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Robert Finley
Black Bayou
[Easy Eye Sound 2023]

Sulla rete: robertfinleyofficial.com

File Under: down in Louisiana


di Pie Cantoni (01/11/2023)

Il buon Dan Auerbach non sbaglia un colpo come produttore e talent scout, diversamente da quanto gli succede, da un po’ di tempo a questa parte, come autore. Robert Finley è sicuramente una delle sue scoperte migliori. Il settantenne musicista cieco originario della Louisiana è un raro campione di blues della vecchia scuola, ancora in attività e in perfetta forma. Nato a Winnsboro, ha vissuto quasi per tutta la vita a Bernice, una città con una manciata di abitanti a un tiro di schioppo dal confine con l’Arkansas, dove per anni ha lavorato come falegname mentre suonava il blues nei juke joints e cantava gospel nelle chiese della zona. A causa di una malattia che lo colpì ormai sulla sessantina e che lo rese cieco, non potendo più lavorare, decise di dedicare la sua vita al blues. A nostro vantaggio.

Con la sua musica viscerale e profondamente autentica, unitamente alla sapiente produzione di Dan Auerbach, Finley realizza un disco nato già classico: Black Bayou è blues nel genere e nelle storie che narra. Per esempio quella descritta in Alligator Bait, dove il vecchio bluesman racconta che suo nonno sparò all’alligatore che aveva cercato di morderlo, ma solo per capire poi che il caro congiunto l’aveva usato come esca umana per catturare, come cena, il terribile animale che regna nel bayou (storia vera? Finta? Chi lo può dire, ma il tutto è decisamente tragicomico e dannatamente blues). Non quella che si dice una storia di amore nei confronti della propria stirpe, ma che rende bene l’idea della difficile vita di un tempo (e della profonda povertà e ignoranza, anche se speriamo che non fosse così comune usare i propri nipoti per la caccia agli alligatori negli anni Cinquanta).

Secondo Finley una canzone deve raccontare una storia, non dev’essere solo divertente, ma anche un racconto in musica, il più vicino alla verità possibile. E il disco contiene numerosi personaggi, dettagli, sentimenti ed emozioni, tanto che brani come Sneakin’ Around (che non sfigurerebbe nel repertorio di Bobby Rush) e Gospel Blues ne sono due ulteriori esempi. Ma c’è spazio anche per la solitudine e l’abbandono, come in Nobody Wants To Be Lonely, che parla di persone anziane lasciate nelle case di cura. Certo non esattamente un tema tipico del blues, ma rilevante per Finley che spesso tiene piccoli concerti in quei luoghi. Si parla anche della vita in città in Waste Of Time, brano con incedere alla Albert King, e che dal titolo spiega bene qual è l’opinione del bluesman della Louisiana sulle metropoli. Si affronta il tema del viaggio in Livin’ Out A Suitcase, che nasce dai vari tour che hanno portato Finley a uscire dai confini nazionali per accompagnare su palchi prestigiosi varie rock band, primi fra tutti ovviamente i Black Keys.

Ci sono altri episodi degni di nota in questo disco, che non si fossilizza sul blues ma prende qua e là dallo swamp rock, dal gospel, dal funk. Ad accompagnare Finley ci sono Patrick Carney (inutile ricordare che è il fondatore dei Black Keys con Auerbach) e Jeffrey Clemens alla batteria, Eric Deaton al basso, Kenny Brown alla chitarra e ai cori Christy Johnson e LaQuindrelyn McMahon (figlia e nipote di Robert Finley), il tutto registrato nei soliti Easy Eye Studios di Nashville. Black Bayou è il quarto episodio della collaborazione tra il vecchio bluesman nero e la giovane rockstar bianca, che sa apprezzare il blues come pochi (da non dimenticare che forse l’unico episodio di rilievo nella discografia dei Black Keys da dieci anni a questa parte è statp Delta Kream). Collaborazione più che mai proficua e che vede come sempre il ruolo centrale di Auerbach nel plasmare il suono e le canzoni per renderle, almeno qui, più moderne senza scadere nella piaggeria da classifica.


    



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