| | | | | Jim
Lauderdale
Black Roses
[Sky
Crunch Records
2013] www.jimlauderdale.com
File Under:
southern Americana di
Davide Albini (10/01/2014)
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Jim Lauderdale è il musicista più indaffarato di Nashville, negli ultimi
dodici mesi non è stato fermo un secondo. Sentite qui: risale allo scorso dicembre
la pubblicazione del divertente ed estemporaneo progetto a quattro mani con l'amico
Buddy Miller, intitolato Buddy
& Jim (New West), molto apprezzato dalla comunità Americana e che ha
portato entrambi i musicisti ad un tour condiviso e alla conduzione di uno show
radiofonico sul network Sirius XM. Quel disco fu tra l'altro anticipato di pochissimi
mesi dall'acustico Carolina Moonrise, una delle migliori collaborazioni a carattere
bluegrass avviate con il paroliere Robert Hunter (quello dei Grateful Dead, per
intenderci). Ma non è certo finita qui: nel corso del 2013, infatti, sono state
addirittura tre le pubblicazioni a suo nome, in un crescendo di stili e repertori
che non hanno mancato di confondere l'ascoltatore (e noi che dobbiamo metterci
ad inseguirle!).
È davvero invidiabile questa ispirazione di Lauderdale,
tanto più, va detto, che la qualità media di quello che offre non scende mai sotto
il livello di guardia, anzi, spesso si caratterizza per l'assoluta maestria nel
dominare i linguaggi della roots music. Ovviamente il prezzo da pagare mi pare
sia quello di sprecare troppe cartucce, quando una più oculata gestione del materiale
potrebbe fare la fortuna di un'intera carriera per molti colleghi. Ma Lauderdale
è uno che ha saputo costruirsi il suo spazio: come autore è assai rispettato quando
non saccheggiato dalla scena di Nashville, è addirittura portavoce dell'Americana
Music Association e quindi nell'ambiente conta parecchio, con una posizione di
prestigio. Black Rose però - che insieme agli acustici e rurali
Blue Moon Junction (ancora realizzato con il supporto di Hunter) e Old Time Angels
è una delle tre fatiche discografiche di cui sopra - scompagina davvero le carte
e si candida come uno degli album più singolari della sua carriera e senza dubbio
come il più interessante di questa nidiata.
Il motivo è presto detto:
registrato in Mississippi presso gli Zebra Ranch con la produzione di Luther
Dickinson (North Mississippi Allstars) e la presenza di tutto il giro del
cosiddetto "hill country blues" (sono della partita Cody Dickinson,
le leggende della Fame records, Spooner Oldham e David Hood, le voci di Amy Lavere,
Shannon McNally e Susan Marshall, l'intera sezione fiati dei Lucero…), Black Rose
è una raccolta più elettrica, dove la calda voce di Lauderdale gronda southern
feeling e vecchi crocicchi, mettendo insieme blues delle colline (When
Jones Came Home, Madame Mary), soul da struscio (un piccolo
gioiello chiamato Taking the Rap), robusto
r&b (la coinvolgente By the Horns), aromi
asprigni di rock'n'roll e hillbilly (By the yard, Chase
Me) offrendo un colore inedito alle composizioni di Lauderdale con
Hunter. La slide guitar grassa che guida Throw My Bucket Down e il groove
degno di un vecchio juke joint in No Later Than Soon
ci indicano subito la nuova, inedita direzione. È un pastoso disco
di musica sudista americana questo Black Rose, con il sapore delle cose fatte
in casa: per forza di cose ricorda certe incisioni degli stessi NMAS o meglio
ancora di papà Jim Dickinson, quando si dirige verso i fiati e il soul di Ride
On e Clocks (a suo modo un piccolo
classico, starebbe a pennello in una raccolta della Stax) o finisce nei saloon
con They Have a Saying. Una sorpresa dalla
coda dell'anno appena trascorso.
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