File Under:
Americana di
Marco Restelli
(10/04/2017)
Avendo
avuto il grande privilegio di incontrare Lynne Hanson durante il suo tour
europeo del 2016, devo ammettere che ho atteso l'uscita di questo suo nuovo lavoro,
Uneven Ground, con una curiosità superiore alla media. Ad elevare
le aspettative ha contribuito ulteriormente il fatto di conoscere già alcuni brani,
anticipati live nei concerti di Rotterdam e Bruxelles, nonché le storie molto
personali che si celano dietro i loro testi. Così, quando finalmente l'ho potuto
ascoltare, è stato un po' come se avessi davanti il puzzle intero di cui possedevo,
fino a quel momento, solo poche tessere. L'immagine complessiva che ne esce fuori
rappresenta fedelmente questa bionda songwriter di Ottawa che, proprio nello scrivere
le sue canzoni, riesce a scavare nei più remoti angoli del suo cuore, raccontandoci
non solo gli aspetti piacevoli, ma anche quelli più sofferti.
La ricerca
quasi maniacale di una venatura poetica le rende tra l'altro molto affascinanti,
mentre le melodie, soprattutto in alcuni episodi, lasciano veramente il segno.
Come spesso accade, regalano emozioni forti le numerose ballate, fra le quali
spiccano la morbida Stronger, Just For
Now (entrambe arrangiate essenzialmente con piano e chitarra), ma anche la
più rockeggiante midtempo Every Honest Misstep,
con l'intera band al seguito. Come la lava di un vulcano, in ognuna di queste
tracce emerge lento, ma incandescente, tutto il paradossale contrasto fra la forza
e la fragilità di Lynne mentre racconta, tra l'altro, dell'amarezza per la recente
perdita del padre. Anche quella che ritengo la regina assoluta del disco - Broken
with you - già nel titolo racchiude la disarmante intimità dei suoi
versi: "There ain't no fixing what I got missing, sad but true ….then if I had
to be broken let me broken with you".
Ma Uneven Ground è anche pieno di
quello "sporco" americana che siamo soliti cercare nei dischi di Lucinda Williams,
o dell'ultima Patty Griffin. L'apertura di Carry Me Home,
pieno di riff, ne è solo un primo assaggio, ma ne seguiranno altre come l'accattivante
blues con venature jazz della title track, oppure l'energica Swallow Me Up,
che affronta il problema della dipendenza dall'alcool di cui l'artista ha conosciuto
in passato il velenoso abbraccio. L'ispirata chiusura di Gotta
Have Rain (scritta con l'amica Lynn Miles) è un altro blues rallentato
nel quale il nostro innato desiderio di vivere solo momenti di felicità si scontra
a volte con la dura realtà: "You can't have love only shiny and new…or a summer
sky all bright and blue…you get some joy you get some pain…you wanna have flowers
you gotta have rain".
Già con River
Of Sand del 2015 Lynne Hanson aveva evidenziato un salto di qualità
rispetto ai tre album, comunque molto belli, che l'avevano preceduto. Ma stavolta
sembra che la sua maturità artistica abbia raggiunto la pienezza, forse anche
grazie al nuovo produttore e connazionale - di Winnipeg - Scott Nolan, che ha
saputo valorizzare la sua spontaneità e la sua grande sensibilità. Un disco che
farà parlare di sé e che non vedo l'ora di ascoltare (quasi) per intero nel prossimo
mese di maggio.