Jim James
Regions Of Light And Sound Of God
[V2/ Coop music
2013]

www.jimjames.com


File Under: indie pop

di Fabio Cerbone (23/02/2013)

Qualcuno per favore aiuti Jim James a ritrovare la bussola: autore alla disperata ricerca di stimoli, da qualche tempo a questa parte il leader dei My Morning jacket sembra irrimediabilmente confuso sulla direzione da prendere. E i segnali non sono certo incoraggianti da oggi: al mezzo tonfo artistico di Evil Urges, ha fatto seguito una timida risalita con Circuital, seppure si trattasse di un album enigmatico, lontano dalle vette della band, ancora in transizione fra l'epica anima rock delle origini e le contaminazioni del presente. Anche l'incessante attività di collaborazioni ha messo in luce questa sorta di ansia di identità: la condivisione dei progetti Monsters of Folk (decisamente sotto le aspettative rispetto ai protagonisti coinvolti, tra i quali M ward e Conor Oberst) e New Multidues, omaggio a Woody Guthrie che ha lasciato per strada qualcosa di irrisolto.

Regions of Light and Sound of God
, vero e proprio esordio solista (in precedenza, sotto lo pseudonimo Yim Yames, aveva tributato il personale affetto per la musica di George Harrison), non risolve e semmai acuisce questa costante crisi di scrittura, provando a nascondersi dietro il paravento di un'ispirazione nobile. Si racconta infatti che i contenuti siano stati ispirati dalla graphic novel di Lynd Ward, figura storica dell'arte illustrativa americana, maestro della tecnica della xilografia incisa nel legno. È la sua opera God's Man del 1929 (ristampa Dover Publications, 2004), serie di tavole dai toni espressionisti, ad avere influenzato Jim James durante un periodo di convalescenza: la lotta per l'espiazione e la redenzione di un artista contro i suoi stessi demoni, la presa di coscienza del suo ruolo nel mondo, sono al centro del libro di Ward e si trasferiscono di pari passo in Regions of Light and Sound of God, sulla cui natura privata non vi è alcun dubbio. Per riflettere questa intensità James ha scelto quindi la completa autarchia, una produzione casalinga e il controllo di quasi tutta la produzione, strumenti compresi.

L'esito è un altalenante susseguirsi di ballate pop esangui e loop ritmici, dove la voce e i tipici falsetti del protagonista affogano in un mare di riverberi e malinconia. Ci sono spunti e idee abbozzate: l'innocenza quasi fanciullesca di State of the Art (A.E.I.O.U.), guidata da un piano jazzy che ricalca le orme dei Traffic di Low Spark of High Heeled Boys, le pulsioni funky moderniste di Know Til Now, una Dear One che ricorda i più recenti esperimenti (ma senza gli stessi risultati) di Iron&Wine, fino alle aperture melodiche di A New Life e al suo liberatorio finale, finanche teatrale nell'intrecciare una melodia pop dai ricami sixties. Sin qui i guizzi più spiazzanti di un disco che si scioglie poi inesorabilmente in una serie di indulgenti esperimenti: impalpabili Exploding e Gods Love to Deliver, semplicemente irritante All Is Forgiven con la sua melodia arabeggiante, rattoppate nei loro scomposti ritmi Of the Mother Again e Actress, in una costante caduta di gusto e di senso.


    


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