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old school blues
di Paolo Baiotti (04/11/2020)
Wayne Nicholson,
considerato uno dei migliori cantanti di blues rock della costa atlantica
canadese (è originario della Nova Scotia), paragonato a Paul Rodgers,
Peter Green e David Clayton-Thomas, ha alle spalle una carriera ultra
quarantennale con otto album da solo o con altre band (Horse, Oakley,
East Enders) e svariati tour con artisti come Gregg Allman, James Cotton
e Jeff Healey. Partendo dal jazz degli anni Venti e dal blues rurale,
ha inglobato l’influenza del rock and roll dei fifties e dei cantautori
del decennio successivo. John Campbelljohn, chitarrista nato nel
‘55 a Sydney in Nova Scotia, ha imparato a suonare la slide imitando Duane
Allman e innamorandosi del blues di Fred McDowell, Son House ed Earl Hooker;
nel corso della sua carriera è stato premiato più volte sia localmente
che con Maple Blues Awards. Ha inciso 14 dischi, da How Does It Feel
del ’93 a Guitar Lovin’ Man di quest’anno, pubblicando anche
in Europa per la Taxim e poi per la Zyx, mischiando blues, reggae, influenze
celtiche e country in una roots music sempre caratterizzata dal suono
personale della sua slide.
Amici di lunga data, hanno deciso di registrare un tributo al grande Elmore
James, considerato The King Of Slide Guitar, chitarrista del Mississippi
famoso per le registrazioni degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta
(è morto per infarto nel ’63). Un’idea già realizzata in passato sia da
singoli musicisti (per esempio John Primer con Blue Steel) che
da gruppi di artisti (Strange
Angels del 2018 o Masters Of Blues del 1998) che viene ripresa
da Wayne e John con passione ed attenzione, recuperando dal repertorio
di Elmore non solo le tracce più note e inserendo un paio di brani autografi
che non aggiungono molto, la scanzonata Dancin’ With The Blues
e il morbido lento If I Was Blue, simile al classico It Hurts
Me Too, ma speziato di sapori caraibici.
Elmore’s Blues è un disco che scorre liscio, tranquillo,
troppo pulito, privo di spigoli e di esecuzioni che si facciano notare
particolarmente. Si ha l’impressione che gli autori si limitino a proporre
versioni rispettose degli originali, con poche eccezioni… Direi la swingata
I May Be Wrong che apre il disco,
I Believe arrangiata con una rilassata
ritmica reggae e No Love In My Heart in cui una ritmica spezzata
sostituisce i fiati dell’originale. Una sporca Rollin’ and Tumblin’,
il raffinato slow Sinful Woman con l’elettrica al posto della slide
e l’altro slow Sunnyland in cui si intrecciano slide ed elettrica
svolgono egregiamente il loro compito, ma complessivamente sembra mancare
qualcosa per esprimere un giudizio convintamente positivo, pur rimarcando
l’ottima prestazione vocale di Nicholson, le indubbie capacità strumentali
di Campbelljohn e il prezioso contributo del piano barrelhouse di Barry
Cooke.