Luch Tuchscherer
Always Be True
[
Clubhouse Records
2017]

luketuchscherer.co.uk

File Under: good ol' alternative country

di Davide Albini
(22/09/2017)

Già rivelatosi con l'esordio You Get So Alone At Times That It Just Makes Sense, lungo titolo rubato al grande Charles Bukowski, Luke Tuchscherer da Bedford, Inghilterra torna a tre anni di distanza con un disco ancora più convincente nel ridare slancio alle sonorità più classiche dell'alternative country, quelle di cui ci siamo innamorati verso la metà degli anni novanta e che hanno scritto il linguaggio base di questo stile. Sarà dunque un briciolo di nostalgia a guidare il mio giudizio, saranno senz'altro le atmosfere familiari di Always Be True, ma un lavoro così fedele e al tempo stesso fresco nel riprendere tali sonorità rappresenta davvero una piacevole sorpresa. Ancora più interessante il fatto che sia un inglese a porsi come detentore di quel roots rock nato dalle ceneri di Uncle Tupelo e Whiskeytown, nomi che nascono spontanei all'ascolto di Waiting for My Day to Come, ballata elettrica di speranza e sogni che tratteggia anche lo stile del songwriting di Tuchscherer, o della successiuva Don't Put Me Out.

Un bel passo avanti rispetto al debutto, più acustico e intimo, mentre oggi lo stesso Luke si dice pronto per una raccolta di canzoni che possano risuonare al fianco di una vera rock'n'roll band, alternando il suo lato intimo e romantico (qui ben rappresentato da Amanda Jane e dalla dolce Love Don't Come Easy) a quello più ruspante e dedito al country rock. Si tratta di brani nati sia nell'ultimo periodo in tour, prima di entrare in studio a incidere, sia di materiale ripescato dai cassetti della memoria, quando Tuchscherer militava nei Whybirds, fra le tante formazioni inglesi attratte dal sound dell'America di provincia (non ci credereste ma la scena locale è assai vivace). Qui gli espempi si sprecano e con una band sensibile, che vede la sua punta di diamante nell'ospite BJ Cole, storica steel guitar che ha collaborato con i nomi più altisonanti della ribalta nazionale (da Elton John a Cat Stevens e Gerry Rafferty), il gioco è fatto: These Lonesome Blues potrebbe uscire dalla penna di un Jay Farrar d'annata, Outside Looking In ha una melodia carezzevole che poggia su piano e pedal steel, mentre When the Dream Dies lascia spazio ad un docile solo di chitarra, prima di atterrare fra la campagna della marcetta country Be True, con tanto di dobro e mandolino.

Il ruolo di outsider di Tuchscherer nel proporre questo suono, così intriso di America da far dubitare delle sue origini, mi ricorda un altro ignorato e bravissimo connazionale, quel Peter Bruntnell titolare di almeno un paio di album fra i migliori del genere alt-country a fine anni novanta e oggi per lo più dimenticati (occhio però al suo recente Nos da Comrade). Ci sono similitudini non solo banalmente geografiche, ma anche un'affine semplicità, una naturalezza di scrittura che ritorna anche negli episodi più acustici, tra cui il finale con A Song for Jack Brown, canzone per un ragazzo suicida di ventuno anni, campione di rugby, che Tuchscherer non conosceva personalmente, ma di cui ha percepito la vicinanza dei sentimenti.

Opera di genere si dirà, magari anche tardiva nel ripercorrere certe sonorità, dalla quale però trapelano passione e spontaneità.


    


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