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inserito
14/05/2006
|
![]() John
Mayall & The Bluesbreakers La voce è riconoscibile lungo
i corridoi del "Palazzo del Re", ed è invecchiata di poco. E alla corte
di uno dei tre King dagli annali del blues (erano B.B., Albert e Freddie)
ci troviamo il veterano John Mayall, a sua volta sovrano indiscusso
del blues della sua pallida gente. Il "quarto re", se vogliamo continuare
il gioco metaforico che vide nei tre di cui sopra gli alfieri incontrastati
della musica afroamericana, e il Leone di Manchester quale punto di svolta
musicale alle radici del british-blues boom. E mentre gli "scolaretti"
che passarono dall' "istituzione" Bluesbreakers si cimentano a tutt'oggi
cogli omaggi a Robert Johnson, icona blues più amata dal rock (così Peter
Green o Eric Clapton), mastro John è un'altra volta sulle barricate a
tributare il percorso singolare di Freddie, King of the Kings.
Ce lo dice esplicitamente in questa canzone, ciò che per lui ha rappresentato
il corpulento bluesman texano, che probabilmente amava già ai tempi del
"Beano" album, meglio noto come Bluesbreakers with Eric Clapton, 1966,
e della magnifica Hideaway. Non c'è, in questo disco, la strumentale che
insieme a altri brani ha gettato i semi dell'allor riscoperta giovanile
a ritroso della musica del diavolo. Ma il longevo Bluesbreaker sfodera
una manciata di tracce, note o meno del "Re", e sue originali. E anche
se il work in progress dei Bluesbreakers è fermo alla line-up degli
ultimi tempi, dallo scorso Road
Dogs e qualcosa prima, il sodalizio Mayall-Whittington si riveste
di un'esperienza ormai rodata, e di un fluente Chicago-style. Tale che
nel successo di King qui riproposto, Big Legged Woman, il band-leader
cede il posto al suo chitarrista e prende respiro, lasciandoci scoprire
qual corposa vocalità abbia pure il suo musicista, col resto della ciurma.
Ci sono Joe Yuele alla batteria e Hank Van Sickle al basso,
con Tom Canning all'organo che rifanno il pezzo che nel '70 rivitalizzò
la carriera di Freddie King, insieme agli altri, portati al successo dall'incontro
di quest'ultimo con Leon Russell (già al fianco di Joe Cocker). Sue sono
infatti anche I'd Rather Be Blind, dove l'armonica di Mayall interviene
a segnare il passo di un pezzo da viaggio, o l'intenso slow di Help
Me Through the Day inciso dalla chitarra solista bordata dagli ottoni,
di Lon Price e Lee Thornburg. Qualcosa che lascia il segno, regalandoci
un condimento jazz blues fusion non nuovo fin dal Mayall d'annata. Ma
c'è persino Going Down per i blues-rockers di vecchia data, che
l'han rifatta tutti Jeff Beck compreso, o la title-track, Palace of
The King, a ripristinare il fatto per cui conosciamo i Bluesbreakers
anche come rock-band. Fuori dal coro l'autografa Time To Go, presumibilmente
dedicata da John al padre (in memory of Beryl Mayall, 1906-2006) e che
non smorza l'ardore di un album, ancora una volta appassionato omaggio
a una musica e a chi l'ha fatta nascere. |