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Jason
Collett
Here's To being Here
[Arts
& Crafts/ Audioglobe
2008]
 
Le premesse erano già tutte presenti in Idols
of Exile e Motor
Motel Love Songs: Jason Collett ci è sempre parso un
autore da seguire con attenzione, anche se mai completamente sbocciato.
Nessun mistero infatti sulle sue qualità di pittore della parola e di
impressionista del pop rock, ballate al velluto e omaggi ai 70's racchiuse
in un suono caldo che in passato profumava di morbida Weast Coast, di
nobile pop "settantesco" e rock da strada. Si sono scomodati per lui paragoni
altisonanti, anche se muoversi sul terreno della classicità e al tempo
stesso provarla a rivestire di una sensibilità moderna non è operazione
da cui uscire indenni: la concorrenza è agguerrita e le prove offerte
con i suoi progetti paralleli, primo fra tutti l'ensemble della Broken
family Band, hanno forse distratto la maggioranza dalla carriera solista,
persino più interessante per chi aprezza il songwriting di qualità.
Peccato davvero perché questo ragazzo di Toronto ha talento e appetito
sufficienti per deliziare con un amarcord rock che potrebbe conquistare
gli affezionati sostenitori dei più recenti Wilco. Frutto di due sessioni
di registrazione con Howie Beck e Marty Kinack lo scorso
autunno, Here's to being Here ne ricalca in parte le atmosfere,
risultando "svogliatamente" armonioso eppure legato alle radici country
rock senza sbilanciarsi eccessivamente sul versante tradizionalista. È
un disco perfetto per un mattino di sole primaverile, all'inizio attendista
e sornione nella candenza trasognata di Roll
on Oblivion e in quella assai più sbarazzina di Sorry
Lori. Sono in fondo gli episodi meno intriganti e semplicemnte
più gigioni di una raccolta che strada facendo si fa seriosa e soprattutto
matura, seguendo un tracciato personale: la voce docile e pigra di Collett
prende confidenza con le chitarre di Afie Jurvanen e il piano di
Mike O'Brien, che spalleggiano il protagonista alla ricerca della sua
vera espressività.
Capita allora che il frizzante power pop di Out
of Time e Papercut Hearts
sia soltanto una tappa dischiusa alle tenerezze di Henry's
Song, splendida ballata piano e slide guitar che apre seriamente
il sipario su Here's to Being Here. Charlyn,
Angel of Kensington muovendosi al ritmo di un sinuoso reggea,
ricorda alcuni esperimenti dell''ultimo Iron&Wine, brano di rottura che
spalanca le porte al piatto forte: No Redemption
Song volteggia per le praterie del country rock più ingentilito,
Through the Night These Days ricama
un gioello pop rock che non dispiacerebbe proprio a Jeff Tweedy, Waiting
for the World possiede un'evidente impronta dylaniana,
Nothing to Lose trotterella leggiadra e Not
Over You ne porta avanti il testimone, facendo persino il verso
al Tom Petty più orientato alla California dei seventies.
Di questo passo Jason Collett si ritaglia il suo posto al sole: Here's
to Being Here è il disco che il collega Josh Rouse vorrebbe a tutti i
costi realizzare da qualche anno ma che non gli è riuscito ancora di incidere.
(Fabio Cerbone)
www.arts-crafts.ca
www.myspace.com/jasoncollettofficial
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