Beachwood Sparks
Desert Skies
[
Alive records/ Audioglobe 2013]

www.thecalmingseas.com


File Under: power pop, psych country

di Fabio Cerbone (25/01/2014)

Curiosi oggetti di retromania rock prima ancora che se ne parlasse con critiche approfondite, i californiani Beachwood Sparks hanno a modo loro anticipato i tempi, raccogliendo forse meno frutti artistici di quanto meritato. Nel 2012 sono persino tornati dopo anni di silenzio discografico, con l'irrisolto The Tarnished Gold, ma senza fare troppo rumore. In fondo, se la riscoperta di un certo suono West Coast e il rilancio di tutto un affascinante universo a cavallo tra psichedelia e country rock nel Laurel Canyon ha preso piede in stagioni recenti, dal successo indipendente di Fleet Foxes e Jonathan Wilson a band meno conosciute eppure apprezzabilissime come Parson Red Heads o Moondoggies, qualche merito va ascritto anche a questi signori. E' forse in questo clima di crescente entusiasmo che un disco come Desert Skies trova la via della pubblicazione, scavando nella memoria del gruppo, quando la scena di Los Angeles sul finire degli anni 90 non aveva ancora un baricentro e il gusto medio del pubblico alternative rock doveva trovare nuovi lidi su cui approdare.

Registrato nello scantinato di casa dei fondatori Brent Rademaker e Josh Schartz tra la fine del 1997 e i primi mesi del 1998, Desert Skies è ufficialmente il primo vagito discografico dei Beachwood Sparls, prima insomma che firmassero per la prestigiosa Sub Pop (Rough Trade sul mercato europeo) e dessero alla stampe l'omonimo esordio, ma soprattutto il celebrato Once We Were Trees, ancora oggi piccolo gioiello di lisergico country elettrico dalle movenze "cosmiche", in coda a Byrds, Gram Parsons e Buffalo Spsingfield come santa triade di riferimento. Qui invece siamo agli albori della formazione, nata dalle ceneri dei misconosciuti Further, per iniziativa del citato Rademaker e Chris Gunst e subito allargata al talento di Farmer Dave Scher. Saranno questi ultimi a tenere le redini del progetto negli anni successivi, riducendosi a quartetto con l'entrata di Aaron Sperske, mentre Desert Skies assembla la bellezza di sei elementi e un sound che mostra in divenire le influenze della band.

Qualche scampolo di canzone finirà nel loro esordio del 2000, ma siamo ancora distanti dalla perfezione degli episodi migliori: qui i primi due singoli, la title track e Make It Together, pubblicati al tempo per la Bomp! di Greg Shaw, scartabellano tra chitarre acide e melode power pop, ricordando da vicino gli eroi di culto Teenage Fanclub, mentre Time e Sweet Julie Ann sembrano una lunga coda della nuova psichedelia che appartenne al Paisley Underground, con Rain Parade e True West come maestri di strada. Una versione più garage e colorita, se volete, di certo alternative country in voga all'epoca (non sono distanti i Jayhakws della seconda era o alcune uscite del supergruppo Golden Smog), ma senza dubbio imprecisa e variopinta come richiede la biografia californiana dei Beachwood Sparks. Interessante dunque, anche se non strettamente necessario, il ripescaggio effettuato dalla Alive!, per quanto i colori sixties di Watery Moolight e l'epica acida di Canyon Ride suonino troppo ingenue nell'insieme e nel finale l'album si sfilacci non poco, proponendo versioni alternative della stessa Desert Skies. Solo per i più ostinati curiosi e gli affezionati di genere.


    


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