figlio delle esperienze anteriori, riesce nel non facile compito di svelare un lato inedito del gruppo senza snaturarne il fondamento. Potrei definirlo un concept, ma non amo il termine e non credo lo amino neppure i Wines, sicché mi limitero a dire che Spirits guarda alla desolazione del presente come potrebbe, o vorrebbe, fare ciascuno di noi, sbarrando gli occhi eppure tornando a chiuderli per sognare, radiografando il cuore squartato di una società (dove il concetto di responsabilità e impegno nei confronti della collettività sembrano essersi dissolti in un grumo agghiacciante di cinismo, disinteresse, rapacità e coercizioni) eppure continuando a seguirne il battito, piangendo una lacrima per il destino degli emerginati eppure cercando di coinvolgerli in un canto liberatorio che li accompagni fino alla fine del mondo.

Resta, nella contemporaneità afflitta di Spirits, l'alto valore civile e ideale di chi non abbassa lo sguardo e non piega la testa, restano le piccole resistenze di ogni giorno, restano i ribelli e i sognatori, resta l'inferno personale di una donna sconfitta dalla vita - Suzanne Valadon, musa di Henri de Toulouse-Lautrec - che ispira alcuni tra i quadri più belli di un grande pittore dell'ottocento, resta la presenza spettrale di un uomo dal lungo cappotto nero per il quale "la gente non vive né muore / la gente si limita a galleggiare", resta il coraggio dei partigiani che ci hanno regalato libertà e Costituzione, restano le imprese zingaresche del bandito Pancho che i federali asserivano di poter acchiappare in qualsiasi momento e se non l'hanno fatto, si suppone, fu solo per gentilezza. La bellezza del disco sta nella sua capacità di veicolare decine e decine di storie e messaggi senza mai ricorrere a uno slogan o a una frase fatta, nemmeno negli episodi (penso alla fantasmagoria orwelliana di Just Like Animals o alla beffarda cronaca partigiana di una A Pig On A Lead dedicata al faentino Silvio Corbari) dove la retorica parrebbe dietro l'angolo. Avrete letto in giro che Spirits è il disco "roots" dei Cheap Wine, quello dove si dispiegano soluzioni acustiche di ogni genere e il mordente del r'n'r lascia spazio a sfumature tra folk e country. Tutto vero. Però intendiamoci: come i Greateful Dead sembravano suonare acustici anche con la spina attaccata, così i Cheap Wine mantengono un feeling selvaggio e urticante anche in chiave (quasi) unplugged. Basterebbero l'incredibile baraonda rock-blues di The Sea Is Down, con una slide - il "solito", incredibile Michele Diamantini - che ulula e ringhia senza tregua, il boogie deragliato e psicotico della sferzante Leave Me A Drain o la sibilante elettricità che scorre sotto la pelle metropolitana di La Bouveuse (occhio alla tromba di Gigi Faggi) per rassicurare circa la persistenza di uno straordinario coefficiente rockista nella scrittura dei Cheap Wines.

Nondimeno, stavolta, oltre a una Man In The Long Black Coat (Bob Dylan) e a una Pancho & Lefty (Townes Van Zandt) più realiste del re (ovvero superbamente notturna e funerea la prima, folkie e luminosa come una mattina di primavera la seconda), a colpire sono la stupenda dolcezza country-rock di Dried Leaves e Lay Down, il sensuale blues notturno di Just Like Animals, l'epos semiacustico di una A Pig On A Lead che potrebbe saltar fuori da un disco della Nitty Gritty Dirt Band (!), gli arpeggi delicatissimi di Circus Of Fools; colpiscono, insomma, tutti quei pezzi che volutamente si staccano dal canone della band senza rinnegarlo, solo esplorandone una diversa facciata. In fondo, cos'è Spirits se non una celebrazione in punta di plettro dell'essenza stessa del rock'n'roll e della sua capacità di trasformarsi in uno strumento insostituibile di resistenza e rivoluzione? I Cheap Wine ce lo dico sin dal titolo: perché lo spirito, anche per noi laici senza rimedio, è quello che non muore.
(Gianfranco Callieri)

www.cheapwine.net




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