"Songs
are like Japanese painting. Less is more". Ha ragioni da vendere Guy Clark
in questa dichiarazione: è la sentenza perfetta della sua arte, del suo stare
al mondo dentro la canzone americana, scavando da artigiano di parole vignette
e caratteri che hanno profondamente influenzato più generazioni di songwriter.
Texano dalla pelle dura e dallo sguardo profondo, Clark tocca le settanta primavere
e si concede, o meglio gli concedono con generosità, un tributo che non suona
come un tronfio omaggio per pensionati del folk, né tanto meno come un triste
addio ad un eroe in ritirata. È una delle essenziali caratteristiche che rendono
il doppio abbondante racoclto di This One's For Him: A Tribute to Guy Clark
qualcosa di speciale nella nicchia sempre un po' abusata e spesso ridondante
degli album "alla memoria di". Non solo o non tanto banalmente per un cast stellare
in fatto di Americana e tradizione, quanto piuttosto per la capacità e la lungimiranza
di rendere il disco in esame un'occasione di incontro, un'opera omogenea dove
traspare prima di tutto la forza delle singole canzoni. Queste ultime sono immutabili,
splendide, al di là del loro autore e sopra ciasun interprete, come a ribadire
la tenacia e il duro lavorio che Clark ha messo dentro questi versi, sempre secondo
la visione di cui sopra: togliere, asciugare, fare poesia delle cose e dei volti
mettendola al servizio di una chitarra acustica, nel solco della memoria country&western,
folk e blues imparata sui palchi più infimi del Texas o nelle hall più acclamate
di Nashville.
L'idea della produttrice Tamara Saviano esce vittoriosa
e chiarissima, dopo che già qualche anno indietro si era distinta per l'allestimento
di Beautiful Dreamer: The Songs
of Stephen Foster (vera e propria icona americana, l'autore di
Oh Susanna tra le tante). È lei, insieme al distributore indipendente Icehouse
music a soprintendere questo rigoglioso progetto, coinvolgendo una band fissa
(o quasi) di studio sparpagliata fra Austin e Nashville, le due case adottive
di Clark, calando sull'intero This One's For Him un senso di uniformità e cura
dei dettagli. Le trenta voci (anzi trentatrè considerando qualche duetto) si alternano
così mantendendo un mood fisso che dallo stile di intepretazione di ognuno non
si discosta però dall'anima musicale di partenza: Shawn Camp e Verlon Thompson
agli strumenti a corda, la pianista ex Jayhawks Jen Gunderman fermano il momento,
i contrappunti dei vari Lloyd Maines, Glenn Fukunaga, Mike Bub, Glenn Worf, Kenny
Malone e Larry Atamanuik arrotondano il sound con sezioni ritmica e ornamenti
di sorta, ma sempre con una fedeltà rispettosa dell'originale. Non si tratta di
rifare il verso alla sterminata, generosa produzione di Guy Clark, quanto di capirne
e onorarne il senso ultimo: al servizio della canzone.
Anche perché This
One's For Him è sparso in lungo e in largo di discepoli, di veri e propri
allievi, che da lui hanno carpito segreti o più semplicemente hanno ricevuto la
spinta per lanciarsi nel mondo del songwriting che conta. Come non accorgersi
infatti che le presenze di Rodney Crowell (una commovente, asciutta That
Old Time Feeling in apertura), Lyle Lovett (sempre romantico
in Anyhow I Love You) o Steve Earle
(assolutamente austero in The Last Gunfighter Ballad),
"nuovi tradizionalisti" per eccellenza nella Nashville di fine anni Settanta,
parlano da soli dell'importanza di Clark come mentore e maestro. Fu lui infatti,
con la complicità del fratello più tormentato Townes Van Zandt, a svezzarli, guidandoli
in un mondo di serpi, fra le trappole del music business. Era sua la casa, con
la moglie Susanna, che accolse come un rifugio quei giovani ribelli del country,
poeti maudit sulle tracce di una possibile rivoluzione del genere, se non altro
per riportarlo all'essenza delle sua radice popolare. Un po' lo stesso percorso
"fuorilegge" che intrapresero negli stessi anni Kris Kristofferson e Willie Nelson,
anime gemelle pur nei loro rispettivi caratteri, assi diversi da un Guy Clark
cresciuto nella brusca terra del West Texas, fra influssi spanish e l'aria calda
del Golfo. Entrambi naturalmente non mancano all'appello per il vecchio amico:
Kristofferson non rinuncia al taglio letterario di Hemingway's
Whiskey nella dimensione più arida e folkie che gli è consona in questi
anni, mentre Nelson riesce non rendersi ridondante nella riproposizione dell'immensa,
notissima e saccheggiata Desperadoes Waiting For A Train.
Sono loro a formare, insieme ad un altro paio di irrinunciabili presenze,
quelle di Jerry Jeff Walker in chiusura con My Favorite Picture of You
e del toccante Terry Allen di Old Friends,
quel corpo di amicizie artistiche e anime gemelle che rendono questo tributo inoppugnabile.
Ma il peso di Guy Clark, la sua lunga ombra, si distende sull'intero This One's
For Him proprio grazie all'alternanza con giovani e meno giovani artisti in qualche
modo debitori della sua lezione: ecco dunque LA Freeway
nelle mani esprerte di Radney Foster, una rustica Worry
B Gone per Hayes Carll (non avrebbe stonato anche il buon Ryan
Bingham da queste parti…e in effetti è l'assenza più clamorosa), una sempre commovente
Homeless per il bravo Shawn Camp e l'impeccabile
Patty Griffin di The Cape. C'è anche John
Townes Van Zandt II, una specie di "figlio adottivo" va da sé, che tuttavia appare
fra i più sbiaditi alle prese con Let Him Roll.
Inevitabile peraltro che qualche giro a vuoto si affacci in una scaletta
così generosa, ma sono pecche superabili proprio per la presenza di una backing
band familiare e unita: giusto la Rosanne Cash di Better
Days, le incolori The Trishas in She Ain't Goin' Nowhere e una
ruspante Rosie Flores in chiave country blues con Baby Took A Limo To Memphis
appaiono un poco sottotono. Nulla di cui vergognarsi, se poi a bilanciare arrivano
uno strepitoso Ramblin' Jack Elliott nel quadretto border country intitolato
The Guitar, o ancora l'elegante Joe Ely di Dublin
Blues e lo spassoso Ray Wylie Hubbard che in Homegrown Tomatoes
omaggia il Guy Clark più ironico, seppure su tutti (anche quelli dimenticati per
motivi di spazio...ma non tutto va mostrato a carte scoperte, capirete) svetti
il sorprendente Ron Sexsmith di Broken Hearted
People, a suo agio nell’unire grazia pop e modi bruschi del folk. Miglior
modo per festeggiare un compleannoa rtistico non poteva esserci.
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La scaletta
1. That Old Time Feeling - Rodney Crowell
2. Anyhow, I Love You - Lyle Lovett
3. All He Wants Is You - Shawn Colvin
4. Homeless - Shawn Camp
5. Broken Hearted People - Ron Sexsmith
6. Better Days - Rosanne Cash
7. Desperadoes Waiting For A Train - Willie Nelson
8. Baby Took A Limo To Memphis - Rosie Flores
9. Magdalene - Kevin Welch
10. Instant Coffee Blues - Suzy Bogguss
11. Homegrown Tomatoes - Ray Wylie Hubbard
12. Let Him Roll - John Townes Van Zandt
13. The Guitar - Ramblin' Jack Elliott
14. Cold Dog Soup - James McMurtry
15. Worry B Gone - Hayes Carll
16. Dublin Blues - Joe Ely
17. Magnolia Wind - Emmylou Harris, John Prine
18. The Last Gunfighter Ballad - Steve Earle
19. All Through Throwing Good Love Out For Bad - Verlon Thompson
20. The Dark - Terri Hendrix
21. L.A. Freeway - Radney Foster
22. The Cape - Patty Griffin
23. Hemmingway's Whiskey - Kris Kristofferson
24. Texas Cookin' - Gary Nicholson, Darrell Scott, Tim O'Brien
25. Stuff That Works - Jack Ingram
26. Randall Knife - Vince Gill
27. Texas 1947 - Robert Earl Keen
28. Old Friends - Terry Allen 5:16
29. She Ain't Goin' Nowhere - The Trishas
30. My Favorite Picture Of You - Jerry Jeff Walker