Leeroy Stagger & The Wildflowers
Live At The Red River Saloon
[Blue Rose  2011]



La cosiddetta "blue collar music" dovrebbe, nella definizione e nelle originarie intenzioni, essere quel tipo di rock che la classe operaia americana di metà anni '70 amava suonare nei pub per scaricare le fatiche e le tensioni di una massacrante giornata di lavoro. Oggi il genere è considerato vetusto e sorpassato dalla grande intellighenzia rock (anche negli Stati Uniti, dove ormai da anni ha perso vendite e consensi), eppure resiste un movimento di rockers che continuano indomiti a suonare un rock che trova linfa ed energia non più tanto nella rabbia che fu un tempo, quanto nella semplice gioia di vivere. Tra i pochi personaggi di rilievo nati negli anni 2000 e adepti del genere, Leeroy Stagger sembra essere uno dei più credibili, più che altro perché nei suoi dischi in studio ha sempre cercato di non cadere troppo nei clichè del genere, e anzi, i suoi primi lavori viravano decisamente verso il country-folk alla Ryan Adams, mentre Everything Is Real del 2009 subiva l'influenza più "poppish" degli amici Tim Easton e Evan Phillips, con cui nel 2008 ha anche dato vita ad un poco memorabile supergruppo.

Live At The Red River Saloon
è invece un doppio cd live che vuole riportare tutto a casa e mostrare il sound pochi fronzoli e molto sudore che i suoi Wildflowers sanno creare dal vivo. Il clima è quello tipico da bar-band: si sale sul palco di un piccolo locale sperduto in Germania (siamo a Heilbronn, non lontano da Abstatt, sede della benemerita etichetta Blue Rose, che guarda caso pubblica il tutto), non ci si cura del fatto che anche dagli sparuti applausi tra un brano e l'altro si evince che il pubblico non abbia sorpassato le 50 unità, e si presentano una lunga serie di rock-songs che parlano di epica del quotidiano (Where I Live, Hell Of A Life), amori sinceri (Brothers, Carol) e, manco a dirlo, di venerdì sera passati a dimenticare la propria drammatica working-week (Another Friday Night). Non dobbiamo essere noi a spiegarvi pregi e difetti di un prodotto del genere, il fine di tutto è documentare l'esistenza di una band e del suo songbook, la storia probabilmente si fa altrove, ma se dovessero mai capitare in Italia, Live At The Red River Saloon potrebbe davvero essere il "the best" ideale della band per convincervi ad affrontare qualche chilometro per un po' di birra e qualche buona canzone da rimettere nello stereo come Snowing In Nashville o Just In Case.

Se avete bisogno di un riferimento, prendete pure a modello il recente live dei Cheap Wine, anche se qui la chitarra di Kevin Kane non ruba la scena come quella di Michele Diamantini, ma come in quel caso anche qui c'è l'immancabile cover di Springsteen (Atlantic City, dignitosa, anche se ne esistono troppe versioni ben migliori ormai), oltre ad una simpatica rilettura di un Tom Petty minore (Swingin'). Forse anche noi non abbiamo più la forza di farci bastare questo per gridare al miracolo, ma nella sua sincera "aura mediocritas" (che non vuol dire mediocrità, quanto "moderazione" o giusto mezzo), questo rock continua ad essere importante e ne continueremo a parlare, con il grosso sospetto che resteremo gli ultimi e gli unici a farlo.
(Nicola Gervasini)


www.leeroystagger.com
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