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M Ward
Think of Spring
[Anti 2020]

Sulla rete: mwardmusic.com

File Under: lady in folk


di Fabio Cerbone (22/01/2021)

Più che alla primavera questo Think of Spring fa pensare a un autunno malinconico e dolciastro, oppure a un inverno nevoso e nostalgico, diversivo per sole voce e chitarra che M Ward si è inventato durante i mesi di isolamento, gli stessi che hanno colpito tanti musicisti, privati del loro mestiere di suonare dal vivo. Ne abbiamo viste già molte di iniziative simili, di album costruiti su rivisitazioni e cover sparse, per ingannare la clausura, ma l’idea del chitarrista di Portland sembra davvero originale sulla carta, per quanto distante appare la materia di partenza. Galeotta fu la voce di Billie Holiday, ascoltata per la prima volta, svela Matt Ward, una ventina di anni fa in diffusione dalle casse di un grande centro commerciale.

Amore a prima vista - come altrimenti? - sebbene si trattasse della Holiday del crepuscolo, ferita nella voce e nell’anima, quella di Lady in Satin, uno degli ultimi lavori incisi in carriera dalla diva jazz. Ed è proprio l’intera scaletta di quell’album, cambiata nella sequenza originale, che M Ward affronta senza indugi in Think of Spring, titolo che attinge direttamente alla poesia di Jane Brown-Thompson, poi divenuta il canovaccio per la stesura da parte del grande autore Hoagy Carmichael di I Get Along Without You Very Well, il brano che apre questa raccolta. Undici bozzetti acustici, come anticipato, incisi per buona parte su un registratore Tascam a quattro tracce, dove sperimentare in libertà con le accordature (M Ward si bea soddisfatto di avere “piegato” la struttura armonica di For Heaven’s Sake alla sua accordatura in Si aperto) e non preoccuparsi troppo dei confronti, peraltro insostenibili.

Se vi fosse mai capitato di ascoltare Lady in Satin, estraniatevi non solo dalla voce della Holiday, ma anche dagli arrangiamenti dell’orchestra di Ray Ellis, affondate invece la testa nel cuscino e fatevi cullare dai sussurri tipici della voce di M Ward, dalla sua “bassa fedeltà” acustica e dal scintillio dello strumento. I quali qui indugiano più del solito, errando fino alla chiusura drammatica di You Don’t Know What Love Is, forse chiedendo uno sforzo di astrazione troppo grande per non pensare alla presenza ingombrante della “signora che cantava il blues”. L’esercizio di stile alla chitarra non si discute e conserva quel tono in apparenza dimesso eppure irresistibile che ha fatto di Ward un maestro in queste stagioni (certi giochi e passaggi in You’ve Changed e Violets for Your Furs, il cullare della melodia di I’ll Be Around), ma a volte non sembra bastare a sorreggere l’intensità di capolavori quali I’m a Fool to Want You, se non rendendoli delle piacevoli variazioni a soggetto.

L’ultimo vero album di M Ward, Migration Stories, risale soltanto alla scorsa primavera, ma evidentemente non bastava a tenerlo a freno: lo capiamo, è il suo mestiere, anche se Think of Spring occupa più lo spazio di una insoddisfazione personale che non l’esigenza di un vero gesto artistico.


    


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