Cheap Wine
Faces
[Cheap Wine Records 2019]

cheapwine.net

File Under: rock

di Paolo Baiotti (23/12/2019)

Orgogliosamente indipendenti da più di vent’anni (hanno esordito nel ’97 con Pictures), fieramente e cocciutamente intransigenti, i pesaresi Cheap Wine approdano al loro tredicesimo disco, intitolato Faces, finanziato con un crowfunding casalingo (ovviamente) che ha trovato l’abituale partecipazione tra i "Wineheads" che li seguono con fedeltà. Ma sarebbe ora che anche gli altri si accorgessero dell’esistenza e del valore di questo quintetto, guidato con mano sicura dai fratelli Diamantini, Marco alla voce e Michele alla chitarra, che si dividono anche le composizioni con una prevalenza di Marco, anche se non bisogna dimenticare il contributo essenziale delle tastiere di Alessio Raffaelli e della sezione ritmica formata da Andrea Giaro (basso) e Alan Giannini (batteria).

C’era curiosità per valutare gli sviluppi del loro suono dopo la trilogia formata da Based On Lies, Beggar Town e Dreams, usciti tra il 2012 e il 2017, collegati tra loro dalle tematiche affrontate: la situazione drammatica dell’Italia contemporanea, rappresentata da persone distrutte dalla crisi economica e raggirate da un sistema fondato sulla finzione supportata da mass media manipolati (in Based On Lies), la reazione degli stessi esseri umani che, preso atto delle macerie e della desolazione, cercavano di sopravvivere, di rimettersi in cammino e di trovare una prospettiva più decente di vita non limitandosi a compiangersi (in Beggar Town), l’illusione di uno spiraglio per il futuro, basato sulla forza dell’amore e dei sogni (in Dreams). In realtà Faces prosegue nella descrizione del mondo di oggi, tratteggiando personaggi che si sentono fuori posto, respinti dalla realtà che li circonda, imprigionati in un ruolo che non li rappresenta, diventando anonimi elementi del gregge, ad eccezione di alcuni “disadattati” che non si adeguano, cercando di fuggire alla ricerca di nuovi orizzonti.

Se i testi di Marco mantengono la loro serietà e l’impegno sociale che da sempre li caratterizzano, la musica di Faces riporta in primo piano la chitarra di Michele, rimasta in secondo piano su Dreams rispetto alle tastiere, con un ruolo di raccordo. Invece dalle prime note di Made To Fly si capisce che il suono è tornato rabbioso e incazzato, pur essendo più maturo e meno diretto rispetto agli inizi, per intenderci prima della svolta di Spirit del 2009. Il crescendo ripetitivo e ipnotico di Head In The Clouds, il rock tirato tra Stones e Green On Red di The Great Puppet Show, il basso pulsante e la chitarra nervosa di Faces, che si apre nel finale in un assolo lento e sofferto, l’elettrica e avvolgente Misfit con Alessio al synth e la robusta Disguise rappresentano al meglio il prevalere di un suono aspro e chitarristico, solo parzialmente addolcito dall’intima Princess, sussurrata da Marco, accompagnato dagli arpeggi di Michele, dall’avvolgente The Swan And The Crow e dalla chiusura sognante di New Ground, che rappresenta la partenza verso nuovi orizzonti.

Un altro disco di ottima qualità, curato anche nella parte grafica con i testi in inglese e in italiano, da parte di una delle migliori realtà del rock europeo.


    

 


<Credits>