The Queen of Oklahoma is back. Potrebbe sembrare
uno slogan esagerato per richiamare l’attenzione su Gold,
il nuovo album di Carter Sampson, ma posso affermare con cognizione
di causa che il simpatico titolo che da anni accompagna la sua carriera
(riprendendo il titolo di un suo vecchio brano) le calza a pennello. Nel
2016 ebbi il privilegio di intervistarla
per Roots Highway e ricordo bene l’entusiasmo del pubblico olandese (e
del sottoscritto) al suo concerto nella splendida venue del Paradiso di
Amsterdam. La donzella da tempo vive la sua vita on the road, in giro
per l’America con un mega camper che è ormai diventata la sua casa, guadagnandosi
da vivere con questo splendido mestiere di cantastorie itinerante.
Il suo personale songwriting è essenzialmente autobiografico e il suo
stile Americana è fortemente legato alla tradizione country-folk, pur
mantenendosi moderno. Condite con melodie a presa rapida e una voce cristallina,
le sue canzoni si ascoltano e si riascoltano sempre con piacere, anche
a distanza di tempo. Questo nuovo lavoro, prodotto insieme al suo collaboratore
di lunga data Kyle Reid (che oltretutto suona la maggior parte degli strumenti)
non fa eccezione rispetto a Wilder
Side (2016) e Lucky
(2018) che l’avevano preceduto, confermando tutto il talento di Carter.
Entrando nel merito dei nuovi brani che compongono la track list di Gold,
l’apertura è giustamente lasciata proprio alla title track, in cui la
Sampson si abbandona a una sorta di confessione a ruota libera nei riguardi
della mamma, alla quale racconta quanto sia stato duro emergere nella
vita che ha scelto di vivere, tirando dritto per la sua strada senza ripianti,
ma certamente non senza momenti di sconforto. Home è un brano d’atmosfera,
con una slide guitar sullo sfondo a dilatarne il soundscape, e nel cui
testo sembra tornare il gusto dolce amaro della vita d’artista (“I gave
up a lot to live like this. Don’t wanna know how much I’ve missed for
90 minutes a hot spot light).
Il tema dell’amore caratterizza invece la ballata Drunk Test, nella
quale emerge una frase che rende simpaticamente l’idea della totale fiducia
nel suo partner (“Here we are, I even let you play my guitar, I’ve never
loved anybody so hard”). Black Blizzard è verosimilmente il pezzo
più energico ed elettrico del disco, ma anche quello in cui la produzione
ha osato di più con l’inserimento di alcuni suoni elettronici ben dosati
(un’assoluta novità) che a mio avviso lo hanno reso ancora più interessante.
Can’t Stop Me Now ha tutte le armi radiofoniche per andare on heavy
rotation nelle stazioni americane di musica Country, mentre la conclusiva
There’s Always Next Year (chitarra, piano e voce) piacerà a tutti
coloro che amano la musica acustica unplugged e le canzoni scritte per
lasciare il segno.
Nel complesso Gold è un bellissimo album e non mi rimane che sperare
che Carter Sampson rimanga sempre se stessa e abbia sempre questa voglia
di raccontarci le sue storie, così piene di passione. L’ascolterò sempre
con attenzione e mal celato affetto.