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lost gem di
Marco Restelli (21/10/2013)
Sinceramente, quando all'inizio dell'anno ho avuto il piacere di ascoltare e recensire
American Kid
di Patty Griffin non pensavo che, entro la fine del 2013, la donzella avrebbe
sfornato un altro disco, per di più di ben 14 pezzi. La spiegazione di tale inattesa
abbondanza è alquanto semplice: Silver Bell non è in realtà un nuovo
album tout court, ma semplicemente un disco già registrato illo tempore, e tenuto
nel cassetto per diversi anni (precisamente dal 2000), dopo esser stato inizialmente
prodotto niente meno che da Daniel Lanois. I motivi per un ritardo così ampio,
sinceramente, mi interessano poco, ma quello che invece ritengo degno di nota
è che si tratti di materiale, almeno in parte, diverso rispetto allo stile classico
dell'artista del New England. Le canzoni, tra l'altro, sono state nuovamente revisionate
per l'occasione da un altro marpione storico della consolle quale Glyn Johns (Rolling
Stones, Eagles, Ryan Adams).
L'unico disco che, in qualche modo, potrebbe
orientare il lettore, fungendo da cartina di tornasole per un confronto col resto
della discografia della Griffin, è quel Flaming Red del 1998, di cui questo Silver
Bell avrebbe dovuto essere il successore. Quell'album conteneva, infatti, oltre
alle solite introspezioni folk, anche diversi interessanti episodi di vero e proprio
rock ed il medesimo binomio viene riproposto qui con una notevole qualità che,
almeno per il versante elettrico, stupisce piacevolmente. Il primo esempio in
tal senso è Little God, messa in apertura,
con la sua avvolgente atmosfera dark, bilanciata dalla dolcezza infinita che contraddistingue
la voce della cantante. Ce ne saranno altre come la title track (un high tempo
veramente trascinante), o quella dedicata a Boston, nelle quali l'approccio
da rockeuese navigata è ancora più deciso, se si pensa che in alcuni momenti si
contano sullo sfondo anche tre chitarre, belle tirate, all'unisono. Elettrizzanti.
Sorprendono ancora di più brani come Drive,
che sembra quasi un out-take di un cd dei Depeche Mode o Sorry
and Sad che tende piuttosto al piglio a là Out of Time dei REM, con
quelle harmony vocals (della stessa Griffin) in stile simil Michael Stipe.
Stiano
tranquilli, in ogni caso, coloro che adorano la calma placida delle ballate rarefatte
di Patty, in quanto Silver Bell ne risulta ben fornito e nessuna di esse tradisce
le attese. Ascoltare, fra le altre, la lunga attesa di una risposta alle proprie
preghiere rivolte a Maria in Mother of God
(solo piano e voce e poco più), il pop sublime e d'altri tempi di Sooner
or Later, oppure il mid-tempo da brividi di Truth
# 2 (con Emmylou Harris e già uscita come cover ante litteram su Home
delle Dixie Chicks) che riconcilia l'anima, facendola viaggiare su sinuose melodie
di rara bellezza. Insomma, se dovessimo descrivere Silver Bell con un'immagine,
l'unica effettivamente calzante sarebbe quella dello scrigno sepolto sotto terra.
Un tesoro, portato finalmente alla luce e pieno di gemme, tutte diverse l'una
dall'altra, ma legate da un unico evidente filo conduttore quale è il talento
e il tocco vellutato di un'artista tanto poco nota in Italia (non su RH per fortuna)
quanto giustamente apprezzata oltre oceano. Per chi la segue e la ama direi: una
pietra miliare da non perdere.