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southern rock, Americana di
Emilio Mera (17/05/2013)
Una delle cose più importanti per una band che suona del sano rock'n roll e del
genuino southern rock è la voce del cantante, cui si deve aggiungere una buona
sezione ritmica formata da chitarre, basso e batteria. Stewart Mann, leader degli
Statesboro Revue, possiede proprio quella bella voce soulful, macchiata
di bourbon e capace di attirare immediatamente l'attenzione dell'ascoltatore,
al quale si aggiungono il più giovane fratello Garrret, capace di infondere allo
stesso tempo potenza e melodia quando la canzone lo richiede e i fidi Ben Dradshaw
(basso) e Luke Ayer (batteria) capaci, per contro, di dare profondità alle ballate
del combo di origine texana. Gli Statesboro Revue si riconfermano, con questo
loro secondo album (dopo il bell'esordio Different
Kind Of Light del 2011) una delle migliori band in ambito southern
rock e Americana. Il loro sound possiede la stessa profondità dei Corvi Neri,
la medesima densità delle Pietre Rotolanti e la stessa spontaneità degli Jayhawks
il tutto legato dalla voce e dalle chitarre dei fratelli Mann.
Come gli
stessi sostengono, Rumble on Privilege Creek ha rispetto al suo
predecessore i piedi più saldi per terra con suoni più immediati e capaci di prenderti
per mano durante questo girovagare (ramble) per le vaste e desertiche strade del
Sud degli States. Molti gli aromi e i profumi contenuti in questa loro nuova raccolta
a cominciare dall'iniziale Fade My Shade Of Black,
una ballata southern a 360 gradi che inizia in maniera soffusa e tranquilla fino
ad esplodere in tutta la sua potenza fino a riempirci le casse con assoli, cori,
armoniche e organi in un'orgia sonora da brividi sottopelle. Huck
Finn è la ramble ballad per antonomasia (lungo il fiume in compagnia
di Tom Sawyer), acustica che sa di Stones e Band messi insieme e che mostra il
lato più acustico e melodico della band. Cold November e Hands
On The Sun sono due riuscite southern ballad capaci di rilassare i
nervi che possiedono la stessa verve dei Black Crowes. La voce filtrata di Stewart
insieme alla chitarra tirata di Garrett fanno da contraltare nella tirata Till
I Leave, forse il brano più immediato dell'intera raccolta. La riuscita
Half Mile To Lincoln sembra una outtake di
"Let It Bleed" ed è contrassegnata da un bel piano, da una batteria pulsante e
rifinita da chitarre lancitanti e da un cantato molto soul.
Se dovessi
scegliere il brano migliore della raccolta, direi Lil
Mary Last Stand un brano country bluegrass con tanto di banjo e fiddle
in grado di aprirti i polmoni con l'aria incontamintata delle campagne degli Stati
meridionali. Live a Little è una old school rock ballad mentre Isabella
suona molto tradizionale grazie a un vecchio violino e a una bella melodia. Il
viaggio per le terre del Sud continua con Love Run Easy forse un po' troppo
anonima e prosegue con un po' di romanticismo e malinconia con Another
Day In Rome, dove il cantato di Stewart assume sempre più le sembianze
di quelle di Chris Robinson. Un bel viaggio quello proposto dagli Statesboro Revue,
a scoprire gli aromi e i sapori della musica del Sud e una bella conferma nel
vasto panorama del southern rock americano.